Oggi la storia si può vivere in prima persona, cimentandosi con giochi elettronici ad alto «tasso culturale» come Assassin’s Creed. Un modo nuovo per imparare e divertirsi, improvvisandosi turisti spazio-temporali.
I videogame sono un ottimo modo per studiare la storia dell’architettura. Si gioca, si combatte, si superano livelli, e intanto ci si gode l’ambiente circostante, che quando è realizzato con cura e dovizia di particolari è un valore culturale aggiunto. Capita nella saga di Assassin’s Creed, uno dei titoli di grande successo di Ubisoft, venduto in 200 milioni di copie, dove si ha occasione di rivivere in prima persona i fasti delle architetture dell’antichità come gli scenari del mondo moderno. Un mosaico in continua evoluzione, che si è appena arricchito dell’episodio Mirage, ambientato a Bagdad nel IX secolo.
Ma davvero un videogame si può sostituire a un libro di testo? Sembra proprio di sì. Come spiega la critica d’arte Debora Ferrari, che con lo scrittore Luca Traini ha curato la mostra Architettura, arte e fotografia in Assassin’s Creed, realizzata da Neoludica Game Art Gallery e tenutasi il 2 ottobre a Venezia in occasione della Giornata mondiale dell’architettura, «molte scuole, dalle elementari alle università internazionali, utilizzano determinati videogame per insegnare la storia. Secondo le statistiche, le classi che studiano lo stesso periodo storico sui manuali o con i videogame ottengono i medesimi risultati». Soprattutto si impara giocando, che non è cosa da poco. Si esplorano territori e città e intanto si memorizzano dettagli e particolarità delle architetture.
Come spiega Jean-Luc Sala, art director di Assassin’s Creed Mirage, «alla base di tutto c’è la narrazione. Il nostro scopo è soprattutto narrativo e ci serviamo della storia per evocare l’epoca. Dobbiamo sapere se, ai fini del racconto, volevamo una città bella oppure inquietante, radiosa o oscura. La Parigi rivoluzionaria era desaturata e agitata. La Londra di Assassin’s Creed: Syndicate era opprimente e industriale. Bagdad abbiamo deciso di avvicinarla dalla prospettiva dell’età dell’oro dell’Islam, radiosa, ricca e immensa ma anche piena di contrasti».
Il videogioco rappresenta un’opportunità per entrare direttamente a contatto con la storia, sentendosene parte. «I palazzi, alcuni monumenti e le abitazioni possono essere visitati sia dall’esterno sia dall’interno» continua Sala. «Poiché non abbiamo voluto portare situazioni di combattimento e di conflitto negli edifici religiosi, nelle moschee e nei monasteri, questi edifici si possono apprezzare solo dall’esterno. «Questo videogame è un divertimento didattico» nota Luca Traini. «L’insegnamento si rende piacevole giocando. Si può fare una “full immersion” nella storia, ricostruita con grande rigore. Far rivivere le architetture con questa capacità di attrazione è molto coinvolgente per un giovane». Poi, per non essere distratti mentre si esplora, si può scegliere la modalità «discovery tour», dove si è liberi di girare indisturbati senza nessuno che ti prenda di mira, dedicandosi esclusivamente all’osservazione degli ambienti.
Nei vari titoli di Assassin’s Creed si va anche oltre, ci sono esperienze simili a visite guidate. Come spiega Debora Ferrari, «il giocatore può incontrare i personaggi del gioco. Si può trascorrere una giornata con un bambino che va a scuola nell’Egitto tolemaico piuttosto che incontrare filosofi nella biblioteca di Alessandria. È una dimensione che solo il videogioco sa dare, perché un documentario o un film offrono ricostruzioni che diventano intrattenimento o informazione, mentre nel videogame si possono incontrare personaggi di un mondo di fantasia che fanno anche parte della vera storia. Lo storytelling si costruisce attraverso le fasi di gioco dove ci si muove liberamente attraverso le varie scene. In tal modo il videogiocatore diventa l’artista finale, che va alla ricerca delle immagini offerte da questa opera totale».
Esperienze che, naturalmente, vanno documentate, e per questo si è affermata la virtual photography, con scatti realizzati all’interno del gioco. «I fotografi in-game fanno lo stesso videogioco anche 80 volte per trovare lo scatto ideale» precisa Ferrari. In effetti queste immagini, sempre più curate, potrebbero ambire a uno status artistico. Ma il mercato non sembra essere ancora pronto. «Il mondo della fotografia non le accetta, rimangono nella nicchia dei new media». È il parere di Marco Cadioli, docente di NetArt all’Accademia di Belle Arti di Carrara, che nel 2004 ha fatto un pionieristico reportage all’interno di giochi di guerra online, come Quake III e Counter-Strike, e nel 2005 ha iniziato a fotografare in Second Life. «Penso che il mio lavoro abbia una componente di racconto di un pezzo di storia che va oltre il concetto di fotografia nel gioco: ho testimoniato la nascita della prima grande esperienza del metaverso. Quei lavori possono essere rivisti come esempi di fotografia storica».
Un videogioco come Assassin’s Creed offre quindi tante potenzialità, proponendosi anche come strumento di promozione turistica. Un aspetto, quest’ultimo, in attesa di essere utilizzato al meglio. «Si è sviluppato il turismo videoludico a livello internazionale e i social sono pieni di documentazioni e video di videogiocatori, ma per ora non c’è un vero rapporto di collaborazione con gli enti turistici» dice Ferrari. «Un caso a parte è Monteriggioni, vicino a Siena, dove è ambientato Assassin’s Creed II: c’è stata una sinergia con il sindaco e l’amministrazione comunale grazie a un’impennata di turisti che volevano vedere la casa di Ezio Auditore, protagonista del gioco. Ma era impossibile, perché non esiste».