In viaggio nella Magna Graecia
(Ansa)
Italia

In viaggio nella Magna Graecia

A colloquio con Francesco Sisinni, prestigioso estetologo e stretto collaboratore del Ministro Giovanni Spadolini che nel 1974 lo coinvolse nella creazione del nascente Ministero per i beni culturali e ambientali, divenendone prima segretario generale del Consiglio nazionale e poi Direttore generale per circa vent’anni

Cultore della lingua italiana e “Dantista”, membro di prestigiose accademie ed istituti culturali nazionali ed internazionali, dalla sua Maratea Sisinni continua a vergare pagine per spiegare alle nuove generazioni come conoscere e far conoscere il patrimonio culturale del nostro Paese. «Semplicemente viaggiando in Italia».

Professore, lei continua a ricercare dal passato gli stimoli per le nuove generazioni.

«Ho compreso da giovinetto che il passato, che si fa memoria, fa rivivere momenti di vita significativi per la conoscenza, utili per l’arricchimento dell’esperienza e fecondi di proficui insegnamenti. Forse sono nato con la vocazione della ricerca! Sta di fatto che abitare l’antico e auscultare la parola del passato mi hanno insegnato a vivere nella norma, rispettando con la mia libertà quella degli altri, e ad avere sempre più fame e sete di conoscenza. Mi hanno aiutato la scuola dei miei genitori, fatta più di testimonianze che di lezioni e il Cristianesimo nella sua purezza evangelica».

Un viaggio, il suo, condiviso con personalità di prestigio della vita politica del Paese…

«Ho iniziato così il cammino nel lavoro, sin dall’inizio difficile quanto stimolante, ove ho incontrato tanti maestri tra cui i ministri Amintore Fanfani, Luigi Gui, Mario Pedini il presidente Aldo Moro e Giovanni Spadolini, con cui ho vissuto la stupenda avventura della creazione del Ministero per i beni culturali e ambientali».

E non ha mai dimenticato le “nuove generazioni”…

«Ricordo sempre con slancio che nel licenziare alla stampa il mio “Ritratto di Calabria. Uomini, evi ed eventi” (Rubbettino, 2001), proprio per valorizzare il tema della Magna Graecia, ritenni di dedicare il mio lavoro, in particolare, ai giovani di questa terra, nell’auspicio che la memoria del passato e la lezione del presente suscitassero nei loro spiriti una nuova inquietudine, per una salutare provocazione o -meglio ancora- per una responsabile sfida».

A proposito di Magna Graecia: la prospettiva oggi sembra essere mutata…

«La citazione di Corrado Alvaro, riferita alla Calabria (“paese e gente difficile”) in particolare, non poteva mancare! E oggi anche una conversazione sul tema potrà offrire l’occasione per una nuova riflessione, auspicabilmente proficua, sulla realtà di una terra la cui complessità si misura nella molteplicità e varietà delle sue peculiarità e vocazioni, ma anche dei suoi remoti e recenti problemi e la cui profondità si scandaglia negli abissi di una civiltà antica che, tuttavia, non ha mai cessato di rinnovarsi. E’ vero, si è trattato a volte di un rinnovamento tardo ed appena percettibile, a volte frammentario e discontinuo nell’intensità e nella tensione, ma il passato aulico non si cancella certo».

Professore il tema riguarda il Sud in genere.

«In effetti, in gran parte del Meridione d’Italia, lo svolgimento storico si identifica, quasi sempre, in un “viaggio lento”, un andar piano che, tuttavia, risparmia a chi lo compie, le alienazioni delle civiltà convulse, come i riti assurdi di dispotismi consumistici, paludati di tecnologia o, addirittura, di scienza. E non v’è dubbio che questa sorta di “andare piano” agevoli l’appropriazione spirituale del paesaggio e procuri spazi imprevedibili alla mente e al cuore, ovvero alla speculazione e alla creatività».

Percepiamo questa conversazione come una sorta di “lectio magistralis”. D’altronde è il suo campo!

