Tiberio Timperi: "Pronto per la prima serata. Il mio sogno? Tornare in radio"
"La mia battaglia per modificare la legge per l’affidamento dei figli? Rifarei tutto, anche se la mia carriera ne ha risentito"
Tiberio Timperi è forse uno dei volti più istituzionali di Rai Uno. Profilo basso e discreta riluttanza alle polemiche, al netto della faccia rassicurante da eterno ragazzo ha maturato una carriera lunga trent’anni, dagli esordi nelle radio private alla conduzione del Tg4 fino al successo conclamato di UnoMattina In Famiglia. Un “soldatino” del piccolo schermo, che ha saputo cogliere tutte le occasioni che il destino professionale gli ha offerto ma cui forse ancora nessuno ha offerto “la grande occasione” che meriterebbe. “La prima serata fa gola a tutti, è inutile fare gli ipocriti”, spiega lui a Panorama.it raccontando i progetti televisivi della prossima stagione e l’inatteso ritorno in radio, proprio in questi giorni grazie Radio San Marino. Quasi una prova tecnica di trasmissione, una piccola sfida che il conduttore ha accettato con entusiasmo.
Tiberio, da settembre ti rivedremo al timone di UnoMattina in Famiglia, sempre il sabato e la domenica su Rai 1. Avete previsto qualche novità?
Affronteremo o esploreremo qualche nuovo territorio, ma per ora le bocche restano cucite sennò ci scappa la solita spiata: come alle elementari, meglio mettere la mano davanti al compito per evitare qualche scopiazzatura, cosa già successa, tra l’altro. Scherzi a parte, le medie di share sono molto alte – tra il 24,5 e il 25% con punte del 30% - dunque gli aggiustamenti saranno minimi.
Con il regista del programma, Michele Guardì, i rapporti come sono? Leggenda vuole che entrambi abbiate due caratteri piuttosto forti.
Di solito chi si somiglia si piglia. Seppure con anni di differenza, impostazioni e gusti differenti, tra me e lui c’è sempre stata una sintonia di fondo, perché condividiamo una grande passione per il nostro lavoro. Nel programma interviene il minimo sindacale, negli anni ha lasciato il guinzaglio lungo a me al gruppo di autori, anche se supervisiona tutto.
In trent’anni e più di carriera, con chi hai lavorato meglio?
Ho lavorato bene con tutti, a dire il vero. Da Emilio Fede, a Jocelyn, fino a Guardì e alle mie partner televisive.
Però con Adriana Volpe in passato non sei stato molto tenero.
Ma eravamo giovani, sono passati tanti anni. Ho detto che aveva una concezione diversa del lavoro rispetto a me, tutto qui: è una brava ragazza ed è diventata una brava professionista.
Tu e Ingrid Muccitelli non farete invece il bis di Sabato In, sostituito dopo una sola stagione da un nuovo spazio condotto da Paola Perego. Cosa non ha funzionato in quell’esperimento?
A essere sinceri ci avevano chiesto di arrivare al 12% di share e noi quel dato l’abbiamo centrato, oltretutto con un contenitore “alto”. Non era così facile riaccendere il sabato pomeriggio di Rai 1, vista la forte concorrenza e grazie a Gian Vito Lomaglio siamo riusciti a fare un programma interessante a modo nostro, senza scommettere sul gossip. Forse si poteva fare show monotematico, forse avremmo dovuto puntare di più sul focus sulla lingua italiana affidato al prof. Francesco Sabatini. In ogni caso rispetto le decisioni del direttore Andrea Fabiano, con cui sono in ottima sintonia. Mi considero un soldato di Rai 1.
Un soldato cui chiedere proprio tutto?
Sì, mi piace sperimentare e lo faccio senza pregiudizi. L’unica cosa che non farei mai è il reality, se non come conduttore. Forse un’eccezione l’avrei fatta lo scorso anno per Montebianco, visto che amo la montagna: mi avevano contattato per partecipare, ma non se n’è fatto nulla.
Il traguardo di tutti i conduttori è la prima serata. A te non manca?
Sanremo lo sognano tutti, le prime serate le sognano tutti, è inutile fare gli ipocriti. Ma in generale non ne faccio una malattia: quello che m’interessa è continuare a lavorare in maniera onesta. Ho il privilegio di vivere il sogno che avevo da adolescente: volevo fare questo mestiere e ho centrato l’obiettivo.
