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Sballo da farmaci, ricette mediche false, allarme reale

Sballo da farmaci, ricette mediche false, allarme reale

In Italia è in forte crescita lo «sballo» da farmaci con oppiacei o benzodiazepine, ottenuti attraverso la contraffazione di prescrizioni mediche. Intanto, anche nel nostro Paese, comincia il traffico di Fentanyl.


Un ricettario rubato a Milano. Il timbro di un cardiologo volatilizzato a Napoli. Un furto nella notte nel deposito farmaci di un ospedale a Catania. E, ancora, false prescrizioni che a cadenza settimanale vengono denunciate dai farmacisti italiani. Al centro di tutto medicinali costosi, ma soprattutto benzodiazepine e oppiacei. Sostanze che, abbandonato il loro uso terapeutico, sono utilizzate per sballarsi e diventano protagoniste di un mercato nero che si allarga nella Penisola. Un mercato che registra un significativo e allarmante aumento nei consumi, che richiama alla mente quanto già sta succedendo negli Stati Uniti, dove l’epidemia degli oppioidi ha registrato – secondo il National Institute on Drug Abuse – solo nel 2021 oltre 80 mila morti. «Per quanto il fenomeno non sia paragonabile alla crisi degli oppioidi negli Stati Uniti, la situazione in Italia è a oggi sottostimata o per niente stimata» riflette Riccardo Gatti, psichiatra e coordinatore del tavolo tecnico delle dipendenze per la Regione Lombardia. E questo non solo perché spesso non si procede ad analizzare accuratamente le sostanze legate alle morti per overdose, ma anche perché il sommerso è inestimabile. «Abbiamo pochi strumenti per monitorare il fenomeno, a cominciare dal fatto che spesso i laboratori analizzano solo alcune sostanze classiche e non hanno una fotografia aggiornata di quello che, in realtà, circola. E poi: quali sono gli strumenti per capire se una ricetta è contraffatta o meno? Quali sono i sistemi che possono limitare l’utilizzo di una ricetta falsa in luoghi e in momenti diversi? Se le ricette sono falsificate bene, è difficile che qualcuno se ne accorga» prosegue Gatti.

A esaminare le segnalazioni di prescrizioni false presentate in tutta Italia ogni mese – e spesso rese pubbliche dagli ordini dei medici e dei farmacisti sui loro siti ufficiali – si arriva a decine di episodi che si articolano in una casistica infinita. «Ci sono i più improvvisati che provano a comprare farmaci con ricette malamente fotocopiate, ma anche quelli che arrivano a contraffare timbri di medici o ricettari, magari con l’aiuto di tipografie all’oscuro di tutto. Altri ancora si appropriano indebitamente del materiale di un medico, ma è un fenomeno in progressiva riduzione con l’avvento delle ricette dematerializzate. Altri ancora utilizzano la fantasia: inventano storie assurde e evidentemente irreali per cercare di far commuovere il farmacista, o il dottore. E poi ci sono i furti, che avvengono in farmacia o in ospedale, ma anche direttamente dalle casse dei corrieri che consegnano i medicinali» va elencando Salvatore S., titolare di una farmacia nel Napoletano. «Negli anni ho subito diversi agguati. Uno su tutti: l’anno scorso mi hanno puntato un coltello alla gola, durante un turno di notte, per avere degli oppiacei. È stato uno dei momenti più brutti della mia vita». Oltre l’aggressione, scorre la routine che è fatta da falsificazioni sempre più raffinate e da tentativi di arginare il fenomeno. «Collaboriamo attivamente con le autorità sanitarie e con le forze dell’ordine per garantire la qualità del servizio farmaceutico e la tutela della salute e della sicurezza dei cittadini», spiega Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi). «In caso di furto di ricettari e timbri identificativi dei medici, di cui capita di leggere sugli organi di stampa, la Federazione riceve una segnalazione da parte di polizia o carabinieri e provvede tempestivamente a darne comunicazione agli ordini territoriali, anche per mezzo del proprio quotidiano online, affinché allertino i propri iscritti, contribuendo in questo modo a prevenire illeciti ai danni del Servizio sanitario e un utilizzo improprio di farmaci da parte dei cittadini». Misure che però non riescono ad arginare il fenomeno, che si modifica plasticamente rispetto alle richieste di un mercato popolato da malati, tossicodipendenti e anche persone qualsiasi in cerca di uno «sballo farmaceutico».