«Mah, interpretazioni giornalistiche… Sono da sempre consapevole che questo tipo di narrazione permetta di capire meglio il senso di un viaggio a ritroso nel tempo, alla ricerca dei momenti più esaltanti della millenaria storia della Magna Graecia, tra grecità, ellenismo e complesse stratificazioni culturali. Tra le mie pubblicazioni, almeno tra quelle afferenti al tema della nostra conversazione, il confronto con questo passato irresistibile è praticamente sempre presente».

Un “viaggio” evocato in molti suoi saggi…

«E’ il “viaggio lento”, appunto, verso la conoscenza del passato come carburante della cultura che ho seguito in saggi come “Alla festa di Olimpia. Storia del bello, dell’arte e della tutela”, “Riflessioni sulla bellezza”, “La bellezza venuta dal mare”, “Ritratto di Calabria. Uomini, evi ed eventi”, “I Beni Culturali per lo sviluppo di Napoli”, “La Lucania e il suo patrimonio culturale”. Ebbene, in tutti il tema del “viaggio” emerge con la forza di un peregrinare costruttivo, che prende forza da questo passato glorioso per approdare alla nostra contemporaneità. Per altro uno dei miei libri, richiestomi dalla casa editrice Città Nuova, si intitola “In Viaggio”».

Professore, i saggi appena citati sono un balcone spalancato sulla “grecità”…

«Pur datati nel tempo, questi i saggi sono più attuali che mai! Si ripete da anni -ed a ragione- che in Italia e soprattutto in quella meridionale, natura e cultura rappresentino le carte utili da giocare: sappiamo bene che il gioco può essere rischioso, quando si immette sul mercato degli affari -quasi fosse merce comune- ciò che invece appartiene al mondo dei valori e perciò al profitto dello spirito».

E da queste parti le garanzie non mancano.

«Le radici sono forti e le terre a sud di Roma non cessano di essere al centro dell’interesse culturale praticamente da quando accolsero i “viaggiatori” che dalla madre patria -la Grecia classica, appunto- si diressero verso la Sicilia, la Calabria, la Puglia, la Basilicata e la Campania. E sappiamo parimenti bene che proprio per tali ragioni, qui, più che altrove, la valorizzazione del patrimonio fino alla promozione anche economicamente proficua, non può non passare che nella responsabile tutela dello stesso».

Cosa vuole dire, ci perdoni?

«Semplicemente che, per il ragionamento che sostengo, nelle terre meridionali la natura si fa un tutt’uno con la cultura ed entrambe -immedesimandosi l’una nell’altra - configurano quella complessa realtà territoriale, che se da sempre è tormentata da fenomeni geosismici, è, anche, ininterrottamente disegnata da eventi storici, tant’è che quanto oggi ci appare altro non è che il risultato delle vicende secolari, naturali ed umane».

Prendiamo “Ritratto di Calabria”: spiccano raffinate presentazioni fotografiche del paesaggio ed immagini sacre, evidenze archeologiche e grandi strutture che la proiettano nel futuro.

«Un territorio non solo morfologicamente vario da luogo a luogo, ove il paesaggio ubertoso mediterraneo confina e convive con quello arido, africano, ma anche complesso e mutevole da sponda a sponda, compreso -com’è- in un perimetro vasto e variegato, segnato da coste e spiagge, che si succedono, quasi rincorrendosi, dal terminale del Golfo di Policastro al Golfo di Sant’Eufemia e da questo al Golfo di Gioia Tauro, che si conclude a sud, protraendosi nel mare, in una sequenza di sorprese con la mitica Scilla, per risalire verso il Golfo di Squillace fino a quello di Taranto».

Con il mare protagonista assoluto…

«E le sue coste, direi. Ecco l’omerica Costa Viola e poi quella del Bergamotto e quella del Gelsomino: e poi, ancora e dal Mar Tirreno -che ha ancora promesse per l’archeologia- al Mare Jonio che invece celebra, da tempo, la sua radiosa epifania di testimonianze».

Mari del Mito, ovviamente, ma anche le montagne non mancano…

«Dentro questa superba cornice, che si fa balcone ed approdo al mare di Ulisse e di Enea, le montagne -dal Pollino all’Aspromonte, alla Sila- i piani e gli altipiani e i valloni erosi dalle fiumare, le valli e le colline, ora aspre ed aride, ora variopinte di erbe e fiori, costituiscono uno scenario quasi sempre bello e sovente sublime, in cui si insinuano e si perdono i fiumi sfocianti nel Tirreno e nello Jonio».

