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Quando si fanno le “Meta-regole”

Quando si fanno le “Meta-regole”

La Rubrica – Cybersecurity week

È piuttosto evidente che il prefisso “meta” è sufficientemente elastico da avere numerosi impieghi. Probabilmente dipende da suo significato di “oltre”. Così abbiamo la metafisica e abbiamo anche un metatarso per il quale non scomoderemmo Aristotele, quanto piuttosto un ortopedico. Se ci pensate colpisce il fatto che oggi abbiamo un “meta” allo stato puro. È possibile che Mark Zuckerberg, quando ha cambiato in Meta il nome della sua creatura, si sentisse veramente “oltre”. In effetti l’atteggiamento che l’ex-Facebook e con essa tutte le Big-Tech è un po’ quello di sentirsi al di là. Ma di cosa? Diciamo che, mentre noi tutti viviamo in un mondo in cui siamo soggetti a delle regole, queste organizzazioni tendono a posizionarsi oltre o comunque ad averne un’interpretazione molto, un po’ troppo, elastica. In queste settimane sono successe un paio di fatti che mi hanno spinto a riflettere sul tema e riguardano proprio Meta. Il primo riguarda direttamente anche il nostro paese. Mi riferisco al caso dello spyware dell’azienda israeliana Paragon che proprio a seguito di un intervento della sicurezza di Meta è diventato di dominio pubblico. Fate attenzione perché quanto sto per scrivere potrebbe sembrare controintuitivo. L’azienda di Menlo Park si è arrogata un diritto che forse non aveva, cioè quello di avvisare i suoi utenti che erano intercettati da un captatore informatico in dotazione a degli stati sovrani. Se diamo per buono che il software di Paragon (azienda israeliana di fatto controllato da un fondo d’investimento statunitense) viene venduto solo ed esclusivamente a governi e a forze dell’ordine, allora si pone una questione non banale. Se le intercettazioni fossero legittime (per esempio autorizzate da un giudice per lo svolgimento di indagini), quella di Meta sarebbe stata un’interferenza nello svolgimento di un’attività giudiziaria. Un’azienda o un cittadino qualsiasi avrebbero più di un problema. Nello specifico non è stato questo il caso perché immagino che, se fosse stata effettivamente in corso un’indagine, l’atteggiamento del nostro stato sarebbe risultato molto diverso. Il tema di fondo comunque resta valido. Veniamo alla seconda notizia, secondo cui Meta si sarebbe scaricata illecitamente 80 terabyte di copie illegali di libri e paper coperti da diritto d’autore per l’addestramento della propria intelligenza artificiale. Sembra, infatti, che, attraverso reti peer-to-peer come Bit Torrent, dei dipendenti dell’azienda si siano collegati a biblioteche che rendono disponibili illegalmente contenuti tutelati dal diritto d’autore. Da scambi di email interni di evincerebbe che non soltanto c’era preoccupazione tra i dipendenti, ma anche che il download doveva essere effettuato senza che fosse possibile risalire ai sistemi aziendali. Detto questo inizio a pensare che Meta non lo sia soltanto di nome ma anche di fatto, con buona pace di tutti i legislatori del mondo.

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