Raffaella Carrà, tutti i segreti del suo successo
Un po' icona, un po' diva della 'porta accanto'. Giancarlo Magalli e Fabio Canino raccontano il lato inedito della Carrà
Ci sono personaggi dal carisma tanto ingombrante, che pare di vederli in tivù anche quando la tivù è spenta. Raffaella Carrà è uno di quelli. Le coreografie ipnotiche, il caschetto biondo –sempre uguale, sempre quello – gli abiti grondanti spalline e chili di paillettes. Cinquant’anni di carriera, ma oltre all’immagine c’è di più. C’è il piglio stakanovista di chi ricerca la perfezione senza scadere nell’ossessione. C’è una capacità assoluta (e unica) di comunicare presentando, ballando e persino cantando strofe al limite dell’assurdo – vedi “scranda, scranda la mela”. E poi c’è la passione per un lavoro a cui ha dato tutto e che le ha restituito molto, a cominciare dall’amore del pubblico – la gente - che ha conquistato in maniera trasversale. “Rassicura le famiglie e le turba. Recita duetti con Topo Gigio e danza sexy da star male in "rumore". Non si presta a definizioni certe, ma espatria a ondate regolari in Spagna dove trionfa con "La Hora de Raffaella" e diventa buona amica dei reali” racconta Malcom Pagani in un pezzo da antologia – roba da incorniciare per quanto è scritto bene – su Il Fatto Quotidiano.
“Quello che si dice sempre di Raffaella è che è ‘una grande professionista’ e in fondo la sua arma vincente è proprio quella – dice a Panorama.it Giancarlo Magalli – Ci sono i grandi istrioni capaci di improvvisare, vedi Fiorello, e poi ci sono quelli che provano tutto, riprovano e non lasciano nulla al caso. Raffaella appartiene a questa categoria e in più, come dice Gianni Boncompagni, ha un’altra grandissima forza che è la fede: cioè crede veramente in quello che fa, fosse anche un programma bruttino, e il pubblico vedendo in lei questa convinzione la segue perché si fida. Questo carisma è una forza che hanno in pochi”. Veloce, moderna, eclettica eppure eternamente uguale, col suo caschetto Vergottini e la spalla solida (e sorniona) di Boncompagni, che la consiglia e qualche volta la spinge verso azzardi che poi non si rivelano tali. Come nel 1983, quando la Rai vuole lanciare il mezzogiorno della prima rete, fino a quel momento occupato dal monoscopio. Senza il rifiuto di Gianni Morandi forse non ci sarebbe mai stato Pronto Raffaella?, da zero a quattordici milioni di spettatori in una settimana. “La Rai ci proponeva nomi non convincenti, poi venne fuori l’ipotesi Morandi che però alla fine rifiutò. Cercavamo un personaggio popolare, capace di fare interviste, di dialogare con gli ospiti e poi di condurre i giochi – ricorda Magalli, che della trasmissione fu autore – Poi Boncompagni pensò a Raffaella ed io, confesso, inizialmente non ero convinto, e invece mi sbagliavo: il programma fu un successo straordinario e per Raffaella fu il rilancio definitivo”. Fu proprio di Giancarlo Magalli l’idea del celebre gioco dei fagioli, piccolo tassello di storia della televisione italiana. “Lo vidi in America, in un general store. C’era un vaso pieno di fagioli e i clienti potevano provare a indovinare quanti ce ne fossero, lasciando un bigliettino: una volta al mese si procedeva al controllo e chi andava più vicino alla cifra vinceva una spesa. Lo riproponemmo e in poche settimane divenne un cult”.
Icona di stile, spesso eccentrico e tutt’altro che misurato: ci si ricorda di lei per l’ombelico esibito per la prima volta in tivù (1971), per le incredibili creazioni-armatura di Luca Sabatelli negli anni ’80, per gli abiti da sera bianchi, rossi o neri (ma sempre ultra paiettati) indossati nelle svariate edizioni di Carramba. Pezzi di costume di una televisione che non c’è più. Ma nell’immaginario, hanno fatto centro anche i guantini festish indossati a The Voice, altra idea di Sabatelli. “L’ho incontrata ad una cena poco prima che iniziasse il programma e aveva qualche dubbio sull’opportunità di lanciarsi in questa nuova sfida che invece è andata benissimo – racconta ancora Magalli – Meglio diffidare di chi ha solo certezze: avere dei dubbi è sempre una cosa positiva”.
Cinquant’anni da personaggio, almeno trenta da idolo gay. Che in queste ore hanno invaso Twitter e Facebook di messaggi d’auguri, canzoni, foto e memorabilia. Roba da far diventare lividi d’invidia colleghi (e aspiranti tali). “Forse piaccio alle donne perché mi vedono naturale, con i miei segni del tempo; e ai gay perché amano la mia fantasia e il mio modo di essere... Ma forse lo credo solo io” racconta la Carrà. “E’ impossibile stabilire come si diventa un’icona gay: forse semplicemente si nasce – dice ironico Fabio Canino, il conduttore televisivo e radiofonico che alla mitologica Carrà ha dedicato un libro, il RaffaBookedito da Sperling & Kupfer nel 2006 – Di solito lo diventano donne carismatiche, dai look sopra le righe e dalle vite sentimentali contorte. Nel caso di Raffaella, credo piaccia perché ha una personalità unica e da decenni ha una capacità di trasmettere entusiasmo e allegria che è rara”. La stessa allegria che si respira sfogliando il RaffaBook, piccolo concentrato di gaya adorazione e quintessenza del kitsch. “Volevamo fare qualcosa d’ironico e non una cosa dove si grida al miracolo – racconta Canino, impegnato su Rai Due con il programma comico Aggratis, il martedì alle 22 e 50 - Con Roberto Mancinelli c’eravamo chiesti: la coinvolgiamo o non le diciamo nulla? Optammo per la seconda pensando: o ci chiama lei o l’avvocato. Chiamò lei entusiasta dicendomi di aver comprato quaranta copie del libro per regalarle agli amici”.
Per sfuggire alla liturgia del compleanno, si racconta che Raffaella Carrà abbia progettato astuta un viaggio nelle Filippine col sodale Sergio Japino. Una vacanza che sa di fuga, quasi un contrappasso per lei che Tanti auguri (a chi tanti amanti ha…) l’ha cantato mille volte. Buon compleanno Raffa, con l’augurio di restare uguale a se stessa ma sempre diversa.
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