Il 7 marzo 1975 segna un momento storico per il cinema italiano: nelle sale debutta Profondo Rosso, il quinto film di Dario Argento, destinato a diventare un cult assoluto grazie al suo carattere innovativo e sperimentale. Questo capolavoro segna il passaggio dalla fase thriller della filmografia argentiana – rappresentata da titoli come L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio – alla svolta horror che consacrerà il regista come il «maestro del brivido made in Italy», un titolo che troverà la sua massima espressione con Suspiria (1977).
La scelta del titolo di Profondo Rosso ha una storia complessa. Inizialmente, il film avrebbe dovuto mantenere la tradizione zoologica dei titoli precedenti e chiamarsi La tigre dai denti a sciabola. Tra le ipotesi considerate, spunta anche Chipsiomega, un curioso titolo provvisorio che combina le ultime tre lettere dell’alfabeto greco. Alla fine, però, è stata la predominanza del colore scarlatto – simbolo del sangue, ma anche elemento chiave della scenografia e della fotografia – a ispirare il titolo definitivo.
Come spesso accadeva, fu lo stesso Dario Argento a ideare il soggetto del film. La prima bozza nacque già durante la fase finale della lavorazione del suo film precedente, Le cinque giornate. L’idea centrale della medium che riesce a percepire i pensieri di un assassino, invece, risale a una prima stesura di Quattro mosche di velluto grigio.
La sceneggiatura venne scritta a quattro mani con Bernardino Zapponi, che in seguito si attribuì la paternità degli elementi più realistici della storia, lasciando ad Argento l’introduzione degli aspetti più visionari e inquietanti: la medium, i fantasmi della villa, il macabro disegno sulla parete, lo scheletro nella stanza murata e, naturalmente, l’elaborata messa in scena degli omicidi.
A decretare il trionfo di Profondo Rosso fu un insieme di fattori: la regia magistrale di Argento, un cast d’eccezione e soprattutto la celebre colonna sonora firmata dai Goblin, che contribuì a rendere l’atmosfera del film unica e inconfondibile. Il successo al botteghino fu straordinario: con un incasso di 2 miliardi e 700 milioni di lire dell’epoca, il film si impose come campione d’incassi e divenne il decimo titolo più visto della stagione cinematografica 1974/75 in Italia.
Oggi, a distanza di cinquant’anni dalla sua uscita, Profondo Rosso continua a essere celebrato come uno dei massimi capolavori del cinema horror. Ecco quindi alcune curiosità che (forse) non tutti sanno.
Una sceneggiatura monumentale

La sceneggiatura di Profondo Rosso nacque da un imponente lavoro di scrittura: ben 321 pagine redatte da Dario Argento insieme a Bernardino Zapponi. In fase iniziale, anche Pupi Avati collaborò alla stesura, ma abbandonò presto il progetto. Durante la pre-produzione, il film era noto con il titolo provvisorio Chipsiomega, mentre nel corso delle riprese assunse il nome temporaneo di La tigre dai denti a sciabola. Tuttavia, la sceneggiatura si rivelò eccessivamente lunga, costringendo Argento a eliminare alcune scene per adattare il film ai tempi cinematografici.
Torino, la città del mistero

Come molti film di Dario Argento, Profondo Rosso è stato girato prevalentemente a Torino. Il regista stesso ha spiegato il motivo di questa scelta: “Ci fu un certo viaggio che feci a Torino quando ero adolescente (…). Era d’inverno, pioveva, ed era una città tutta lucida, un’immagine forse quasi convenzionale: con queste luci gialle, queste piazze importanti, questi monumenti, le case art decò, le ville… tutta una serie di cose che mi affascinarono moltissimo. Non so perché mi fecero venire dei pensieri strani, morbosi, anche un po’ inquietanti, su questa città”.
Un omaggio a Blow-Up

Per il ruolo del protagonista di Profondo Rosso, il pianista jazz Marc Daly, Dario Argento scelse l’attore inglese David Hemmings, noto per la sua interpretazione in Blow-Up (1966). La scelta non fu casuale: il regista volle rendere omaggio al capolavoro di Michelangelo Antonioni, un film che presenta diverse analogie con il thriller argentiano, soprattutto nella costruzione della suspense e nell’indagine sulla percezione della realtà.
La scelta di Daria Nicolodi

In Profondo Rosso, Daria Nicolodi, che sarebbe poi diventata compagna di Dario Argento dal 1973 al 1985, interpreta la giornalista Gianna. Tuttavia, il suo provino iniziale non andò come sperato. Per cercare di impressionare il regista, si presentò con le treccine cosparse di zucchero, ma Argento non gradì affatto e le rispose: “Lavati la testa e ne riparliamo”. Inizialmente indeciso tra Nicolodi e Manuela Kusterman, musa di Carmelo Bene, Dario alla fine scelse Daria per la sua recitazione spontanea e naturale, che meglio si adattava al ruolo.
Il bambino del flashback

Il bambino protagonista del flashback di Profondo Rosso è Jacopo Mariani. Nato a Roma nel 1965, l’attore aveva già lavorato con Dario Argento in un altro suo capolavoro: Suspiria, dove interpretava il piccolo Albert.
L’amore tra le ombre del crimine

