La Garfagnana di Giovanni Pascoli
(Antonio Lopez)
Italia

La Garfagnana di Giovanni Pascoli

Alla scoperta della Garfagnana, una terra di storia, bellezza e poesia, dove la natura incontaminata e i luoghi leggendari hanno ispirato grandi poeti come Dante, Ariosto e soprattutto Pascoli

«La chiamano la valle del bello e del buono. Dove il tempo non corre e la vita scorre serena come una volta. Vi si arriva da Lucca seguendo il nastro azzurro del fiume Serchio che la risale sinuoso tra le monumentali guglie delle Apuane e le morbide montagne dell'Appennino. Si chiama Garfagnana e ti sorprende per la selvaggia bellezza, i verdi paesaggi e la natura superba».

Antonio Lopez, pugliese di Margherita di Savoia, vive sulle Colline fiorentine. Giornalista professionista, fotoreporter, coautore televisivo e di documentari, storica firma di Airone di cui è stato redattore dal 1989 al 2021, continua a fare della divulgazione scientifica e della saggistica ambientale una professione e una missione.

Missione che oggi approda nella verde Garfagnana…

«Per i geografi è l'alta valle del Serchio che sale al Passo delle Radici e ai contrafforti appenninici del Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano. Per chi la vive e l'ama è una terra che ti conquista con un paesaggio antico fatto di borghi medievali, pievi, castelli e rocche aggrappate come nidi d'aquila a rilievi rocciosi e ammantati di lussureggianti foreste. Una terra dal cuore contadino e dall'animo poetico che già qualche chilometro prima, mentre la risali all'altezza di Borgo a Mozzano, t'incanta con una specie di dinosauro di pietra dalla gobba pronunciata appollaiato sul Serchio».

Ci troviamo al cospetto di un monumento storico…

«E’ l'Arco medievale della Maddalena, noto con il nome di “Ponte del diavolo”, un'opera in cinque archi, probabilmente voluta dalla Contessa Matilde di Canossa nel secolo XI, la cui forma ardita e asimmetrica è all'origine della leggenda che si racconta sul suo conto. Si dice che sia stato costruito in una sola notte, per opera di “quell'amico”, il diavolo appunto».

Non si raccontano solo leggende sulle rive del Serchio. Questa è anche una valle di poeti, tra i più grandi che l'Italia abbia avuto.

«Dante Alighieri si dice abbia tratto l'ispirazione per descrivere l'antro dell'Inferno nella Divina Commedia visitando l'Orrido di Botri, la spettacolare gola calcarea dalle pareti ripide scavate dalle acque del Rio Pelago, alle pendici del Monte Rondinaio e Tre Potenze, vicino Bagni di Lucca. E Ludovico Ariosto, autore dell'Orlando furioso, che nel 1522 venne a Castelnuovo Garfagnana (dove troneggia in suo onore la Rocca Ariostesca, il palazzo simbolo della città) per governare questa terra per conto di Alfonso I d'Este che da poco l'aveva annessa al suo Ducato di Ferrara, Modena e Reggio».

E in tempi più vicini a noi Giovanni Pascoli…

«Il poeta che tutti ricordiamo per La cavallina storna e il fanciullino che non vuole rassegnarsi e “non sa” morire, che scoprì il luogo nel 1895 e se ne innamorò perdutamente. Fu lui a dire della Garfagnana che “Cercavo un luogo appartato e solitario dove fare certi miei poveri lavori e ribevermi certe mie povere lacrime in pace. Venni a Barga. Vidi che c'era bello, e sostai. Ora la vostra accoglienza, o cittadini di Barga, mi dice che in questi luoghi c'è il buono. Dove è la bellezza e la bontà il cuore dell'artista non ha altro a desiderare. Io rimarrò qui”».

Pascoli ha segnato la storia e l'anima di questa valle.

«Vi arrivò per stabilirsi definitivamente qualche anno dopo, nel 1902, quando comprò la villa di campagna di Castelvecchio, sul colle di Caprona, nel comune di Barga, vicino a dove il “... bel Serchio dai mille colori, ora tutto verde, ora cilestrino, ora tra il verde e azzurro ci corre! ... e dove non c'è palmo di terra che non sia solcato dall'aratro e sconvolto dalla vanga”, come scrisse in Un paese donde si emigra».

