Riscoprire l'inaspettato
Una baia da sogno, castelli degni di una saga epica, sentieri che tramandano proverbi. Le sorprese sparse sul territorio.
Ciuffi di verde spuntano dalla roccia e stanno a danzare al ritmo del vento, quasi sospesi nel canto dell'aria.
Più in basso, le scogliere s'immergono nell'acqua trasparente, sbocciando in una fusione di verticale e orizzontale, di altezza e pianura.
Sembra un paesaggio tropicale, lo scenario lo ricorda, anzi lo supera. Ecco angoli d'in-canto con vista sull'immenso: una spiaggia di sassi e silenzi, un anfiteatro di vegetazione dov'è la natura a dare spettacolo. Siamo nella Baia del Bogn, sul lago d'Iseo, in provincia di Bergamo, fra Riva di Solto e Castro. Uno dai tanti preziosi tesori nascosti della Lombardia, la prova della straordinaria, multiforme tipicità locale.
Alla baia si arriva in auto, percorrendo la strada litoranea del Sebino, sebbene un tale trionfo di selvaggio meriti un passo diverso, un approccio più lento e coerente. Allora si può camminare, meglio ancora noleggiare un kayak o spiare la costa in piedi, in equilibrio su una tavola che galleggia sul blu.
Com'è abitudine in Thailandia o in Vietnam, però accade a un'ora e mezzo dal centro di Milano. Il molto vicino sa essere più inaspettato di quanto si riesca a immaginare.
La stessa sensazione si accende durante un'escursione nel Parco Valentino, a Piani Resinelli, in provincia di Lecco. Un sentiero tra le terre alte che, al culmine di una camminata di meno di un'ora, ripaga lo sforzo con un'apoteosi di orizzonte. L'approdo è il Belvedere, tale di nome e di fatto: una passerella protesa verso la valle, un balcone di taglia esagerata, affacciato sul lago di Como. Lascia scrutare il Lario come se si fosse aggrappati a un drone o calati con una fune da un aereo, senza cimentarsi in nessuna di queste ardimentose acrobazie. Giusto un'unica avvertenza: il pavimento non ha mattonelle ma è una griglia, si ha l'impressione di avanzare nel vuoto. Va approcciato con prudenza da chi soffre di vertigini.
Scendendo in basso, sul livello dell'acqua, ad attendere i viaggiatori è un Grand Tour dei giardini del lago di Como, che tra i suoi rami lascia fiorire una generosa vegetazione, un arcobaleno di colori e profumi, fra echi di Mediterraneo ed essenze degli antipodi.
Una prima ottima sintesi è Villa Carlotta, nel comune di Tremezzina, con il suo tunnel di agrumi, le siepi dalle forme evocative, la vezzosità delle rose e delle camelie, un'area sorvegliata da platani monumentali che, con la loro sontuosità, scatenano palpiti dell'anima. Un rifugio per romantici.
A Bellagio si trovano i giardini all'inglese di Villa Melzi d'Eril, un'architettura di piante. Sono stati d'ispirazione per scrittori, artisti e poeti, così come quelli di Villa del Balbianello, a 25 minuti a piedi da Lenno, una dimora del XVIII secolo sulla punta di un promontorio boscoso. Un'ambientazione degna di un film di Hollywood, d'altronde qui sono state girate sequenze delle saghe di 007 e Star Wars. Più che di spionaggio o di guerre, è un trionfo di bellezze stellari.
Spostandosi a Varese, uno splendido giardino all'italiana completa una dimora settecentesca con le radici ben piantate nel presente: Villa Panza accoglie una collezione di arte contemporanea conosciuta in tutto il mondo, composta da più di 200 opere di artisti americani ed europei, più variazioni intercontinentali, elementi in arrivo dall'Africa o riferiti alla civiltà pre-colombiana. Un cortocircuito di luoghi, di epoche, che non stride. Anzi dimostra come il linguaggio della creatività sia un lessico ampio, trasversale, non scalfito dalla corsa al tempo. C'è anche un ristorante con cucina a vista: la scena è degli chef, intenti a preparare le pietanze usando le verdure dell'orto e i frutteti della villa.
