Vasco Rossi trionfa a Roma - Recensione, scaletta e video
Tutto esaurito alla prima delle quattro date allo Stadio Olimpico, uno spettacolo trascinante con 33 brani in scaletta
A 64 anni il rocker di Zocca ha ancora una carica invidiabile e una totale padronanza dei mezzi espressi
“In bocca al lupo a tutti, ce la farete tutti. Non dovete avere paura: il nemico non è l’odio, ma la paura”. Così Vasco Rossi ha salutato i 60.000 entusiasti spettatori della prima data del Live Kom ‘016 allo Stadio Olimpico, dove si esibirà anche stasera, il 26 e il 27 giugno nelle uniche date estive del tour.
C’è chi è fan di Vasco, e chi non è mai stato a un suo concerto. Impossibile non lasciarsi coinvolgere dall’energia e dal carisma di questo moderno sciamano del rock, un catalizzatore di energia in grado di incendiare qualsiasi platea con un cocktail equilibrato di inni rock e di intense ballad.
In un’epoca come la nostra in cui la musica, sempre più liquida e deteriorabile, spesso non è altro che un mero sottofondo ad altre attività, le canzoni del Komandante sono entrate sottopelle ad almeno due generazioni di fan, che non lo considerano semplicemente una star lontana e irragiungibile, ma un impareggiabile portavoce delle loro stesse vite, riflesse come in uno specchio tra le parole dei suoi brani.
A 64 anni, compiuti lo scorso febbraio, il rocker di Zocca ha ancora una carica invidiabile, grazie anche alla corsa e al regime alimentare a cui si è sottoposto dopo la malattia, e ha una totale padronanza dei suoi mezzi, con un'espressività da consumato performer che lo rende unico nel panorama musicale italiano.
Basta guardare i suoi occhi cerulei, la sua mimica e il modo in cui muove le mani per capire esattamente che cosa sta esprimendo in quel momento, uno scambio assolutamente onesto e diretto con gli spettatori, che si sentono coinvolti in prima persona dalla sue considerazioni sull’amore, sulla società,sui rapporti interpersonali e sugli inevitabili alti e bassi della vita.
In genere nei concerti degli artisti con diversi lustri sulle spalle, i brani nuovi sono vissuti quasi come uno scotto necessario per arrivare finalmente ai grandi classici del passato. Non è stato così per il concerto di ieri, dove le canzoni dell’ultimo album Sono innocente, ma… si sono perfettamente amalgamate nella scaletta e sono state già metabolizzate dai suoi fan, che ne cantavano ogni singola strofa.
Il Komandante entra in scena alle 21.15 sulle note epiche e magniloquanti de Lo show, brano di apertura de Gli Spari Sopra nel 1993 e del Rewind Tour del 1999, affiancato dalla storica corista Clara Moroni, dal bassista Claudio “Il Gallo”, Golinelli, dal tastierista Alberto Rocchetti, dai chitarristi Stef Burns e Vince Pastano, da Will Hunt alla batteria e da Frank Nemola alla tromba e Andrea Innesto al sassofono.
Gli innesti di Will Hunt, ex batterista degli Evanescence che picchia le pelli con impressionante potenza e tecnica, e del virtuoso della sei corde Vince Pastano hanno dato una marcia in più a un gruppo già rodatissimo, soprattutto nei brani più heavy.
Dopo l'uno-due micidiale de Lo Show e Lo vedi, Vasco saluta il pubblico: "Benvenuti, bentornati, ben arrivati a Roma. Roma, non fa la stupida stasera".
Il classico Deviazioni provoca un'onda umana allo Stadio Olimpico, che prosegue anche ne L'uomo più semplice, scandito da un solido riff blues e impreziosito da un assolo di sax alla Clarence Clemons.
I ritmi rallentano nell'emozionante ballad Come vorrei, cantanta in coro da tutto lo stadio, e nella delicata Accidenti come sei bella.
Dopo anni è stata ripescata un'altra canzone molto amata del suo repertorio, l'icastica Un gran bel film, mentre la muscolare Sono innocente, in cui ruggiscono le chitarre di Stef Burns e Vince Pastano, esemplifica perfettamente la svolta heavy dell'ultimo album.
