I paesaggi della storia della Fondazione Museo storico del Trentino
(Alessandro De Bertolini)
Italia

I paesaggi della storia della Fondazione Museo storico del Trentino

Lo studio del paesaggio come fonte della storia e come oggetto della geografia culturale: di questo si occupa il settore di studi sulla storia del territorio della Fondazione Museo storico del Trentino, con sede a Trento: l’interesse alle grandi trasformazioni che hanno riguardato le aree dell’Arco alpino negli ultimi secoli.

Alessandro De Bertolini, responsabile del settore sulla storia del territorio della Fondazione Museo storico del Trentino, ci spiega cosa sono i processi di territorializzazione.

Il settore del territorio della Fondazione Museo storico del Trentino studia le trasformazioni prodotte dall’uomo…

«L’attenzione è posta sui “processi di territorializzazione”, quelli che hanno trasformato “l’ambiente naturale” in “paesaggio culturale” attraverso le azioni dell’uomo. Oggetto di studio sono i lunghi percorsi di addomesticamento attraverso i quali le comunità alpine hanno creato modelli di vivibilità sostenibile in montagna – nelle aree di mezza montagna fino ai margini delle terre alte – trasformando le Alpi in una delle catene montuose più abitate della Terra. Come un libro da leggere, come un grande museo a cielo aperto, il paesaggio alpino può essere così interrogato, alla scoperta delle nostre radici, poiché restituisce i segni delle comunità che lo hanno abitato e dei cambiamenti che lo hanno interessato».

Quali sono le finalità di questa attività di ricerca?

«La divulgazione e la restituzione dei contenuti maturati durante le ricerche attraverso l’allestimento di mostre e percorsi espositivi sul territorio e presso le Gallerie (lo spazio espositivo della Fondazione Museo storico del Trentino), la pubblicazione di libri editi dalla Fondazione, la realizzazione di momenti seminariali o convegnistici, l’incontro con gli studenti e con i docenti, la produzione di format televisivi per History Lab -il canale televisivo del digitale terrestre dedicato alla storia, un progetto di divulgazione nato oltre dieci anni in seno alla Fondazione. Accanto a questo, tra le finalità vi è anche il perfezionamento di nuovi rapporti di partnership con enti culturali di natura sia pubblica sia privata, di area prevalentemente provinciale e ma anche regionale e nazionale».

Senza dimenticare il patrimonio “archivistico”

«Le nostre ricerche non possono farne a meno. Mi riferisco al complesso di materiali provenienti dal territorio, come documenti, fondi fotografici, materiali audiovisivi e videointerviste ai “testimoni della storia».

Lei ha parlato di “trasformazioni” prodotte dall’uomo…

«Mi riferivo, per esempio, alla storia dell’industria idroelettrica e alla sistemazione degli alvei dei corsi d’acqua. Per quanto riguarda la produzione di energia, si pensi a quanto e come i bacini artificiali hanno mutato volto al territorio. In alcuni casi – penso alla costruzione della diga di Santa Giustina in Val di Non, realizzata tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50 – le cronache del tempo parlavano di un “fiordo norvegese” che si faceva spazio tra le vallate alpine».

C’è stato anche un forte intervento per la sistemazione di alvei e corsi d’acqua.

«Penso ai molti interventi di memoria ottocentesca, come quelli sul “raddrizzamento” del fiume Adige lungo tutto il fondovalle, in entrambi gli attuali territori delle provincie autonome di Trento e Bolzano. Ma anche alle stagioni più recenti, con la sistemazione dei torrenti nelle vallate laterali a opera delle istituzioni contemporanee, che nacquero e si perfezionarono soprattutto a seguito dell’alluvione del 1966. Ecco, a proposito di grandi trasformazioni, questi sono solo due esempi».

L’Arco Alpino ha visto la realizzazione delle grandi arterie viabilistiche e trasportistiche, non possiamo dimenticarlo!

«Gli esempi sono eclatanti. Il Trentino e il Tirolo hanno visto la costruzione della ferrovia del Brennero, nel corso dell’800, e dell’Autostrada del Brennero, i cui lavori si svolsero tra il 1964 e il 1974, anno in cui l’A22 aprì al traffico su tutti i suoi 314 km di sviluppo da Modena al Traforo. Accanto a queste opere infrastrutturali, che ci riportano ai tempi delle sfide affrontate da amministratori e progettisti per risolvere i problemi della viabilità alpina, penso anche ai temi della pianificazione urbanistica nella seconda metà del secolo scorso».

Il tema riguarda non soltanto le città alpine ma anche gli insediamenti nelle aree periferiche.

«Il ricordo corre agli anni della modernizzazione, del boom economico e dei processi di territorializzazione legati alla nascita del turismo, fino ai fenomeni recenti dell’overtourism. Penso inoltre alla svolta epocale che ha visto il passaggio graduale dalle terre incolte alle terre coltivate, quindi alle enormi trasformazioni prodotte dalla diffusione dei paesaggi agricoli fino alla nascita dei moderni modelli frutticoli di tipo intensivo e industriale: la vite, il melo, l’ulivo, i cereali, gli orti, la castanicoltura, la nocicoltura e molto altro».

Sentiamo spesso parlare di interventi “artificiali” in senso negativo. Ma è proprio così?

«Niente affatto. L’artificiale può presentarsi nelle Alpi anche come elemento positivo. La presenza dell’uomo sulle Alpi è un valore aggiunto e il paesaggio culturale delle Alpi è opera dell’uomo: il prato, il pascolo, la foresta coltivata, molto altro. Senza la presenza delle comunità alpine questa nostra catena di montagne sarebbe molto più povera e meno significante. Robert Herzt, allievo del sociologo Émile Durkheim, aveva visto nelle Alpi un meraviglioso contenitore di culture plasmate dall’adattamento alle sfide ambientali».

E’ la vera ricchezza dell’Arco Alpino, in fondo…

«Ricchezza che deriva non solo dal patrimonio di biodiversità che le Alpi conservano, ma anche dalla straordinaria varietà di culture e comunità (etnodiversità) che le popolano. Recentemente, nel corso di una importante mostra che abbiamo realizzato a Le Gallerie di Trento, abbiamo cercato di spiegare proprio questi percorsi».

Siamo curiosi!

«S’intitolava “ALPS. Comprendere la montagna”: una mostra promossa dalla Fondazione Museo storico e da STEP (la Scuola per il governo del territorio e del paesaggio) assieme a molti altri enti (tra questi il CAI Club Alpino Italino e la Fondazione Dolomiti Unesco). Scopo dell’evento era la volontà di ragionare sulla comprensione della montagna come paesaggio culturale, come spazio di vita, come territorio che richiede sempre e più urgentemente politiche di governo consapevoli e condivise».

Le Alpi sono una terra di mezzo…

«Una macroregione al centro dell’Europa, un grande laboratorio transnazionale e multietnico per la sperimentazione di modelli di vivibilità sostenibile».

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Egidio Lorito