Giusto la settimana scorsa avevo scritto di “crypto furbate” e mi tocca l’ingrato compito di riscriverne mettendo a tema la “crypto-follia”. Partiamo dalla notizia che poi è sempre una scusa per parlare d’altro. Bybit, un exchange di criptovalute è stato oggetto di un attacco informatico che ha portato alla sottrazione dell’equivalente di oltre un miliardo di dollari, trafugati da uno dei suoi cold wallet (borsellini elettronici conservati in sistema isolati dalla rete). Bene iniziamo a fare le nostre considerazioni. Prima considerazione. Si parla del più grande furto della storia per il mondo delle crypto-valute. Diciamo che se le consideriamo un equivalente del denaro potremmo tranquillamente affermare che si tratta del più grande furto in valuta di tutti tempi. Prima della digitalizzazione per rubare quella cifra, immaginiamo in banconote da 100 dollari, ci sarebbe stato il problema di trasportare 10 tonnellate di “carta” con un ingombro pari a circa 16 container di grandi dimensioni. Uno spostamento complicato (e ditemi che adesso non rimpiangete il frusciare delle banconote). Nell’epoca dell’informazione si ricorda un tentato, ma fallito, furto ai danni della Banca Centrale del Bangladesh per un importo di circa 800 milioni di dollari. Seconda. La notizia ha avuto una certa risonanza, ma sono piuttosto certo che, se a denunciare il crimine fosse stato il presidente di Citibank e la valuta fossero stati i dollari, probabilmente si sarebbe parlato soltanto di questo, in barba a qualsiasi guerra o annuncio clamoroso della coppia Trump-Musk. Ne consegue che forse non abbiamo ancora chiaro cosa sono queste benedette o maledette crypto. Terza. Se quel “wallet” era cold è probabile che qualcuno dall’interno (infiltrato, infedele o vittima di un raggiro) abbia dato una mano. In alternativa il borsellino più che “freddo” sarebbe stato almeno “tiepido”. Considerando l’entità dei furti di crypto degli ultimi anni forse c’è qualche problema generalizzato di cyber security. A colpire, peraltro, sembra siano stati i “soliti noti” vicini al governo della Corea del Nord che da anni si finanzia abbondantemente proprio rubando crypto valute. Forse le piattaforme dovrebbero iniziare ad analizzare seriamente il comportamento di questi attori criminali, attività costosa, ma certo meno di un miliardo di dollari. Quarta. Qualcuno ha ventilato l’ipotesi di annullare le transazioni effettuate; Tim Beiko, lo sviluppatore di Ethereum (la crypto rubate), ha liquidato l’ipotesi come “tecnicamente irrealizzabile”. Detto questo, qualcuno rimpiange i tempi i tempi in cui il denaro era di carta?

La Rubrica – Cybersecurity week
© Riproduzione Riservata