Guai, Il blues della chitarra sola e Manifesto Futurista della nuova umanità, che scatenano il coro da stadio "Vasco, Vasco" da parte dei suoi fan, chiudono la prima parte del concerto. Il rocker di Zocca tira un po' il fiato, mentre l'Interludio 2016 interpolato con la versione strumentale di Anima fragile fornisce un saggio delle doti tecniche di ciascuno degli eccellenti musicisti, oltre che della voce ricca di estensione e di sfumature della sua storica corista Clara Moroni.
La seconda parte del concerto, una vera e propria scarica di adrenalina, prende il via con l'irresistibile hard rock de Gli spari sopra, che fa scattare in piedi la solitamente compassata Sala Stampa, prosegue con il Mash up Delusa/T'immagini/Mi piaci perché/Gioca con me fino all'iconica C'è chi dice no, una sorta di manifesto del Vasco-pensiero, accompagnata da spettacolari giochi di luci che nulla hanno da invidiare ai tour delle più importanti rock band internazionali, così come l'allestimento scenico con cinque maxi-schermi e un'imponente gabbia metallica al centro del palco.
Il medley acustico è inaugurato dalla sensuale Nesun pericolo per te, dove Vasco annusa un reggiseno lanciato da una focosa spettarice, per trasformarsi poi nella tenue bellezza di Una canzone per te, Dormi Dormi, L'una per te, appassionata e latineggiante, e La noia.
Il trittico Stupendo, Sballi ravvicinati del terzo tipo e Rewind toglie gli ultimi freni inibitori al pubblico, trasformando lo Stadio Olimpico in un'immensa discoteca a cielo aperto. Il regista, durante Rewind, indugia maliziosamente su alcune avvenenti spettatrici delle prime file che si sono tolte il reggiseno per lanciarlo sul palco al loro idolo.
Siamo soli e Vivere non è facile lasciano spazio al Vasco più intimista e disilluso che, dopo tanta adrenalina, sembra voler invitare i suoi fedeli fan a un momento di riflessione, senza alcun paternalismo, prima di riconquistare i camerini.
Il bis, ricchissimo, prende il via con la trascinante Ormai è tardi, che lascia spazio al brano a sopresa, uno per ogni concerto all'Olimpico. La scelta di ieri sera è ricaduta su una versione da brividi di Sally, una delle più belle canzoni italiane degli ultimi vent'anni(è uscita nel 1996), cantata a squarciagola da tutto lo stadio in un momento di rara suggestione e di intenso coinvolgimento.
Scelta quasi obbligata per le ultime tre canzoni, con Vasco che gigioneggia come sa fare soltanto lui in Siamo solo noi, al termine della quale vengono presentati uno ad uno tutti i musicisti, fino al prodigioso assolo di batteria di Will Hunt con i tamburi infuocati in un numero quasi circense.
Gran finale con Vita Spericolata, modificata nel verso "ognuno in fondo perso dentro il suo Facebook", quasi un j'accuse al solipsismo indotto dai social network.
Ultima fermata del lungo viaggio emotivo di due ore e mezza e 33 canzoni è Albachiara, mirabile nella sua capacità descrittiva di una storia semplice, personale e al tempo stesso universale.
I coriandoli sottolineano plasticamente il climax del concerto, in cui Vasco Rossi, apparso in grande spolvero, saluta con affetto il pubblico, confermando ancora una volta di stringere saldamente in pugno lo scettro di re del rock italiano. Una monarchia illuminata di cui, all'orizzonte, non appare alcun possibile successore. [Cliccare su Avanti per scaletta e video]
La scaletta del concerto di Roma
"Lo show"
"Lo vedi"
"Deviazioni"
"L'uomo più semplice"
"Come vorrei"
"Accidenti come sei bella"
"Un gran bel film"
"Sono innocente"
"Guai"
"Il blues della chitarra sola"
"Manifesto futurista della nuova umanità"
"Interludio 2016/Anima fragile strumentale"
"Gli spari sopra"
Medley: "Delusa/T'immagini/Mi piaci perché/Gioca con me"
"C'è chi dice no"
Medley acustico: "Nessun pericolo per te/Una canzone per te/Dormi dormi/L'una per te/La noia"
"Quante volte"
"Stupendo"
"Sballi ravvicinati del terzo tipo"
"Rewind"
"Siamo soli"
"Vivere non è facile"
"Ormai è tardi"
"Sally" "Siamo solo noi"
"Vita spericolata"
"Canzone"
"Albachiara"