La valle dei Presepi
Quattro meraviglie toscane da scoprire. Un presepe monumentale con statue alte come persone, un borghetto dove ci sono più presepi che abitanti, poi un altro scavato nella roccia dove si ammira l’infinito e, infine, una incredibile Gerusalemme francescana del Cinquecento
Nei verdi boschi delle colline toscane, tra Volterra, in provincia di Pisa, e Gambassi Terme, comune della Città metropolitana di Firenze, dove ricade amministrativamente, aggrappato a 600 metri d’altezza, si trova il santuario della Nostra signora di Fatima di Montignoso. Qui si trova un presepe monumentale permanente, con decine e decine di statue alte come persone, così come sono a dimensione reale una lunga teoria di pecore, cani, cammelli, colombe, tutti perfettamente integrati nel più tradizionale paesaggio natalizio…
«Si tratta di un lavoro artistico/religioso impressionante che è portato avanti da una comunità di fedeli attiva in maniera stabile da 1990 con i Servi del cuore immacolato di Maria: il santuario, protetto da una cinta muraria, ha per fulcro l’antica chiesa di San Frediano, eretta nel XII secolo, e costituisce un punto d’incontro sia di fedeli, come la Famiglia del cuore immacolato di Maria, sia di religiosi, come la Comunità delle Suore serve del cuore immacolato di Maria. Insieme organizzano la vita religiosa di questo luogo che dal 2011 è stato elevato a santuario della Diocesi di Volterra».
Antonio Lopez, pugliese di Margherita di Savoia, vive sulle Colline fiorentine. Giornalista professionista, fotoreporter, coautore televisivo e di documentari, storica firma di Airone di cui è stato redattore dal 1989 al 2021, continua a fare della divulgazione scientifica e della saggistica ambientale una professione e una missione.
Eccolo il monumentale presepe di Montignoso…
«Prende il nome dall’omonima collina sulla quale si erge e “racconta” quello che i vangeli narrano sulla vita di Gesù Cristo. È disposto a semicerchio, abbracciando una piazzetta e ogni scena narrativa, ricavata all’interno di piccoli edifici realizzati apposta, descrive in maniera semplice la vita di Cristo, con le statue che sono interpreti in sequenza di una sorta di film “pietrificato” in due tempi: uno sui Vangeli dell’infanzia (la strage degli innocenti, la natività, la adorazione dei re Magi …) e l’altro sulla vita pubblica di Gesù, fino alla sua crocifissione. È un luogo dello spirito, dove passeggiare con calma e meditare».
A una manciata di chilometri di distanza da Montignoso, nel comune di Montaione, tra boschi di querce, cipressi e abeti c’è un borghetto di un pugno di case, chiamato Iano.
«Ci sono più presepi che abitanti, verrebbe da dire! Le natività di ogni forma e dimensione le trovi fuori dall’uscio di casa, in una vecchia vasca da bagno, nelle bigonce, nelle damigiane o confezionati in lana, in tessuto, con tappi di sughero, disegnati su pietre o addirittura in una valigia di cartone. Se ne contano una cinquantina lungo la cosiddetta “Via dei presepi”».
Presepi che spuntano dappertutto…
«Non distante, come il nido di un’aquila sull’affioramento roccioso di Poggio Spadone, a 430 metri d’altezza, c’è il piccolo santuario della Pietrina, dedicato ai santi Agata e Andrea: per raggiungerlo bisogna inerpicarsi su una ripida strada che nel Parco Benestare porta in località Palagio. Qui, sotto i resti di un antico castello, c’è scavato nella roccia un presepe: piccolo ma di grande suggestione. Di fronte vi è un meraviglioso affaccio naturale sull’infinito che si apre a mezzogiorno e offre una veduta a perdita d’occhio che domina la Valdera e le sue dolci colline, con Volterra maestosa di fronte, la torre di Montecatini Val di Cecina e più in lontananza a occidente, spingendo lo sguardo molto più in là, i riflessi del Tirreno».
Ultima tappa: la “Gerusalemme di San Vivaldo”, sempre nel comune di Montaione.