A proposito di sogni, volevi fare la radio e ci sei riuscito. Da un po’ manchi alla conduzione ma dall’11 al 13 agosto sarai in onda su Radio San Marino dalle 10 alle 12. Sono prove tecniche per il tuo gran ritorno?
Onestamente la radio mi manca e visto che mi ospitano ci vado. Intanto faccio questa prova, ci annusiamo e vediamo come va a finire. Per la tv San Marino condurrò invece qualche puntata del telegiornale: ho accettato perché mi divertiva tornare un po’ alle origini.
Forse non tutti ricordano che hai lavorato a lungo al Tg4.
È il posto che è rimasto nel mio cuore. Sono stati degli anni meravigliosi ma oggi non so se tornerei a condurre il tiggì in pianta stabile, perché è un capitolo chiuso. Però, ripeto, mi piacerebbe tornare a fare radio e affiancarla alla tivù: il mio sogno è un programma tv sulle automobili e i motori, un tema che mi piace molto.
Il tuo amico Carlo Conti da qualche settimana è stato designato direttore artistico di Radio Rai e non sono mancate polemiche per alcuni programmi saltati. Hai qualche idea da proporgli?
Non entro nel merito delle polemiche perché non mi riguardano. Dico che finalmente c’è uno che capisce di radio: per me quella di Carlo è un’ottima nomina, perché è la persona giusta al momento giusto, sa dove mettere le mani. Quanto a me, bisogna vedere che cosa serve a Radio Rai: io ho molte idee e sono a disposizione dell’azienda.
Piccola curiosità: è vero che avresti dovuto condurre Verdetto Finale, dopo il congedo di Veronica Maya, ma hai poi declinato l’offerta?
Il discorso è un po’ più complicato perché c’erano di mezzo delle ragioni private e andare a registrare a Napoli mi pesava un po’. Però posso dire di aver salvato il programma grazie alla mia opera: gli ascolti subirono una discreta crescita e alcune puntate stabilirono il record di share.
La tua ultima prima serata condotta per Rai 1 è stata invece “Socrate – Il merito in tv”, un esperimento che non ha avuto seguito. Come mai?
È stato un programma fatto senza prove. Proprio perché non si dice mai no a una prima serata di Rai 1 ho accettato e ho cercato di fare il massimo limitando i danni. Portammo a casa un 17% di share che per gli standard dell’epoca era poco, ma posso dire con certezza che era un programma di qualità.
La meritocrazia in tivù esiste?
Posso parlare per me. Per quanto mi riguarda sì: da vent’anni porto buoni ascolti e vengo riconfermato. Poi c’è chi ha molto di più anche facendo la metà degli ascolti ma non giudico: per fortuna non soffro d’invidia.
Sei stato uno dei pochi a rivelare nelle scorse settimane l’entità del tuo compenso (210 mila euro lordi l’anno, ndr), ma una circolare interna alla Rai vieta di divulgare notizie. Hai avuto qualche contestazione?
Mi hanno fatto una domanda e ho risposto. Circa l'aver rivelato il mio compenso non ho ricevuto, per ora, alcuna sanzione.
Dopo la separazione dalla tua ex moglie hai parlato in diverse interviste della tua battaglia per modificare la legge per l’affidamento dei figli, che giudichi sbilanciata a sfavore dei padri. Perché hai deciso di farlo?
Ho deciso di parlare di certe tematiche avendo consapevolezza di fare da testa d’ariete per chi non ha voce. Il diritto italiano penalizza i padri che vogliono fare i padri, favorendo a prescindere solo le madri, sia affettivamente che economicamente. La sindrome da alienazione parentale per me è una battaglia di civiltà, soprattutto perché il divorzio è una mangiatoia per certi avvocati e certi psicologici. In più sappiamo che la giustizia italiana ha tempi infiniti, cosa irriguardosa per chi vive situazioni private complicate.
La politica ti è stata vicino?
Non entro nel merito, perché penso che questa debba essere una battaglia politica trasversale. E sarei anche pronto a scendere in campo per questo tema perché tutti abbiamo diritto a una società migliore.
Il tuo lavoro ha risentito di questa situazione?
La mia carriera ha risentito senza dubbio della mia esposizione sociale. Sono diventato un po’ scomodo per qualcuno, ho perso un po’ dell’appeal necessario per chi fa questo mestiere. Ma lo rifarei perché la considero, ripeto, una battaglia di civiltà che ancora non è finita: si continua a lottare per una giustizia che riconosca i diritti anche ai padri.