Cultura e buon vivere
Sono cresciuto in Franciacorta, terra di colline e splendidi paesaggi, oltre che di ottimo vino e straordinari ristoranti.
Tuttavia, quando io ero un ragazzo la Franciacorta non era quella che in tanti ora conoscono. Era una zona di provincia poco frequentata, che nessuno avrebbe immaginato capace di attrarre turisti. Al massimo d'estate si raggiungeva il lago d'Iseo, che a quel territorio vocato alla coltivazione della vigna fa da contorno.
C'erano le torbiere, dove senza andar troppo per il sottile con il rispetto della natura si estraeva la torba. C'erano le cave e le fornaci, dove si producevano mattoni e coppi per le case. C'era qualche fabbrica tessile, altre in cui si facevano stufe e fornelli da cucina. Ma di turismo neanche l'ombra. Sì, qualche ricca famiglia bresciana aveva la casa di campagna, ma più per coltivare la terra che per trascorrervi una vacanza. E gli unici che facevano vino che non fosse per il consumo personale erano i Berlucchi, i primi a mettere in bottiglia quel nettare con le bollicine, come si usava in Francia.
Ecco, ripenso a quegli anni da ragazzino e studente e ammetto che mai avrei immaginato che la Franciacorta diventasse una meta frequentata da persone che vogliono rilassarsi, mangiare bene e bere meglio. Tutto potevo pensare tranne che da Milano o dall'estero venissero per camminare in mezzo alle vigne, rilassarsi e prendersi cura di sé stessi. Non so come sia iniziato il fenomeno che da mezzo secolo ha portato a una profonda trasformazione del territorio e alla crescita del suo Prodotto interno lordo, oltre che a una miglior qualità della vita di chi ci abita. Posso solo dire che il cambiamento è stato progressivo e radicale e oggi, fatte le debite proporzioni, la zona è un po' la nostra montagna di Reims o la valle della Marna, cioè il cuore dello champagne.
Merito di grandi imprenditori, come Vittorio Moretti, patron di Bellavista, che oltre a produrre un meraviglioso vino anni fa volle trasformare le cave in laghetti e attorno a essi realizzare un campo da golf, facendolo disegnare a un architetto americano. Sempre lui creò l'Albereta, acquistando una vecchia residenza nobiliare sulla collina e realizzando un relais di lusso, dove ai tempi portò il miglior cuoco italiano, Gualtiero Marchesi, e il più noto nutrizionista ed esperto di wellness, Henri Chenot. Merito anche di Maurizio Zanella, figlio di un imprenditore nel settore dei trasporti, che però fin da giovane si appassionò alla vigna, creando delle fantastiche cuvée. O di Franco Ziliani, il primo che mettendosi in società con la famiglia Berlucchi intuì la potenzialità di quelle bottiglie che sprizzavano allegria.
Oggi in Franciacorta ci sono più di cento produttori di vino con le bollicine, cui si aggiungono ristoranti di qualità, alberghi, percorsi della salute, eccetera eccetera. Da terra povera, dove in molti scappavano, abbandonando la campagna e le cascine per trasferirsi in luoghi più promettenti, quel pugno di case è diventato meta turistica e di soggiorno. Ma anche di lusso.
E i terreni che prima erano abbandonati ora sono ricercati, per piantarvi altri vigneti. Se un tempo tutto ruotava intorno a Corte Franca e a Erbusco, ora la Franciacorta va da Cellatica a Capriolo.
Ho raccontato una storia che conosco da vicino, della trasformazione di un territorio nel corso degli anni, che da povero è diventato ricco, grazie al vino e a una narrazione che lo ha reso famoso.
Ovviamente altre zone, che non erano considerate particolarmente turistiche o, per lo meno, non così fortemente turistiche, hanno scoperto delle potenzialità inespresse. Basti pensare al lago di Como, che oggi è una delle realtà a maggior attrazione, con un numero di alberghi a 5 stelle che solo venti anni fa era impensabile. E pure si può guardare a Milano, capoluogo che agli inizi degli anni Sessanta Giorgio Bocca descriveva come una città plumbea, afflitta da un traffico impossibile e da una patina di smog che rendeva l'aria irrespirabile. Oggi Milano non è soltanto industria, ma è arte, design, studio oltre che affari, al punto da essere indicata come meta turistica. Potrei continuare con Bergamo o Mantova e con tante altre realtà in trasformazione.
In tutti i casi, il dato che balza all'occhio è la qualità dei servizi, l'eccellenza della ristorazione e dell'accoglienza, punti di forza che hanno reso la Lombardia una regione in cui si mischiano cultura e piacere di vivere, dove divertirsi e prendersi cura di sé stessi. Lo avreste mai pensato negli anni Settanta?