Belle immagini, non c’è che dire! Ma come negare che proprio il paesaggio del Sud del nostro Paese sia vittima, da almeno un cinquantennio, di ogni sorta di aggressione ambientale?

«Come negare -aggiungo io- che non sempre gli uomini siano stati i pazienti costruttori del proprio paesaggio o gli accorti ricercatori delle testimonianze della propria civiltà! Purtroppo il Mezzogiorno ha vissuto gli anni tragici dello scempio ambientale: quelli compresi tra il 1950 ed il 1970 hanno registrato, da un canto, un rilevante deficit demografico, dovuto allo spopolamento di interi borghi per l’emigrazione al nord Italia e in Europa e, dall’altro, l’esplosione di benessere, spesso solo materiale ed effimero, che ha cercato di attestarsi in un frenetico costruire, che non ha risparmiato persino le suggestive coste, come le immacolate cime delle montagne ed i delicati bacini dei fiumi».

Altro tema di ricerca, altro saggio: con “La bellezza venuta dal mare” lei evocò scenari di raro fascino. La mano dell’estetologo si sente…

«Com’è noto, la bellezza, dall’antica patria, venne a Roma dal mare e Roma la restituì al mondo attraverso il mare, il Mediterraneo; è noto che già dall’VIII secolo a.C., sulla scia dei mercanti dell’età minoica e micenea, erano giunti dalla Grecia sulle nostre sponde, artigiani e trafficanti che si erano stabiliti negli emporia: i greci, consolidata tale loro presenza, si diedero a costruire le poleis, destinate ad espandersi ed affermarsi economicamente e culturalmente. I coloni greci finirono col fondersi con le suddette comunità, dando origine a quella meravigliosa fioritura italiota che portò all’avvento di una classicità capace di competere per maturità e raffinatezza con la madre patria».

La Magna Graecia fa sentire tutta la sua potenza evocatrice non c’è che dire!

«In Grecia, i filosofi cercarono, innanzitutto, l’unità nella molteplicità, come principio d’ordine del mondo e di conoscenza dell’uomo; quindi, trasferirono la ricerca dell’unità dal mondo all’uomo, successivamente affinandola nella conoscenza dei rapporti tra l’uomo e l’essere, come soggetto e valore, tra l’uomo e l’uomo, come condotta di vita, tra l’uomo e Dio, come ascesi alla perfezione assoluta. E a tal proposito come non ricordare che, ad esempio, Calabria e Lucania sono state due volte greche: ellenico-ellenistica e bizantina».

Un passato che non può rimanere relegato in polverose biblioteche…

“Qualche anno addietro promossi un congresso di studi sulla civiltà bizantina nel Mezzogiorno d’Italia che ha visto, accanto ai più noti bizantinisti -da Vera von Falkenhausen e Cosimo Damiano Fonseca a Concetta Bianca, Filippo Burgarella e Onorato Bucci- numerosi studiosi calabresi che hanno contribuito, tra l’altro, a definire meglio la celebre Eparchia del Mercurion, al confine di Basilicata e Calabria: ebbene, tutti rilevarono una sbalorditiva unità culturale senza confini per origini comuni».

Diamo per promosso il passato aulico: ma rimane un presente non sempre all’altezza e un futuro ancora tutto da programmare. Auspici per il futuro?

«Da qualche anno una più diffusa cultura della memoria ed un più sincero amore per la natura legittimano l’auspicio che le terre della Magna Graecia -per usare le parole di un veneto del calibro di Giuseppe Berto- possano “diventare il paese di un turismo nuovo, colto, civile, un luogo di recupero spirituale per tutta la gente estenuata dalle nevrosi, dalle intossicazioni degli arrampicamenti, dal consumo e dall’industrializzazione che ormai fanno malata più di mezza Europa”. Un auspicio che impegna a tutelare, anzitutto, lo straordinario patrimonio ereditato, nella consapevolezza del valore e della funzione non solo etica, ma anche economica di una saggia valorizzazione».

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Egidio Lorito