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Alla caccia dei dipinti scomparsi della collezione Agnelli

Alla caccia dei dipinti scomparsi della collezione Agnelli

C’è una nuova guerra in casa Elkann tra la madre Margherita e il figlio John sulla proprietà della celebre «galleria» di dipinti dell’Avvocato e della moglie Marella. Un patrimonio da due miliardi di euro di cui Panorama è in grado di ricostruire i retroscena. Prima puntata.


La nuova puntata della serie italiana The Crown, cioè la feroce faida in corso tra Margherita Agnelli e suo figlio John Elkann (e viceversa), si arricchisce di un avvincente e misterioso capitolo: dove sono finiti, dove sono stati dispersi, chi si è impossessato dei pezzi più preziosi della collezione di 400 opere d’arte accumulata in più di mezzo secolo da Gianni e Marella Agnelli? E perché il ministero della Cultura e i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale non intervengono per proteggere un bene artistico di interesse nazionale che annovera molte importanti opere di autori italiani, in grandissima parte mai notificate?

Una prima risposta arriva dalla «caccia al tesoro» che Andrea Galli, un investigatore dell’agenzia Swiss East Affairs di Zurigo, conduce da tre anni per conto della figlia di Agnelli, Margherita. Tra gli incarichi a lui commissionati, Galli prima di tutto ha raccolto prove per dimostrare che la vedova di Gianni Agnelli non risiedeva in Svizzera, come voleva far credere per godere di notevoli benefici fiscali, se non per un paio di settimane all’anno, a fronte dei 181 giorni previsti dalla legge. Ne deriva che la sua successione (la vedova Agnelli è morta il 23 febbraio 2019) vada regolata dal diritto italiano secondo cui metà dei beni della defunta toccano alla figlia. Si parla di un totale di 4,6 miliardi di euro (solo per le quote della società semplice «Dicembre» che controlla Exor), a fronte di un valore indicato dal notaio Urs von Grünigen di Gstaad di «appena» 160 milioni.

Il voluminoso dossier di Villa è agli atti del Tribunale di Torino e Margherita ne ha tratto lo spunto per denunciare per falso il notaio svizzero che ha vergato le ultime volontà di Marella, da lei nominato anche esecutore testamentario, favorendo solo i tre nipoti Elkann ed escludendo i cinque De Pahlen. Tra l’altro uno dei testimoni scelti dal notaio è un noto banchiere di 92 anni, Peter Hafter residente a Kusnacht, a lungo uomo di fiducia di quel ramo della famiglia Rotschild che controllava la Rotschild Bank di Zurigo. Al tempo stesso era il banchiere di fiducia di Licio Gelli, Umberto Ortolani e dei vertici della P2. Tanto che i quasi 100 milioni di dollari scomparsi nel periodo in cui Roberto Calvi si trovava in carcere a Lodi erano transitati proprio per Rotschild Bank e quindi erano passati per le mani di Hafter (che è anche un ottimo conoscente di Vittorio Emanuele di Savoia). Il banchiere è stato di recente ridicolizzato in una puntata dell’aprile scorso di Report, il programma su Raitre, quando il giornalista Federico Marconi ha bussato alla sua porta in Svizzera filmandone lo stupore e le incredibili reazioni.

Il compito principale – e più difficile – affidato da Margherita al suo 007 è trovare il modo per arrivare alla gigantesca quantità di lingotti d’oro accumulata da Giovanni Agnelli, nonno di Gianni, custodita nelle stanze blindate del più segreto dei depositi di tesori del mondo, il Ports Francs et Entrepôts di Ginevra-La Praille. In questi «forzieri» sarebbero stati trasferiti i proventi dalle forniture militari della Fiat per le due guerre mondiali, convertiti in oro e in un primo tempo affidati dal vecchio Agnelli ai caveau della Banca Raiffeisen di Basilea, da cui Gianni li fece spostare a inizio anni Novanta. Il valore odierno di tali lingotti, secondo i dossier dei Panama Papers, ammonterebbe a 9,2 miliardi di dollari (calcoli del 2021) nel frattempo aumentati di parecchio.

