Cosa aspettarsi nei rapporti tra Trump e la Sente Sede
La linea dura del tycoon su immigrazione e Cina promette nuove tensioni, ma la convergenza sulla crisi ucraina e il peso del voto cattolico potrebbero aprire spiragli per un dialogo più disteso.
Una domanda interessante da porsi è come si svilupperanno le relazioni tra la nuova amministrazione Trump e la Santa sede. Ai tempi del primo mandato del tycoon, i rapporti non erano stati idilliaci. Si erano infatti registrate tensioni sia sull’immigrazione irregolare sia sulla Cina.
Ora, è probabile che, su questi specifici dossier, le fibrillazioni possano tornare. Trump, in campagna elettorale, ha promesso la linea dura contro gli immigrati irregolari. Inoltre, all’amministrazione entrante non farà certo piacere che la Santa sede abbia recentemente rinnovato l’accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi per altri quattro anni. Tanto più che il presidente in pectore ha intenzione di nominare Marco Rubio come segretario di Stato e Mike Waltz come consigliere per la sicurezza nazionale: si tratta di figure decisamente severe nei confronti di Pechino.
Tuttavia attenzione: subito dopo la vittoria elettorale del tycoon, dalla Santa sede non è arrivato un atteggiamento di chiusura. In particolare, il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha auspicato che Trump, oltre a superare le polarizzazioni nella società politica d’Oltreatlantico, «possa davvero essere un elemento di distensione e di pacificazione negli attuali conflitti che stanno sanguinando il mondo». E’ assai probabile che il porporato si stesse riferendo alla crisi ucraina, dove potrebbe registrarsi qualche convergenza con il presidente americano in pectore.
A settembre, Rubio aveva aperto alla possibilità di un accordo negoziato in Ucraina, mentre, l’anno scorso, Waltz si era mostrato scettico su un eccessivo coinvolgimento di Washington nella crisi ucraina. Questo poi non vuol dire che Trump punti a un appeasement nei confronti di Mosca: in fin dei conti, Rubio, nel 2023, è stato co-sponsor al Senato della legge che vieta al presidente degli Stati Uniti di ritirarsi dalla Nato senza l’ok del Congresso. Tuttavia è chiaro che l’amministrazione americana entrante non esclude aprioristicamente la via negoziale sul dossier ucraino. Un fattore, questo, che viene verosimilmente considerato in modo positivo dalla Santa sede.
Non va tra l’altro sottovalutato un «dettaglio» importante: e cioè che Rubio è cattolico. Non si può escludere che, nel designarlo segretario di Stato, Trump abbia considerato anche questo fattore con un occhio rivolto proprio alla Santa sede. Non dimentichiamo d’altronde che, alle ultime elezioni, il tycoon ha stravinto nel voto cattolico contro Kamala Harris. Una circostanza, questa, che potrebbe contribuire a un rasserenamento nei rapporti tra Trump e i sacri palazzi, anche se – come detto – il vero nodo sarà rappresentato dall’accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi. D’altronde, l’avversario sistemico, per Washington, continua a essere Pechino. Sotto questo aspetto, sarà anche interessante vedere come si dipaneranno le relazioni tra la nuova Casa Bianca e la Conferenza episcopale statunitense.