Profondo Rosso non è solo un thriller, ma anche una storia d’amore. Tra un omicidio e l’altro, emergono le schermaglie sentimentali tra i due protagonisti, che ricordano i duetti della grande commedia sofisticata americana. A tal proposito, Daria Nicolodi ha raccontato: “Ricordo che con David Hemmings provavamo di continuo le scene comiche (quella del braccio di ferro l’abbiamo provata 60 volte tra noi prima di girarla). D’altronde David è un attore che recita con e non contro gli altri”.
Daria Nicolodi e il contributo musicale dei Goblin

Oltre a offrire forse la sua migliore interpretazione in Profondo Rosso, Daria Nicolodi giocò un ruolo fondamentale nella scelta della colonna sonora del film. Con la necessità di trovare sonorità moderne per accompagnare immagini tanto forti ed estreme, Dario Argento decise di coinvolgere, oltre al compositore Giorgio Gaslini, anche altri musicisti. Impossibilitato a collaborare con gruppi come i Pink Floyd o i Genesis, Daria, dopo aver ascoltato un brano dei Goblin che iniziava con un fruscio di vento seguito da un lamento, suggerì ad Argento di contattarli.
L’inquadratura nella pozza

Una delle inquadrature più iconiche di Profondo Rosso è quella che mostra il riflesso di David Hemmings nella pozza d’acqua. Il direttore della fotografia Luigi Kuveiller ricorda così la realizzazione della sequenza: “Fu una scena impegnativa, perché il tipo di vernice in cui si specchiava l’attore assorbiva un’enorme quantità di luce e impediva il riflesso. Puntai quindi sul protagonista una luce accecante e decidemmo di prolungare l’inquadratura per rendere l’orrore più angosciante e interminabile”.
Il pupazzo meccanico

L’apparizione del pupazzo meccanico che precede la morte violenta di Glauco Mauri è una delle scene più spaventose di Profondo Rosso, nonostante non abbia suscitato apprezzamento da parte del padre e del fratello di Argento, così come dello scenografo Peppino Bassan. Il bambolotto, creato dal Maestro Carlo Rambaldi, inizialmente doveva essere un Pinocchio di legno, ma la sua trasformazione in un inquietante pupazzo meccanico aggiunse una dimensione ancora più disturbante alla scena.
La morte cruenta di Carlo

In Profondo Rosso, Gabriele Lavia interpreta Carlo, l’amico di David Hemmings. La morte del personaggio, investito da un’auto e trascinato per diversi metri da un camion, è una delle sequenze più crude ed efferate del film. Su consiglio dello stesso Lavia, per evitare qualsiasi rischio, la scena è stata girata al contrario, con l’auto in retromarcia, e successivamente ribaltata al montaggio. Questa tecnica ha permesso di creare l’illusione che il pneumatico schiacciasse la testa di Carlo, rendendo la sequenza ancora più scioccante.
L’ispirazione da La notte ha mille occhi

Come dichiarato dallo stesso Dario Argento, la scena iniziale di Profondo Rosso, ambientata durante il congresso di parapsicologia al Teatro Carignano di Torino, è ispirata all’incipit di La notte ha mille occhi, un thriller diretto da John Farrow con Edward G. Robinson nel ruolo di un sensitivo. Argento si rifà a questa pellicola per costruire l’atmosfera misteriosa e inquietante che pervade l’intero film.
La villa del bambino urlante

La famosa “villa del bambino urlante” di Profondo Rosso è in realtà Villa Scott Scott, situata in Corso Giovanni Lanza 57, nel quartiere Borgo Po di Torino. L’abitazione, un tempo un centro di recupero gestito da suore, fu scelta da Argento per le sue atmosfere inquietanti. Per poter girare in tranquillità, il regista decise di mandare suore e pazienti in vacanza a Rimini, a spese della produzione, assicurandosi così il completo controllo sulla location.
La scelta di Clara Calamai

Dario Argento spiega la sua scelta di Clara Calamai per il ruolo della madre di Carlo con queste parole: “Il suo personaggio era quello di una ex attrice che si era ritirata dal cinema, come tante altre colleghe della sua generazione, alle quali gli uomini che avevano sposato impedivano di continuare la professione. Allora ho pensato di prendere una vera ex attrice, che realmente avesse smesso di fare quel mestiere […] Nell’appartamento che lei abita nel film, inserimmo nell’arredamento alcuni portaritratti con foto originali dei film che aveva realmente interpretato”.
Il Blue Bar

Durante le riprese di Profondo Rosso, il Blue Bar, un locale immaginario situato in Piazza C.L.N. a Torino, attirava molti passanti che entravano convinti fosse un vero bar. Lo stile del locale è ispirato al celebre quadro di Edward Hopper, I nottambuli (Nighthawks), con la sua atmosfera solitaria e inquietante che ben si adatta alla tensione del film.
L’omaggio a La scala a chiocciola

L’occhio dell’assassino, spesso mostrato in Profondo Rosso, è un omaggio di Dario Argento a La scala a chiocciola, il capolavoro del regista Robert Siodmak del 1946. Questa scelta riflette l’influenza del thriller classico nella costruzione della suspense e nell’uso degli sguardi inquietanti per creare tensione.