Questo tesoro, per ora, è finito sotto il controllo di John Elkann in virtù del fatto che sua madre, al momento dell’accordo di spartizione sul patrimonio portato all’estero dal defunto – concordato raggiunto in Svizzera nel 2004 con Donna Marella – aveva rinunciato ai propri diritti ereditari quando la genitrice fosse morta. In cambio di questo accordo-suicida Margherita aveva ottenuto non solo 1,15 miliardi di euro (a fronte dei 550 milioni della madre più le preziose quote della «Dicembre» e della «Giovanni Agnelli & C.», e un vitalizio annuo di 7 milioni di euro), ma anche la nuda proprietà (con usufrutto a favore della madre) della Collezione Agnelli, che secondo l’inventario di allora contava 309 opere d’arte in varie residenze. Valore totale: 213 milioni e 363 mila dollari, molto inferiore alla realtà (è considerato dagli esperti almeno dieci volte tanto, oggi supererebbe i 2 miliardi).

Margherita aveva accettato che a stilare l’elenco e a indicare le valutazioni fosse un personaggio di fiducia e amico di Marella, David Somerset, undicesimo duca di Beaufort. La dignità del Duca in un solo caso non se l’era sentita di macchiare il suo prestigio, superando certi limiti in ossequio ai «suggerimenti» di Marella. Per esempio, aveva scritto «non valutato» a un prezioso dipinto di Goya, A merchant in his office (Allegory of Commerce). Alla fine è scaturito un elenco che le due «antagoniste» hanno accettato ma che nascondeva molte trappole e soprattutto attribuiva alla piena proprietà di Marella, e non al suo usufrutto, 36 quadri a lei cari: tra cui un Francis Bacon, un Giorgio de Chirico, tre Paul Klee, un Mondrian, due Carlo Bossoli, un Robert Delaunay, quattro cesellature di Picasso, un Monet, un Giacomo Balla. Madre e figlia avevano costituito due società ad hoc dove far confluire i quadri: «Universal Art Foundation» e «International Art Foundation», usando le divisioni poco realistiche fatte dal Duca.

La non attendibilità dell’inventario alla base di questa «spartizione» rappresenta uno dei motivi per cui Margherita chiede l’annullamento dell’accordo di 19 anni fa, affermando che le è stata rappresentato qualcosa di ben diverso dalla realtà. Quindi è stata tratta in inganno. Il destino dei quadri della Collezione Agnelli rappresenta così lo sviluppo più recente delle indagini dello 007 Andrea Galli. Nel 2003 Margherita aveva preso per buono l’elenco, anche perché non era potuta entrare nelle case per controllare se le suddivisioni fossero reali. Ma, quando sua madre è scomparsa e l’usufrutto di cui godeva è venuto meno, Margherita è diventata proprietaria assoluta. A quel punto ha mandato un suo incaricato, Roberto Cattro, per fotografare i quadri, avere finalmente un completo inventario, controllare in quali residenze si trovavano, dov’erano finite le opere contenute nella penthouse (messa all’asta da Marella) a Park Lane, a New York o nello chalet di St. Moritz lasciato a John dalla nonna (quadri compresi), qual era lo stato di conservazione e fissare finalmente il loro valore reale. A quel punto è emerso che, rispetto all’elenco del Duca di Beaufort, non risultavano alcuni pregevoli quadri e sculture che avrebbero dovuto esserci e non si trovano più. Ma è anche risultato che c’erano altre preziose opere che, al contrario, non emergono nel lungo elenco della spartizione approvato da madre e figlia nell’accordo del 2004, quadri di cui Margherita non era nemmeno al corrente di essere diventata proprietaria. Ciò significa che John non se li è portati via, anche se avrebbe potuto. 1 – Continua

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