ristoranti toscana
(Linfa)
Italia

Dove la cucina è arte

Per gli appassionati di enogastronomia, sedersi ai loro tavoli è un privilegio: qui il cibo non è solo nutrimento per il corpo, ma anche per l’anima.

Alcuni chef sono veri artisti, capaci di meravigliare e meravigliarsi ogni volta. Per gli appassionati di enogastronomia, sedersi ai loro tavoli è un privilegio: qui il cibo non è solo nutrimento per il corpo, ma anche per l’anima. La cucina è l’esperienza più sensoriale e, come ogni forma d’arte, è soggetta a interpretazioni e dibattiti. Gli chef contemporanei si impegnano quotidianamente a spingersi oltre i confini della cucina, sperimentando nuove tecniche, accostamenti inediti e presentazioni sorprendenti per suscitare sensazioni uniche e indimenticabili.

A San Gimignano, la città delle belle torri, sorge un autentico tempio del gusto: Linfa, un’oasi culinaria nata dall’ispirazione che ha dato vita al celebre Cum Quibus. Linfa non è solo un ristorante, ma un’esperienza multisensoriale, un luogo dove l’arte culinaria si fonde con opere d’arte, e dove i colori della sala si riflettono nelle creazioni dello chef Vincenzo Martella. In questo locale si viene per innamorarsi della cucina, lasciandosi avvolgere dal fascino intramontabile della Toscana. A soli dodici mesi dalla sua apertura, Linfa ha conquistato la prestigiosa stella Michelin nel 2020, simbolo del suo impegno per il benessere e la felicità dei suoi ospiti.

A guidare questa eccellenza è Lorenzo Di Paolantonio, figura di spicco con una profonda conoscenza del territorio e una formazione come sommelier. Accanto a lui, lo chef Vincenzo Martella, maestro dell’etica culinaria e promotore della filosofia «no waste», in cui ogni parte degli ingredienti trova valorizzazione. Il piccione, ad esempio, chiamato "97" per indicare il 97% del suo utilizzo, è uno dei simboli di questo approccio rispettoso. Il menu di Linfa, che spazia tra terra e mare, offre piatti che sono autentiche opere d’arte, come la seppia in stile risotto alla pescatora, i tortelli maremmani con albicocca concentrata e brodo alla rosa canina, e il celebre piccione. Completa l’esperienza il sommelier Cesario delle Donne, custode di una cantina con 1100 etichette da tutto il mondo. Qui, tra sapori, colori e profumi, si può scoprire la Toscana più autentica e raffinata.

A Firenze, Ora d’Aria di Marco Stabile è un ristorante che ricorda il laboratorio di un artista rinascimentale. Situato dietro gli Uffizi e a pochi passi da Ponte Vecchio, questo locale affascina con la cucina a vista e un affresco firmato dall’illustratore Gianluca Biscalchin. All’ingresso, una targa reca un messaggio speciale: «La mia stella sei tu», un omaggio ai clienti e un monito ai giovani chef, che non devono dimenticare mai che le vere stelle sono i clienti e non un simbolo su una guida. Qui si assiste a una danza culinaria, con la brigata di cucina che lavora come in una coreografia. Marco Stabile seleziona con cura materie prime di eccellenza, trasformandole con rispetto e attenzione per raccontare la sua vita e le sue esperienze. I suoi piatti, raffinati come Firenze stessa, hanno un carattere unico, radicato nella tradizione ma aperto al futuro come la cipolla caramellata all’alchermes con crema di zafferano tra gli antipasti, raviolini di fagiano, crema di foie gras, liquirizia tra i primi, lepre in Royale, arancia e tartufo nero tra i secondi. Degustare le creazione dello Chef Marco Stabile a Ora d'Aria significa immergersi in un'esperienza che va oltre il semplice piacere, rappresenta un vero e proprio rifugio per coccolare corpo ed anima.

Un altro ristorante di spicco è Il Frantoio a Colle di Val d’Elsa, nella storica Piazza Duomo, situato all’interno del Palazzo Giusti. Qui, lo chef Jacopo Pereira propone una cucina toscana reinterpretata in chiave moderna, accompagnato dall’imprenditore Pietro Sammicheli. Il locale mantiene l’atmosfera di un antico frantoio del 1800, con i macchinari originali che evocano il passato. Tra gli antipasti imperdibili c’è la sfera di fegatini di pollo con amarene e pistacchi, un’evoluzione del tradizionale paté. Il piatto simbolo dello chef è lo spaghetto Mancini affumicato al legno di faggio, con aglio nero, polvere di capperi e colatura di alici, servito sotto una cloche per preservare l’affumicatura. Tra i secondi, spicca il piccione con albicocca e gel di mandorla una combinazione audace e raffinata. Per chi cerca qualcosa di più di un semplice pasto, Il Frantoio è un rifugio di emozioni.

Come affermava Gualtiero Marchesi, «La cucina è di per sé scienza, sta al cuoco farla diventare arte». E in questi luoghi, gli chef trasformano la scienza della cucina in una vera e propria espressione artistica, creando esperienze che restano nel cuore e nella memoria di chi ha il privilegio di viverle.

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Federico Minghi