La case history Bluserena: 55 mln già investiti dal fondo spagnolo Azora nel bel paese
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La case history Bluserena: 55 mln già investiti dal fondo spagnolo Azora nel bel paese

Il CEO, Marcello Cicalò: «Destagionalizzare e internazionalizzare sono concetti chiave»

Italia fa rima con turismo. E “famiglia in vacanza” fa rima con strutture attrezzate nel fornire servizi in grado di soddisfare le esigenze di ogni singolo componente della famiglia. Un tempo si chiamavano villaggi turistici. Oggi si chiamano Resort e amano legarsi a filo doppio al loro territorio.

L’Italia ne è piena. A capo, un tempo, c’erano famiglie di imprenditori del bel paese, oggi abbiamo a che fare con fondi di investimento che vedono l’Italia come un business vincente. È il caso del fondo spagnolo Azora, primario gruppo d'investimento nel turismo europeo con sede in Spagna, che sul finire del 2021, attraverso Azora European Hotel & Leisure, ha acquisito Bluserena, uno dei gruppi alberghieri italiani più importanti, presente sul mercato da oltre 30 anni, di proprietà della famiglia Maresca.

Conta 13 resort posizionati tra le spiagge in Sardegna, Puglia, Calabria, Abruzzo e Sicilia, più il Piemonte, con il comprensorio sciistico della Vialattea. In atto un vero e proprio percorso di rebranding che è solo all’inizio e punta a incrementare il posizionamento delle strutture a livello nazionale con una mira ai mercati esteri.

Cambia la testa ma cambia anche il logo che oggi ricorda da un lato le onde del mare, dall’altro le curve delle piste da sci: come a indicare la strada verso cui si andrà in un futuro quanto mai prossimo. Cambiano poi le camere, i ristoranti, e si inizia, da qualche parte ma si inizia. Sul tavolo sono già finiti 55 milioni di euro, usati per restaurare i primi 5 resort: GranSerena Hotel e Torreserena Resort in Puglia, Serenusa Resort in Sicilia, Serenè Resort in Calabria e Calaserena Resort in Sardegna.

Complessivamente parliamo di 4.200 camere e 12.000 posti letto. Siamo, in altre parole, in casa del leader per ricettività nel Turismo Mare Italia che a fine 2022 ha nominato un nuovo CEO, Marcello Cicalò.

Marcello Cicalò, Ceo Bluserena

Dove inizia il suo lavoro?

Il gruppo era già solido prima del mio arrivo. Fare meglio di quando si fa già bene è una bella sfida. In questi mesi abbiamo attivato diversi progetti, a partire dalle ristrutturazioni di alcuni resort, che hanno interessato prima di tutto le parti pubbliche. Il 2024 sarà l’anno del Serena Majestic in Abruzzo, hotel direttamente sulla spiaggia”.

Perché un fondo di investimenti spagnolo sceglie l’Italia?

“L’Italia è una delle destinazioni più ambite, da alcuni anni. Per gli Stati Uniti è la prima destinazione e in Italia le opportunità per chi vuole investire sono infinite. Tanti alberghi sono gestiti o di proprietà di piccole e medi imprese. Questo per i grandi gruppi è un’opportunità da non lasciarsi sfuggire. La visione di Azora? Investire sul Bluserena anche come brand. L’operazione però è duplice perché si vogliono acquisire nuovi assett”.

Come si riposiziona un brand alberghiero? Sono cambiate le richieste del mercato?

“Non necessariamente. Oggi il Bluserena ha un enorme indice di gradimento da parte dei suoi clienti più affezionati, che in alcuni casi soggiornano da noi da più di 20 anni. Il 50% dei nostri ospiti sono dei repeat. Si è scelto di riposizionare il brand per dare un’immagine più al passo con i tempi”.

E qui si inserisce la campagna che avete fatto su Milano.

“Esatto. Abbiamo un’enorme percentuale di clientela italiana, quasi il 90%. Ma prima di andare all’estero, che sarebbe la prima valutazione da fare, ci siamo accorti che questa clientela per l’80% arriva da Roma in giù. Nella parte settentrionale dell’Italia c’è una forte potenzialità. La Lombardia ha un alto intesse verso le destinazioni mare e quindi ecco spiegata la nostra campagna di comunicazione. Il claim scelto è stato La vacanza che resta”.

Obiettivo dichiarato: espandersi. In che direzione?

“Guardiamo le regioni in cui siamo già presenti, perché molto richieste. In Sicilia abbiamo solo un albergo, in Sardegna ne abbiamo due, come anche in Calabria. Nel radar si inserisce anche l’Emilia-Romagna, molto organizzata dal punto di vista dei servizi, come anche i laghi italiani”.

Che servizi richiedono i mercati esteri?

“Partirei dalla cartellonistica in inglese, appare ovvio come aspetto ma evidentemente non lo è. Se aumentano i flussi, tutto quello che prima era comunicato in italiano, ora è da comunicare almeno in due lingue. In questo ragionamento si inserisce l’animazione. Il cabaret in italiano se hai un 20% di clientela straniera è da modificare, diversificare. In alcuni paesi la vicinanza con la spiaggia è estremamente importante, per altri conta maggiormente quante piscine si hanno. Un aspetto importante è la flessibilità a livello gastronomico. Gli americani fanno lunghe vacanze ma amano girare, visitare luoghi e quindi i loro soggiorni sono brevi”.

Volete allungare la stagione. Ma come?

“Aumentando gli eventi in bassa stagione, per esempio. In Sicilia il tempo è bello per 8 mesi all’anno, è la prima regione che si presta ad un allungamento della stagione. Poter aprire a maggio sarebbe un bell’inizio”.

Gli stranieri da dove arrivano?

Sono prevalentemente europei. Arrivano dalla Germania, Francia, Spagna e qualcuno dall’Inghilterra. Vedo delle grandi opportunità del nord Europa: sono popoli itineranti.

Forza lavoro. In piena stagione arrivate ad avere 2.500 dipendenti. Dove li trovate?

“Investiamo enormi risorse nella selezione e formazione. Abbiamo poi un Academy per formare tutte le persone selezionate. Ogni anno passiamo da 100 dipendenti in inverno, a 2.500 in alta stagione. Fare ospitalità è percepito come un lavoro molto faticoso, soprattutto se sei nel comparto operativo. Parlo dei camerieri, manutentori, lavapiatti. I giovani non vedono nessun appeal, eppure è un lavoro bello, pieno di passione che andrebbe raccontato in modo diverso.

Sarebbe interessante portare a casa un’altra struttura in montagna, ci permetterebbe di estendere i contratti di una fetta di dipendenti. In tal senso guardiamo al Piemonte e al Trentino-Alto Adige”.

Il mestiere più difficile?

“Quello che si fa senza passione. La figura professionale più difficile da trovare sono invece i camerieri ai piani, quelli in sala e i manutentori specializzati”.

Una bella fetta di fatturato arriva dal turismo enogastronomico. Avete pensato ad una chicca? Un ristorante Michelin, per esempio.

“Stiamo facendo un progetto interessante in tal senso in Puglia, da Ethra Reserve. Abbiamo fatto dei test per un ristorante gourmet da 40 coperti. Un format molto richiesto da un certo tipo di clientela alto spendente. Qui gli investimenti saranno finalizzati nel 2024”.

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Nadia Afragola