Nutrire il corpo e lo spirito con il digiuno
Bere soltanto liquidi o fare pause prolungate tra pasti salutari. È la formula delle cliniche di lusso dove riempire l’anima, a stomaco vuoto. Ecco i migliori luoghi per la remise en forme.
Nel film Fantozzi contro tutti, il tragicomico ingegner Ugo promette alla moglie Pina di perdere almeno cinque chili. Finisce in una clinica tremenda sotto le grinfie del professor Birkermaier, che lo sequestra in una cella, per giorni, con l’unica azzannante compagnia dei morsi della fame. Poi lo sevizia divorando una montagna di polpette, costringendolo a guardare e sbavare: la battuta «Tu mancia», mentre Fantozzi ne ruba un paio di nascosto, è nella storia del cinema. Con questo incubo nella testa, alimentato da capi burloni che gli suggeriscono di portare con sé una scorta di cibo, l’atterrito cronista di Panorama arriva in Germania con uno zaino straripante, più accessoriato dello scaffale di un ipermercato. Tra i generi di conforto imboscati fra il pc e il pigiama, barrette di cioccolato e cracker salati. Più due pacchi extra large di frutta secca, arrotolati con la biancheria intima, che non si sa mai.
Non serviranno: nella clinica Buchinger Wilhelmi di Überlingen, sulle sponde ventose e azzurrissime del Lago di Costanza, non ci sono gabbie ma stanze e suite, tra l’essenziale e lo sfarzoso. Si entra ed esce con una chiave magnetica, raggiungendo comodamente un kebabbaro, una pizzeria, una panetteria che sforna a ripetizione giganteschi brezel e burrosi lievitati. Lo sgarro aspetta a portata di camminata, ma nessuno lo contempla, o così spergiura. In caso, ogni mattina presto, bilancia canta: una pesata obbligatoria svelerà il peccato di gola. L’imperativo è digiunare, accontentarsi di the e zuppe, che danno un apporto calorico minimo ma sufficiente, sostenuto da botte di magnesio e shot di tisane allo zenzero, non appena bussa un qualche capogiro. La regola è evitare di masticare, dare requie ai denti e ai muscoli della bocca. Ti aspetti un plotone di zombie ciondolanti che cova l’ipotesi del cannibalismo, ti ritrovi di fronte un esercito di arzilli saltellanti, in grado di passare con allegra nonchalance da una classe di yoga a un’altra di stretching, da un massaggio al collo spezza-ossa (i terapisti, questo sì, sono epigoni di Rambo) a sessioni di purificazione intestinale. Sul punto, per pudore, non si dirà di più.
Con tanta sfrontata vitalità, il doping non c’entra. Il merito pare essere di un fenomeno naturale: l’autofagia. Banalizzando, il corpo mangia sé stesso. Cannibalismo ecco, però autarchico: «L’organismo utilizza proteine ormai inutili, che hanno fatto il loro lavoro. Le adopera come forme d’energia» spiega con accademica pazienza la dottoressa Arina Cadariu, che dopo una formazione solidissima tra Yale e Harvard è approdata qui, in uno dei templi mondiali del fasting, cioè il digiuno che nutre lo spirito: «Porta benefici in termini di umore e longevità, a chi ha condizioni infiammatorie o autoimmuni». Si può fare a casa, in autonomia, ma è il contesto a dare la spinta: «L’efficacia» argomenta Cadariu «dipende dalla routine della clinica. Dalle interazioni con i terapisti, gli infermieri, i medici, gli altri ospiti». È la psicologia della tribù, un rassicurante e reiterato tentativo d’imitazione: «Chi tende a isolarsi, tende a fallire».
I più centellinano le zuppe nemmeno fossero piattoni di carbonara o delizie stellate, intanto si ascoltano e si raccontano. Ritornano: qualcuno lo ha fatto 99 volte. E a te, pavido scettico che ha scelto la dieta solida ipocalorica a base soprattutto di verdure (la formula per i soggiorni brevi), i non mangianti ripetono che il digiuno cambia la vita. Intanto, scrutano i tuoi broccoli su letto di asparagi con eccitata cupidigia. «Siamo un luogo con più anime: un incrocio tra una clinica, un hotel e un monastero» elenca Leonard Wilhelmi, managing director della struttura di Überlingen, che ne ha una gemella a Marbella, tra le palme della costa spagnola. Un business a conduzione familiare, da generazioni. «Venire qui» aggiunge «significa adattarsi a un ritmo differente, scoprire cose mai provate come la meditazione, oppure fare gli esami canonici e curarsi in un contesto piacevole. Accogliamo le persone con standard adeguati, ma siamo un centro medico».
Una serietà che implica una qualche comprensibile rigidità: vietato parlare al telefono, si può solo in camera con la finestra sbarrata (i capi del cronista non hanno gradito); chi osa fumare nelle aree comuni rischia l’espulsione; si può uscire sempre, ma dopo le 23 si resta fuori. Va detto che nei dintorni, dalle 21 in poi, è calma piatta. Resiste giusto il kebabbaro, speranzoso di tentare qualche digiunante reticente. In Germania e Spagna arrivano clienti da Francia, Italia e Arabia Saudita, ma anche da Egitto e Turchia. Altri vanno in Austria, da Lanserhof Lans, vicino Innsbruck, a nord di Bolzano. È un «health resort» con 40 anni esatti di storia, dove viene proposto il programma «Energy Cuisine», che è un trionfo di preziosità alimentari come antiossidanti, vitamine e oligoelementi. Gli ingredienti sono freschi e biologici, si punta su frutta e verdura di stagione. Il digiuno è su prescrizione e supervisione medica, presentato con arguzia lessicale: «Una disintossicazione per rigenerare a fondo l’intestino e recuperare la vitalità». Da Chenot, nella vicina Svizzera o nel più remoto Azerbaigian, si prova invece la «Chenot Diet»: un quasi fasting, «un regime a base vegetale che stimola la modalità di digiuno dell’organismo». Una scorciatoia per i cuori meno impavidi, decisi ad abbuffarsi l’anima a pancia semivuota.