Un ruolo unico in questo piccolo universo viene giocato dal Fentanyl, entrato nella lista delle sostanze vietate nel giugno 2022. Per quanto i consumatori del Vecchio continente preferiscano tradizionalmente l’eroina proveniente dall’Afghanistan – che adesso, dopo il ritorno al potere dei talebani e il divieto alle coltivazioni di papavero, rischia di scomparire – questo oppioide sintetico sta spopolando anche nel nostro Paese. Emblematico quanto accaduto a Piacenza, dove a metà novembre la Guardia di Finanza, in collaborazione con l’agenzia federale antidroga statunitense (Dea), ha eseguito sette custodie cautelari, mentre negli Stati Uniti si procedeva ad ammanettare altri undici membri. Al centro della banda un piacentino di 51 anni, Giancarlo Miserotti, falsario pregiudicato, che adesso è accusato di aver fatto da tramite tra Cina e America per il traffico del letale oppioide sintetico.

Secondo quanto ricostruito dalla Dea, sarebbe stato proprio il Fentanyl gestito da Miserotti ad aver ucciso un giovane americano sei mesi fa in Ohio. Ed è per questo che sull’uomo grava anche una richiesta di estradizione oltreoceano. Ingegnoso il meccanismo studiato da Miserotti che, secondo gli investigatori, ha gestito oltre circa 100 mila dosi: la droga arrivava a Piacenza dalla Cina, dove veniva confezionata, in pacchi che apparentemente contenevano prodotti elettronici o libri. Pacchi che poi, tramite posta ordinaria, venivano dirottati negli Stati Uniti. Miserotti era riuscito anche a spacciare in carcere, impregnando di questa sostanza le pagine di alcuni libri che poi venivano recapitati dietro le sbarre, dove veniva estratta e spacciata. «Parliamo» commenta a riguardo il procuratore di Piacenza Grazia Pradella «di un criminale senza scrupoli, che è riuscito a destreggiarsi abilmente nel mondo dell’acquisto e del traffico degli stupefacenti. Lui sapeva di diffondere un composto chimico che aveva avuto effetti letali».

Considerato ottanta volte più potente della morfina, il Fentanyl è molto difficile da dosare poiché sono sufficienti due milligrammi per uccidere una persona. Ed è anche per questo che negli Stati Uniti si parla di epidemia. «Il rischio concreto è che questa epidemia si diffonda anche in Europa e in Italia» aggiunge Riccardo Gatti. Ed è così che Europol, l’ente dell’Unione europea per il contrasto della criminalità organizzata, nel dicembre 2022 ha anche lanciato un primo allarme, segnalando come i narcos messicani fossero entrati in contatto con la criminalità organizzata europea per commerciare il Fentanyl cinese. Due mesi fa, inoltre, il commissario Ue agli Affari interni, Yilva Johansson, ha rivelato che nel 2022, in tutta Europa, «sono stati sequestrati 405 laboratori, in grado di produrre anche Fentanyl». E nella sola Lettonia «cinque chilogrammi, sufficienti a uccidere 2,5 milioni di persone: più degli abitanti dell’intero Paese Baltico».

Dati spaventosi, e che vanno di pari passo con una crescente sensibilizzazione relativa all’utilizzo di analgesici «off label», ovvero medicinali utilizzati per indicazioni non autorizzate. Un po’ come raccontato attraverso serie televisive e documentari rapidamente succedutisi sulle piattaforme internazionali. Serie tv come Pain Killer, che racconta come la multinazionale Purdue abbia trasformato OxyContin in un affare miliardario di dipendenza e morte, ma anche come Pain Hustlers in cui una madre single senza soldi coglie un’opportunità redditizia nel settore farmaceutico: un nuovo antidolorifico che produce guadagni inimmaginabili.

«La realtà è complessa. Ci sono alcuni pazienti che preferiscono rivolgersi al mercato clandestino perché è più semplice accedervi rispetto a quello tradizionale, o perché così si ha un grande risparmio» conclude Gatti. Un esempio? A fine settembre, sono state emanate a Bari sei misure cautelari nei confronti di dipendenti dell’Istituto tumori Giovanni Paolo II. Secondo quanto accertato, questi provvedevano a sottrarre farmaci e dispositivi per alimentare l’attività medica domiciliare. Rigorosamente senza ricetta. Ovviamente in nero.

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