Estate 2020, sarà l'anno delle vacanze in barca
La sicurezza dal Covid è elevatissima ma ci sono problemi, soprattutto dovuti ai costi eccessivi
Tutto fa presagire che le vacanze estive di quest'anno saranno all'insegna dell'italianità, e per gli amanti di mare e laghi la riconquistata libertà si celebra al meglio disponendo di una barca. Non i super yacht che in Italia sappiamo costruire meglio che ogni altra nazione (il 45,9% degli ordini mondiali per barche oltre i 24 metri è nel portafoglio di aziende italiane), bensì la nautica più popolare, quella basata su natanti non immatricolati, ovvero di lunghezza fino a 9,99 metri, la flottiglia che costituisce il 70% del naviglio italiano.
Un settore dinamico nel quale l'Italia compete per produzione anche con gli Usa (che sono il nostro primo mercato di esportazione con il 24% e quasi 500 milioni di dollari), con un tasso di crescita che nell'autunno scorso, durante il salone di Genova, aveva fatto registrare un promettente +20%. Questo valore, proiettato sul fatturato globale del comparto per il 2020 faceva prevedere il raggiungimento di un giro d'affari di oltre 4,5 miliardi di euro, e ricordando la situazione terribile che si verificò nel 2013, all'indomani della crisi globale e dei disastri fatti dalle governo Monti, che azzerò la domanda interna, l'aumento in pochi anni è stato del 75% (dati Ucina), con i posti di lavoro che sfioravano le 24.000 unità.
Le vendite interne appena prima della pandemia erano tornate ad attestarsi attorno all'11% della produzione, valore che ora giocoforza sarà ridimensionato. Peccato, tra produzione di gommoni, scafi rigidi, componenti e accessori, la filiera delle piccole imbarcazioni costituisce il 70% della nautica italiana, offrendo soluzioni che possono andare da poche migliaia di euro (per un gommone a motore sotto i tre metri), fino a oltre 250.000 euro per un cabinato dell'ultima generazione. Ma rimanendo nel segmento dei natanti più piccoli ed economici, se da un lato la possibilità di leasing e di acquisti rateizzati permette di mantenere un buon livello di vendite, è nel mercato dell'usato che si registra il maggior numero di transazioni, con particolare facilità di scambi laddove unitamente al costo della barca si eredita dal proprietario precedente anche l'ormeggio (mediamente sugli 800 euro a stagione o 2500 euro l'anno), e il rimessaggio invernale (da 1.000 a 2.500 euro secondo la regione). Spese fisse alle quali bisogna aggiungere l'assicurazione (a stagione, da 150 a 500 euro), e ovviamente la manutenzione. Con la concentrazione della popolazione con più capacità di spesa nelle città, a frenare i desideri degli aspiranti marinai è la logistica più dell'acquisto.
Facendo confronto con quanto accade in altre nazioni a noi vicine, tipicamente Francia e Slovenia, da noi la nautica ha in generale un costo maggiore (tra il 20% e il 40%), motivato sia dall'estensione delle coste nazionali (7.400 km), sia dall'esclusività di determinati luoghi, siano essi marittimi (Liguria, Sardegna, Campania, ma anche Marche, Puglia-Salento ed Emilia Romagna), siano località rinomate delle acque interne come l'alto Garda o il lago di Como.
Qui, per esempio, ormeggiare un gommone di 6 metri comporta una spesa annuale che va dai 300 euro sulle gradinate di Porto Sant'Agostino fino ai circa a 2.000 euro presso il Porto di Marina. Prezzi che calano del 15% circa per il lago Maggiore. Appena al di la del confine francese, presso il porto di Garavan (Mentone), per un natante della stessa lunghezza si spendono circa 150 euro al mese e fino a 6 euro a notte per stazionamenti provvisori (che comprendono però acqua, energia elettrica e WiFi).
A contribuire a mantenere alti i prezzi in talune zone italiane è proprio la mancanza di ormeggi, come sul l'alto litorale toscano o in quello romano, dove sono frequenti le liste d'attesa e dove i posti barca vengono venduti e affittati a prezzi da monolocale nel centro storico delle città. Una breve ricerca online mostra che al Lido di Ostia il posto per una barca di 6 metri viene affittato a 115.000 euro l'anno. A San Lorenzo al Mare (Imperia), la richiesta si aggira intorno ai 3.400 euro l'anno. Una boa a Maccagno (lago Maggiore), viene ceduta a 4.000 euro.
"L'Italia offre luoghi di grande bellezza che nessuna altra nazione possiede, come avere un appartamento in una città d'arte, dunque i prezzi più alti sono giustificati", spiega Gennaro Amato, presidente di Afina, l'associazione della filiera italiana della nautica, il quale spiega: "il settore non è mai stato fermo, ha saputo riprendersi da momenti drammatici e creare posti di lavoro qualificati e trainare il Made in Italy."
Secondo l'annuario 2017 redatto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (ultimo pubblicazione disponibile), i posti barca italiani in località marine erano 158.548 ai quali bisognava aggiungere i circa 2.500 posti disponibili nei bacini interni. Il numero, che tiene conto di approdo turistico (quindi limitato nel tempo), porto turistico (tipicamente stagionale) e punto di ormeggio (comprese le boe), limita ancora un settore che potrebbe espandersi ulteriormente e portare grande indotto. A parte dove le disponibilità sono tra 3.000 e 1.000 unità (Genova, LaSpezia, Napoli, Monfalcone, Salerno, Alghero, Olbia e Palermo), se si pensa alla densità abitativa del nord Italia stride il confronto tra gli 801 posti di Pantelleria contro i 129 di Monopoli o i soli 455 di Alassio.
Che cosa resterà della capacità di spesa italiana dopo la pandemia è da vedere, certamente come in altri settori sarebbe opportuno sfruttare questo momento per attuare qualche trasformazione che favorisca lo sviluppo ulteriore della nostra nautica, cominciando proprio dal basso, dal segmento popolare. Si sa, una volta seduti a tavola, l'appetito vien mangiando.