Profondo blu. Vita, colori e magie nei fondali dell’Isola Dino
“L’Isola Dino, più che per i ricordi storici, è interessante per le bellezze delle sue innumerevoli grotte marine, in molte delle quali, per l’angustia e la difficoltà dell’entrata e per lo sviluppo contorto e profondo, si racchiude ancora il mistero”. Siamo a Praia a Mare, in Calabria, all’interno del Golfo di Policastro, naturale luogo di incontro e fusione di tre regioni (Campania, Basilicata e Calabria), di tre provincie (Salerno, Potenza e Cosenza) e di ben tre Parchi nazionali (Il Cilento-Vallo di Diano, Il Sirino-Appennino lucano e il Pollino) e l’ammirazione di quei 50 ettari sospesi sul mare aveva spinto un sindaco storico e filosofo -Giuseppe Guida- tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi del decennio successivo, a sottolineare come l’isola, per quanto non particolarmente estesa, primegiasse, invece, per quell’alone di mistero che la storia le aveva lasciato in eredità.
Per il nome, innanzitutto: forse perché ospitava un tempio (aedina) dedicato a Venere o perché l’etimologia greca “dina”, (tempesta o vortice) la rendeva un vero pericolo per i naviganti che nel corso della storia si erano imbattuti nelle pericolose acque del suo punto occidentale più estremo, quello del Frontone. Mai chiamarla “Isola di Dino”! Si corre il rischio di essere coinvolti in accese e forbite dispute locali a causa di un errore di trascrizione avvenuto al Catasto di Cosenza. Errori della storia…
Con un’altezza massima di un centinaio di metri che vengono affrontati da una strada che si inerpica sull’esteso altipiano sommitale, colpisce per aerei strapiombi sui quali la forza erosiva senza tempo del mare ha creato innumerevoli grotte: quella del “Monaco”, delle “Sardine”, delle “Cascate”, del “Leone" e la “grotta Azzurra”, tutte visitabili agevolmente. Per gli speleosub è la “grotta Gargiulo”, un antro collocato a 18 metri di profondità ed esteso tra i fondali, una grotta praticamente sommersa, con tanto di bolle d’aria a renderla meta per i soli professionisti del settore, tra subacquea e speleologia.
E carica di mistero lo è per gli eventi storici che l’hanno interessata a colpi di incursioni musulmane, come l’epico assalto dei Turchi, capeggiati nell’estate del 1600 da Amurat Rays, corsaro di Algeri, che in quegli anni mettevano a ferro e fuoco l’intero Regno di Napoli: provarono a resistere gli abitanti locali, quelli dell’millenario borgo di Ajeta -il comune dell’epoca- ma la sorte riservò per loro prigionia e morte. La flotta dell’ammiraglio inglese William Sidney Smith, nel 1806, si stanziò nelle sue acque cercando di impedire all’esercito napoleonico di entrare nelle Calabrie; Gioacchino Murat, sei anni dopo, la ricomprese nel vasto movimento dell’eversione della feudalità sottraendola ai marchesi di Ajeta e restituendola al comune. Addirittura il re Ferdinando I di Borbone la trasformò in onorificenza conferendo nel 1815, nientemeno che al ministro plenipotenziario Tallyerand (tra i massimi protagonisti del Congresso di Vienna) il titolo di Duca di Dino. Sino alla notte di Santo Stefano del 1917 quando il sommergibile tedesco UB-49 pose fine alla navigazione del piroscafo inglese "Umballa", partito da Karachi con il suo carico di orzo alla volta di Napoli.
Nel 1962, l’Isola Dino Spa, società riconducibile al commendatore Bottani e a Gianni Agnelli, acquistò dal Comune tirrenico l’incantevole isola, l’unica, per dimensioni, esistente lungo le coste calabre, dopo che già nel 1956 era stata data in concessione per novantanove anni, allo scopo di valorizzarla turisticamente: proprio sulla celebre grotta del Leone, vide la luce un complesso formato dai caratteristici trulli, unitamente ad altre strutture ricettive. Senza dubbio l’ingresso del patron di casa Fiat nella proprietà dell’isola permise la predisposizione di un articolato progetto di valorizzazione turistica, capace di fare del gioiello praiese un luogo di incontro per un turismo elitario. Varie costruzioni videro la luce nella parte alta dell’isola, inserite in un più complessivo progetto organico di una delle aree più belle ed incontaminate dell’allora sconosciutissimo sud Italia: e non era difficile, durante il mese di agosto di quegli anni, veder ancorare, a sud-est dell’isola, una delle tante barche dell’Avvocato che apprezzava la purezza delle acque praiesi.
Ma è la vita multicolore sottomarina, praticamente sconosciuta ai più, a lasciare estasiati: lungo il versante meridionale è possibile ammirare la “Grotta azzurra”, cavità di origine carsica, nota per il colore azzurro intenso dell’acqua: la limitata profondità delle acque (18 metri) la rende interessantissima per la presenza di incrostazioni spugnose sulle pareti e di anfratti che offrono ospitalità alla multiforme vita sottomarina, e restando fermi al centro della grotta è possibile ammirare nella penombra i giochi di luce dei raggi solari che vi penetrano. Dal costone esterno, ad ovest dell’isola, inizia la “navigazione” subacquea per circa 100 metri fino a raggiungere il “pianoro delle Gorgonie”, partendo da una piattaforma posta a 30 metri di profondità: lungo le pareti, dalle cadute laterali che scendono fino a 50 metri, si estende una straordinaria foresta di Paramuricee (le Gorgonie, appunto), che formano grandi ventagli di colore rosso-bordeaux, evidente alla luce dei fari, che possono raggiungere il metro di altezza; la particolarità di questa emergenza ambientale consiste in un’insolita colorazione, che può passare dal rosso al giallo-cromo, con tutte le sfumature evidenziate sulla matrice rossa centrale. Queste colonie di animali marini rendono l’immersione molto interessante e poco comune, specialmente per gli amanti della fotografia subacquea.
E così, dai progetti turistici degli anni Sessanta targati Gianni Agnelli alla recente istituzione del Parco marino sino alla rapida fruizione comunale dell’isola, pochi metri di profondità bastano per rendersi conto che il mare è realmente di tutti, con la natura che assume le forme di vere costruzioni artistiche, pronta per essere immortalata dagli scatti di chi avrà la fortuna di ammirare il pianoro delle Gorgonie che lussureggiava sotto l’isola Dino ben prima che i Romani fondassero Roma.
Pesci, crostacei, spugne, gorgonie, predatori nascosti, polpi, “fiori”, relitti tra i misteri del mare. Avvolti dal profondo blu…