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Il ritorno dei Tre Moschettieri

Il ritorno dei Tre Moschettieri

È fatto a regola d’arte l’ultimo film tratto dal capolavoro di Alexandre Dumas I Tre Moschettieri – Milady, in arrivo nelle sale. Le scene di combattimento sono in soggettiva: sembra di essere lì, tra assedi e sfide all’arma bianca. E i personaggi dimostrano sfaccettature intriganti. Come raccontano a Panorama il regista Martin Bourboulon e alcuni dei protagonisti: Vincent Cassel, Eva Green e Louis Garrel.


In un’epoca in cui la spettacolarità al cinema fa rima ormai quasi solo con i film di supereroi o i cosiddetti franchise, pellicole a stelle e strisce realizzate in serie, ecco che a ristabilire un alternativo senso di grandeur arriva la Francia con I Tre Moschettieri – Milady, secondo capitolo dell’esperimento di trasportare sul grande schermo le 769 pagine dell’omonimo romanzo di Alexandre Dumas, già preceduto dal film I Tre Moschettieri – D’Artagnan, uscito lo scorso aprile. In questo sequel, in uscita il 14 febbraio, si racconta la seconda parte delle avventure dell’aspirante moschettiere D’Artagnan (François Civil)che, dopo essere arrivato a Parigi e aver sfidato a duello Porthos (Pio Marmaï), Athos (Vincent Cassel) e Aramis (Romain Duris), si unisce ai moschettieri del Re Luigi XIII (Louis Garrel) per difenderlo dal piano segreto per assassinarlo, ordito dal Cardinale Richelieu (Eric Ruf) e dalla sua aiutante, l’intrepida Milady de Winter (Eva Green).

In questa puntata, che probabilmente sarà seguita da un terzo e finale capitolo, D’Artagnan è sulle tracce dei rapitori della sua amata Constance Bonacieux (Lyna Khoudri), ma si imbatte invece in Milady, anch’essa tenuta prigioniera. Lei nasconde un terribile segreto sul proprio passato che coinvolge Athos. «Non era facile affrontare un classico della letteratura francese come quello di Dumas», spiega a Panorama il regista Martin Bourboulon «ma il mio approccio è stato quello di modernizzare il testo il più possibile pur rimanendo fedele ai canoni classici. Dato che i personaggi sono stati già introdotti nel primo film, qui potevamo esplorare più a fondo il loro animo, dandogli volume e respiro. Ho cercato quanto più possibile di alternare l’aspetto intimo, che riguarda l’amore, e quello epico, che riguarda la battaglia e la morte». Nella pellicola i moschettieri vengono infatti coinvolti nello spettacolare e cruento assedio alla roccaforte de La Rochelle, città simbolo della lotta fra gli ugonotti, di religione protestante, e i cattolici fedeli alla Corona. «Volevo rimanere molto vicino ai personaggi», aggiunge il regista, «e per questo ho girato le scene dei combattimenti in piano sequenza». Il risultato è una funambolica soggettiva dentro il cuore di duelli all’arma bianca, condita da pistolettate e colpi di cannone, acrobazie e salti nel vuoto. «Non volevo che il pubblico semplicemente assistesse alle scene d’azione, ma che le vivesse dall’interno, quasi in prima persona» continua Bourboulon. «Naturalmente ciò ha voluto dire comunicare agli attori che interpretano i moschettieri che si sarebbero dovuti allenare duramente, insieme al campione olimpico di scherma Yannick Borel. Non solo a tirare di spada, ma anche a mettere in pratica coreografie ad orologeria. Ecco perché le riprese sono state lunghe e complicate: 150 giorni totali in circa otto mesi, per girare entrambi i capitoli».

Come dice lo stesso titolo stavolta il film ha al suo centro la figura enigmatica di Milady, una vera e propria assassina incarnata alla perfezione da Eva Green, mai così affascinante sullo schermo dai tempi di Casino Royale: «L’aspetto più intrigante di questo celebre personaggio», dice la Green «sta nel fatto che è una vera e propria femme fatale: Milady mette in scena la sua femminilità, con abiti e parrucche che nascondono i capelli corti e i pantaloni elasticizzati adatti a un combattimento in cui potrebbe essere coinvolta se le cose dovessero peggiorare. Questo le conferisce una dimensione al tempo stesso estremamente seducente ma anche molto virile e pratica, ed è una visione molto più interessante di altri adattamenti di Dumas». Ecco che allora Milady, liberata da D’Artagnan, lo minaccia, duella con lui e poi, privata della lama, gli salta addosso usando il suo sex appeal per renderlo inerme: «Milady è la maestra dell’ambiguità. Ha una mascolinità molto spiccata, ma usa il suo lato femminile per manipolare gli altri, per sedurli, intrappolarli, a volte ucciderli. È una donna solitaria, che raramente rivela la propria natura agli altri, vive nell’ombra e indossa una metaforica armatura, anche se in essa vi sono delle spiragli da cui lascia intravedere la propria umanità. È una maestra del duello col pugnale e la spada e nel corpo a corpo, ma con gli stuntman abbiamo cercato di costruire per lei un modo di combattere differente da quello dei moschettieri: ecco perché spesso impugna due armi, come se viaggiando per il mondo avesse affinato tecniche per l’epoca sconosciute».

Uno degli aspetti che rendono il film davvero godibile è il supercast in cui spicca il meglio del cinema francese degli ultimissimi anni, come nel caso dei tre moschettieri interpretati con spirito guascone da Pio Marmaï, Romain Duris e Vincent Cassel, che qui dà ad Athos una dimensione tragica. «È il moschettiere che porta con sé il maggior numero di drammi» spiega Cassel. «E queste crepe si percepiscono in lui fin dall’inizio dell’avventura. Mi ha sempre affascinato il personaggio per la sua profondità, ma anche perché mi è rimasto impresso il ricordo dell’interpretazione che ne fece Oliver Reed nel film di Richard Lester del 1973. Athos è cupo, malinconico, perseguitato da rimorsi e rimpianti e sogna la redenzione, anche se non crede di meritarla. Naturalmente è sempre interessante vedere la fragilità di un personaggio che agli altri sembra imbattibile e per interpretarlo ho considerato il fatto che sto invecchiando, e anche io non sono più il Vincent atletico e ottimista di qualche anno fa. In questo capitolo capiremo il motivo del suo tormento interiore e vedremo come gestirà la complicata situazione politico-familiare che lo vede al centro della contesa tra ugonotti e cattolici». A far da contraltare al côté drammatico c’è la divertente caratterizzazione che Louis Garrel fa di Luigi XIII: «È allo stesso tempo un re legittimo perché ha sangue reale e illegittimo perché sua madre avrebbe preferito suo fratello al posto suo. Ho sempre pensato che le persone che detengono il potere e godano nell’esercitarlo suonino un po’ false e spesso ridicole» conclude Garrel «e così ho cercato di interpretarlo venando di un po’ di umorismo il suo essere tremendamente impulsivo».

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