La Ue ci impone le case green, costringendoci a pagare o a perdere soldi
Non curante delle diversità che l'Italia per storia, cultura, clima ha rispetto al resto del mondo la Ue ha dato il via libera alle norme per avere case efficienti dal punto di vista energetico entro il 2033. Non ci resta che decidere se pagare per sistemarle o vederle deprezzate sul mercato
La commissione per l'Industria, la ricerca e l'energia dell’Ue ha approvato la proposta di revisione della direttiva sulla casa green che ha come obiettivo il raggiungimento zero emissioni, in campo immobiliare, entro il 2050. Il testo di compromesso, votato oggi, prevede dunque che gli edifici privati dovranno ottenere, almeno, la classe energetica E entro il 2030 e quella D entro il 2033. Per gli edifici pubblici i tempi sono ancora più stretti dato che dovranno raggiungere la classe F entro il 2027 e quella E entro il 2030. Le uniche eccezioni sono previste per gli edifici di pregio artistico, per quelli storici, di culto, per le seconde case e per quelle che hanno una metratura inferiore ai 50 metri quadri. Esenti anche gli edifici di edilizia residenziale pubblica, visto che una probabile ristrutturazione potrebbe portare ad una crescita dei canoni di locazione.
Obiettivi che secondo il centrodestra e le diverse associazioni di settore sono irraggiungibili e andrebbero a danneggiare fortemente il tessuto immobiliare italiano. “La realtà italiana ha caratteristiche che la differenziano rispetto a tutta Europa. Non c’è lo stesso assetto proprietario, non c’è la micro-proprietà italiana in Spagna ad esempio. Oltre l’85% dei cittadini italiani è proprietario della propria casa, e questo determina preoccupazione rispetto alle ristrutturazioni. Rispetto a questa direttiva, si pensava che il Parlamento riuscisse a intervenire in senso migliorativo, ma ciò non avviene. La differenziazione tra paese e paese deve portare a una valutazione più graduale", così Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, su RaiRadio1. Sulla stessa linea anche la Lega che in una nota spiega di aver “votata contro in commissione Itre e continueremo a dare battaglia ripresentando i nostri emendamenti di buon senso nella sessione plenaria per fermare un’europatrimoniale nascosta che rappresenterebbe un aggravio di spese e di burocrazia del tutto non necessario a settori economici già in difficoltà e a tutti in cittadini. L’efficientamento energetico è un tema che sta a cuore di tutti noi, ma va affrontato con realismo e concretezza. Non è ammissibile che sull’altare dell’ideologia green si sacrifichino categorie produttive fondamentali per la nostra economia, l’Italia faccia squadra per fermare questa eurofollia”, sottolineano gli europarlamentari Paolo Borchia (coordinatore Id in commissione Itre), Marco Campomenosi (capo delegazione Lega), Isabella Tovaglieri (relatrice ombra del provvedimento), Rosanna Conte, Alessandro Panza.
A fronte delle lacune evidenziate il centrodestra compatto questa mattina ha dunque votato no al testo di compromesso in commissione industria ed energia del Parlamento Ue. Voto che però non ha impedito l’approvazione finale dato che i maggiori partiti europei e di sinistra si sono schierati a favore della misura: "Abbiamo detto sì agli interventi per migliorare l'efficienza energetica ma prevedendo maggiore gradualità e flessibilità. Il voto di oggi in Commissione industria ed energia indica chiaramente la nostra posizione: pur condividendo gli obiettivi della direttiva Ue, abbiamo lavorato per ottenere maggiore flessibilità per gli Stati membri e l'abbiamo ottenuta", dichiara Beatrice Covassi, europarlamentare del Pd e componente della Commissione industria ed energia. “Flessibilità” che lascia un po’ interdetti. E’ infatti stata prevista la possibilità per ogni stato membro di chiedere alla Commissione di adattare i target europei per particolari categorie di edifici residenziali, per ragioni di fattibilità tecnica ed economica. Con questa clausola si potranno prevedere deroghe fino ad un massimo del 22% del totale degli immobili del paese che ne fa richiesta (in Italia il 75% degli edifici sarebbe coinvolto nelle ristrutturazioni). E secondariamente, precisa il testo, ogni stato potrà decidere in modo autonomo le misure necessarie per raggiungere gli obiettivi temporali fissati dalla direttiva. Piccolo dettaglio: quando si parla di direttive Ue e di applicazioni di queste all’interno dell’ordinamento nazionale si ha a che fare con un obbligo nel rispetto degli obiettivi fissati. Significa dunque che se si dovesse decidere che entro il 2030 gli edifici privati dovranno ottenere la classe energetica E, ogni stato membro dell’Ue dovrà centrare quell’obiettivo altrimenti si incorrerà in sanzioni. Il decidere il come raggiungere quanto richiesto dall’Ue è sempre spettato ai singoli paesi. A sottolineare questo aspetto sono anche gli eurodeputati di FdI-Ecr Nicola Procaccini, responsabile Ambiente ed Energia di FdI e Pietro Fiocchi, componente della commissione Energia che spiegano in una nota come “l’emendamento di compromesso non va nel senso che noi auspicavamo, ovvero di una maggiore ragionevolezza e flessibilità, ma anzi va nella direzione di un ulteriore radicalismo ed irrigidimento rispetto agli obiettivi che vengono posti”.
I prossimi passi legislativi
Essendo stato approvato in commissione per l'industria, la ricerca e l'energia, adesso il testo approderà a marzo in Plenaria e poi inizierà il negoziato finale tra Parlamento, Commissione e Consiglio per arrivare ad un testo definitivo.