L'arte di accogliere si impari a scuola
Non dovranno essere esperti d’intelligenza artificiale, ma figure capaci di gestire le tante potenzialità della tecnologia nel turismo. Serviranno figure con competenze nella sostenibilità e nelle relazioni con i giovani clienti, in futuro, sempre più, habitué del lusso. È la visione di CarlosDíez de la Lastra, il Ceo alla guida della scuola d’eccellenza che forma i manager
Il suo ufficio spagnolo, una scrivania ordinata più un tavolone dedicato alle riunioni, dista pochi metri da una sequenza di aule molto sui generis: le riproduzioni dei vari ambienti di un albergo, come dentro un set cinematografico. Però, non c’è nessun film da girare: «Sono spazi in cui i nostri studenti imparano a rifare i letti, a servire ai tavoli in un ristorante di lusso, a cucinare, a inventare un progetto. Come si può gestire un hotel se non si sa come funziona?» si chiede con una punta di compiaciuta retorica Carlos Díez de la Lastra, il Ceo di Les Roches, una delle più quotate scuole d’alta ospitalità al mondo, l’accademia che si è meritata il compito di formare i prossimi manager del settore: il 94 per cento di loro riceve una o più proposte di assunzione entro il giorno del diploma e un terzo diventa un imprenditore, apre una sua attività autonoma.
Fondata quasi 70 anni fa, Les Roches si sviluppa su due campus: quello visitato da Panorama Collezione, a Marbella, lungo la Costa del Sol; quello di Crans-Montana, sulle montagne svizzere. In entrambi, gli iscritti arrivano da più di 100 Paesi e approfondiscono l’essenza di una liturgia antica, che sa di ossessione per il dettaglio e di cura profonda delle relazioni umane, seppure legate da una transazione economica. In parallelo, gli iscritti imparano a prendere confidenza con le trasformazioni in corso nel mondo dell’accoglienza a cinque stelle. A prepararsi al futuro: «Anche perché» spiega il Ceo «ci troviamo in uno dei momenti più impegnativi che il nostro settore abbia mai vissuto».
Cosa sta succedendo?
Tra il 2021 e il 2025, il 65 per cento della crescita nel segmento del lusso sarà generata al di fuori dell’Europa e degli Stati Uniti. L’industria avrà bisogno di professionisti con un profilo multiculturale e un’elevata capacità di adattamento a nuovi ambienti. Ci troviamo in una congiuntura unica in cui, per la prima volta, fasce di popolazione molto giovani e con comportamenti non tradizionali stanno assumendo un ruolo rilevante come clienti.
Quali saranno i riflessi occupazionali di questa metamorfosi?
Il turismo sta evolvendo verso un modello più esperienziale. I boutique hotel, per esempio, rappresentano una tendenza interessante in questo solco, ma dovranno adattarsi alle esigenze di un viaggiatore che ha incorporato la sostenibilità nel proprio stile di vita. L’ospite di oggi cerca prodotti che abbiano un impatto positivo diretto. Di riflesso, tutte le posizioni che hanno a che fare con questo ambito cresceranno esponenzialmente nei prossimi anni.
Si parla senza sosta d’intelligenza artificiale. Avrà un impatto dirompente anche nel comparto dell’ospitalità?
Lo confermano i dati: entro il 2024, l’Ai si prenderà carico del 50 per cento delle attività automatizzate svolte nel turismo. Già oggi, il 77 per cento dei viaggiatori è interessato a utilizzare messaggi e chat per le richieste di assistenza negli hotel. L’uso della tecnologia farà risparmiare tempo, creerà un’elevata personalizzazione, anticiperà le esigenze dei viaggiatori. Ciò significa che ci saranno sempre più piattaforme, alberghi e servizi che romperanno i confini e le norme che conosciamo.
Non teme che i suoi studenti, i manager di domani, finiscano per essere messi in disparte?
Ci sono rischi, ma anche opportunità: su tutte, più tempo a disposizione per mettere al centro le relazioni e la connessione umana. Gli imprenditori devono puntare su talenti formati, intraprendenti, con la capacità di attivare il potenziale degli strumenti tecnologici. Non si tratta di essere esperti di Ai, ma di capirne l’impatto e applicare i processi più appropriati.
Nella formazione esiste un approccio diverso tra il turismo business e quello leisure?
I linguaggi sono gli stessi, perché l’attenzione all’ospitalità rimane al centro ed è la radice di tutto. Conta l’eccellenza nel servizio al cliente.
Un concetto suggestivo, ma vago. Come s’insegna l’eccellenza?
Le competenze manageriali, quelle multiculturali e linguistiche, così come l’apprendimento teorico, devono essere combinati con solidi principi etici. La ricerca di professionisti si è intensificata e la nuova realtà richiede profili ibridi e complessi. C’è bisogno di persone flessibili e adattabili. Il vero talento, oggi, è la capacità di gestire l’incertezza.