«Questo è un luogo speciale. Rappresenta uno degli esempi più significativi di riproduzione dei luoghi di Terra Santa in Occidente, a scopo di pellegrinaggio sostitutivo. Il complesso, costruito dai Frati minori di San Francesco, fu realizzato in pochi anni ai primi del Cinquecento, quando la Terra Santa era preclusa ai cristiani perché occupata dagli Ottomani, e consentiva ai credenti una valida alternativa per il loro pellegrinaggio di fede: lo testimonia la bolla papale di Papa Leone X del 1516 che concedeva la stessa indulgenza che si guadagnava a Gerusalemme a chi si recava in preghiera a San Vivaldo».
Per decenni la tradizione medievale del pellegrinaggio a Gerusalemme era impossibile a causa della caduta della Palestina in mano musulmana.
«Per questo i francescani, già custodi del Santo Sepolcro e qui insediatisi con una sede conventuale, costruirono nel bosco un borghetto di cappelle e tempietti (34 in origine), affinché vi si potesse accorrere e compiere simbolicamente il proprio pellegrinaggio. E riproduce con rigore filologico la topografia della Gerusalemme del tempo».
Gerusalemme riprodotta in una cittadella toscana?
«L'ideazione la si deve a un francescano, fra' Tommaso da Firenze, e fu realizzata con gli edifici disposti nel bosco secondo un ordine che riproduce in scala ridotta la planimetria della Gerusalemme del Cinquecento, nei pressi dell'antica chiesa di Santa Maria in Camporena. Questo tempio contadino era legato al culto dell'eremita Vivaldo, all’anagrafe Vivaldo Stricchi, qui morto in solitudine contemplativa nel 1320 nel cavo di un tronco di un vecchio castagno che aveva eletto a sua dimora. Oggi le spoglie del santo sono custodite nella chiesa della Gerusalemme toscana che prende il suo nome».
Un luogo scelto con estrema accuratezza…
«Fra’ Tommaso adottò addirittura l'orientamento astronomico di Gerusalemme e non quello locale: aveva identificato a est del convento una valle boscosa che somigliava alla valle di Giosafat, più a sud un rilievo era ideale a rappresentare il Monte degli ulivi, a nord, un ripiano naturalezze era simile alla spianata del Tempio, mentre poco più in là, una collinetta, veniva a formare il Monte del Calvario».
Stupendi sono gli arredi delle cappelle.
«Come gli altorilievi modellati con pittura a freddo, opera della nota bottega fiorentina di Giovanni Della Robbia con il contributo di maestri dell'epoca, quali Agnolo di Polo e Benedetto Buglioni. Le cappelle recano all’interno originali arredi policromi in terracotta ispirate alla vita e alla passione di Gesù, un corpus scultoreo che costituisce uno dei momenti più interessanti della storia delle terrecotte toscane del ‘500. Grandi pannelli agli ingressi della Gerusalemme di San Vivaldo individuano sua una mappa topografica le 18 tappe dell’itinerario religioso».
Le vogliamo ricordare?
«1 Monte Sion con cappelle del Cenacolo, della Pentecoste e dell’incredulità di San Tommaso. 2 Casa di Anna. 3 Casa di Caifa. 4 Annunciazione. 5 Fuga in Egitto. 6 Casa di Simone Fariseo. 7 Casa di Pilato con l’edicola di Ecce homo. 8 Andata al Calvario con edicola del Crucifige. 9 Madonna dello spasimo. 10 Pie donne. 11 Santa Veronica. 12 Carcere di Cristo. 13 Calvario con edicola dello Stata mater. 14 Santo Sepolcro. 15 Noli me tangere. 16 San Giacomo il minore. 17 Pozzo della Samaritana. 18 Ascensione».
Una visita tra natura, arte e religiosità…
«Nel percorso di visita sono presenti pannelli in prossimità di ogni cappella, che riportano un’immagine dell’opera interna e una breve descrizione didascalica. Il tutto rende facile la visita a questa inaspettata cittadella della fede».