Una dimora ispiratrice…

«Nella “bicocca con attorno un po' d'orto e di selva” (come l'amava definire) sul colle di Caprona di Castelvecchio, vi scrisse le opere più importanti della sua produzione letteraria, dai Poemetti ai Canti di Castelvecchio. La villa la comprò con i soldi ricavati dalla vendita di 13 medaglie d'oro vinte in diversi anni al Premio di composizione poetica latina di Amsterdam, in Olanda, e ci visse con la sorella Mariù fino a prima di passare a miglior vita nel 1912».

L'edificio è monumento nazionale e sede del Museo casa Pascoli e della Fondazione dedicata al poeta.

«Nello studio il poeta aveva tre scrivanie: la prima per comporre le poesie, la seconda per la prosa latina e l'ultima per gli studi su Dante Alighieri del quale era un profondo conoscitore. Si spostava da un tavolo all'altro, a seconda di ciò che doveva scrivere, in biblioteca ci sono 61.000 documenti d'archivio catalogati, tra lettere, libri, opuscoli e riviste che lui consultava. Tra i mille ricordi, gli abiti, la paglietta, il cilindro per le grandi occasioni, il fucile da caccia che sparò un solo colpo, le foto di famiglia. Colpisce il calendario giornaliero: è fermo al 6 aprile del 1912».

E’ la data della sua morte…

«Aveva 57 anni. La sorella non lo ha più sfogliato. Per lei, quel giorno, si è fermata la vita. Anche il giardino è rimasto come allora, un esempio di come erano fatte le aziende agricole tradizionali della Valle del Serchio. La proprietà era composta da porzioni di terreno lavorato con pioppi, viti e alberi da frutto, un vigneto, un oliveto, un orto, un prato, un pascolo e alcuni pezzi di castagneto; e, come Pascoli aveva scherzosamente dichiarato, egli era diventato signore dei sette eti, ovvero: frutteti, vigneti, noceti, pioppeti, querceti, castagneti, uliveti».

Si narrano dei particolari…

«C'è anche un pozzo e, sotto una colonna, è sepolto il cagnolino Gulì, la terza “persona” della famiglia; morì nel gennaio del 1912, due mesi prima che il poeta andasse a curarsi a Bologna, dove si spense per cirrosi epatica. Pascoli e Mariù sono nella tomba di famiglia, all'ingresso della modesta villa, dove c'è una cosa che incuriosisce: a fianco della lapide c'è una fessura che consentiva alla sorella di toccare, durante le preghiere, la bara del fratello».

Cosa spinse Pascoli a scegliere quest'angolo di Toscana, lui nativo di San Mauro di Romagna?

«Venire qui per lui fu come nascere una seconda volta. Scelse un giorno preciso per farlo, il 15 ottobre (era il 1895) data di nascita del poeta latino Virgilio. L'ultimo figlio di Virgilio (come lo definì Gabriele d'Annunzio) venne con un disegno di salvezza: quello di liberare il mondo dai suoi mali (la crudeltà, la cupidigia, l'ossessione del guadagno) e per farlo c'era bisogno di raccontare nuovamente l'amore per la campagna, per la natura. E questa è anche la modernità di Pascoli, perché vede in anticipo ciò che accadrà molti decenni dopo».

Prima di lasciare la verde Garfagnana con i suggestivi borghi di Barga, Castelnuovo, Castelvecchio, Castiglione, Corfino, ecco un'ultima bella sorpresa.

«A Ponte di Campia, sulla strada che da Castelnuovo porta a Gallicano, c'è l'antica osteria che frequentava il letterato, allora gestita dall'amico oste Luigi Lemetti. Si chiama Al ritrovo del platano, e del poeta si conservano foto, dediche, quadri, calesse, tavolo di ferro, bicchiere, litro per il vino e le posate numerate. In questo ambiente carico di poesia, accompagnato da buone minestre di farro, gustosi insaccati e pane di forno a legna contadino alle patate, si può assaggiare grazie alla ricerca di Gabriele Da Prato, un giovane viticoltore pronipote di Lemetti, il Melograno. È un vino rosso fatto con una percentuale di vecchi vitigni “resuscitati” da quelli coltivati dal poeta».

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Egidio Lorito