Se a volte la natura è la destinazione o una generosa lista d'ingredienti, altre ancora può essere un contenitore. È il caso del Sentiero dei proverbi a Lissolo, in Brianza, da cui parte un itinerario ad anello lungo in tutto circa due chilometri. Assieme ai castagni, l'attenzione viene catturata da decine di cartelli in legno su cui si leggono proverbi tradizionali, in dialetto e in italiano, accompagnati da indovinate illustrazioni. Sono condensati di saggezza popolare, come «l'è mej una gaina magra incoe che un capon grass duman», ovvero: «Meglio una gallina magra oggi, che un cappone grasso domani».
Intuizioni sagaci, lampi di memoria, una nostalgia non malinconica, felice, che fa da collante per più generazioni.
La Lombardia è anche la patria di un'urba-nità studiata me non scontata, che racconta le sue storie deviando appena dagli itinerari consueti. Come Sabbioneta, patrimonio dell'Unesco in provincia di Mantova, campione e quasi archetipo del centro rinasci-mentale, con le geometrie applicate alle vie: la struttura della cittadina ha la forma di una stella a sei punte, il che consente di attraversarla con semplicità, come se la si conoscesse già. Assicura al visitatore un senso di familiare sicurezza, che non ne sminuisce la grazia e la grandiosità, riassunta dal Palazzo Ducale, il suo nocciolo. Il guscio è la cinta muraria, la polpa il Teatro all'Antica, con quell'acustica perfetta per tuffarsi nelle parole e nelle note.
A Soncino, in provincia di Cremona, c'è un Castello Sforzesco. Un mosaico di mura imponenti ad affermare l'appartenenza a un altro secolo. Tale scudo di mattoni si prolunga per circa due chilometri alternando porte, torroni e bastioni. Restituisce l'inviolabile magia di una fortezza, ha la veste di una sacralità altera che pare richiamare le pagine del romanzo Il deserto dei tartari di Dino Buzzati. In fondo, non stupirebbe veder spuntare qualche cavaliere al trotto mentre si visita la rocca, costruita dal 1473 al 1475.
L'intero borgo medievale è da approfondi-re, con la sua girandola di palazzi, chiese e corti. Ciascun angolo contiene una traccia del passato, una curiosità o un aneddoto.
Però è l'insieme, così seduttivo nella sua autenticità, a rendere il luogo immortale.
L'intera ragione è attraversata da un senso diffuso di scoperta e leggerezza, che trova un suo apice nei dintorni del capoluogo, nelle cosiddette ville di delizia, rifugi d'evasione, gioiose sin dal nome. Rappresentavano uno status symbol ante-litteram, erano le residenze estive nelle quali la nobiltà meneghina trovava ristoro e riparo dall'afa e l'umidità incalzante della bella stagione. Erano la sede di sfarzose feste, oggi fanno da scenografia a eventi e matrimoni. Se ne incontrano svariate sul Naviglio Grande, quel raccordo d'acqua che da Milano conduce fino al lago Maggiore. C'è Cassinetta di Lugagnano con la sua Villa Visconti Maineri Castiglioni Mörlin o Castelletto di Cuggiono, con Villa Clerici, fino a Villa Gaia, altro epiteto di beautitudine, a Robecco sul Naviglio.
Il riferimento rimane però Villa Borromeo Visconti Litta a Lainate, dove la joie de vivre si sparge in un'abbondanza di affreschi, mosaici, statue. Il punto di partenza è stato quello delle dimore medicee toscane, ma non si è risolto in un clone, una sua copia. L'ambizione ha esondato, superando il riferimento originale. Per accorgersene, basta guardare il ninfeo, orchestra di spettacoli d'acqua e deco-razioni. Le fontane funzionano e assicurano ai visitatori momenti di pura delizia liquida.
E se una villa non è ancora abbastanza per un viaggio dai contorni regali, non resta che raggiungere un maniero: il Castello Bolognini di Sant'Angelo Lodigiano, nell'omonima provincia. Un avamposto di gran seduzione, che non a caso ospitò Giacomo Casanova. A farsi notare è la torre maestra, alta 36 metri, non certo l'unica attrattiva.
Nella fortezza ci sono tre musei, quello del pane e della storia dell'agricoltura, fino al Morando Bolognini, con i suoi saloni di mobili antichi, quadri, artigianato pregiato. Il culmine è la sala del trono, ma la biblioteca con 2 mila volumi e l'armeria con 500 pezzi danno conto dei numeri del luogo. L'ennesima sintesi di storia e natura, di vicino che sa di lontano, nel tempo e nello spazio. Ora e qui, in Lombardia, dove abitano il piacere e la sorpresa della scoperta.