Storie di birra
Tantissimi sono i birrifici di qualità in Toscana che propongono gusti e profumi sempre più coinvolgenti e che raccontano storie interessanti.
Quello della birra è un mondo tra scienza e alchimia che ha accompagnato la storia dell'umanità.
La birra infatti è una bevanda che ha radici antiche, risalenti a migliaia di anni fa, e che ha attraversato secoli di evoluzione per diventare uno degli alimenti più amati e consumati al mondo.
Le origini della birra risalgono a tempi antichi, con le prime tracce di produzione risalenti a oltre 5.000 anni fa in Mesopotamia e in Egitto. I Sumeri erano un popolo birrario e la birra era uno status symbol: ogni strato della popolazione aveva diritto a quantità diverse al giorno e c’erano già molti tipi di birra, da quella dolce a quella aromatizzata alla cannella. In Italia furono gli Etruschi i primi a bere e produrre sia la birra che il vino, trasmettendo ai Romani le loro tradizioni. Pare che lo stesso nome “birra” derivi dal latino bibere (bere), termine che ha un’assonanza molto simile a quella attuale.
La birra ha una profonda importanza culturale e sociale, è spesso associata a celebrazioni e festività, e fa parte integrante di tradizioni e rituali in molte culture ma è anche un catalizzatore per la condivisione di serate, esperienze e racconti. Negli ultimi anni sempre di più gli esperti del settore e gli appassionati “giocano” a trovare il giusto abbinamento tra i piatti e le varie birre, il cosiddetto food pairing, ovvero l’arte di unire più sapori.
Tantissimi sono i birrifici di qualità che propongono gusti e profumi sempre più coinvolgenti e che raccontano storie interessanti con le birre.
A Siena, ad esempio, è rinata la birra Bader creata a fine Ottocento dal tedesco Wilhelm Bader, che arrivò in Toscana nel 1876 introducendo il metodo Pilsner sfruttando i “bottini” l’acquedotto medievale della città. L’eclettico imprenditore Marco Cheli affascinato dalla storia ha rilevato il brand e lanciato il Beerstrò.
Cosa lega la città di Siena alla Sassonia, in Germania? Incredibile a dirsi, la birra. Pochi sanno infatti che alla fine dell’Ottocento, l’imprenditore tedesco venne nella città del Palio a creare la propria birra utilizzando l’acquedotto medievale, introducendo il metodo Pilsner grazie ai “bottini” e quasi 150 anni fa non era inusuale trovare a Siena le insegne della birra omonima.
Erano gli anni in cui a Plzen, piccolo paese tra Monaco di Baviera e Praga, un gruppo di cittadini impiegati presso il birrificio locale, con l'intento di migliorare la birra bavarese, davano vita a un nuovo stile di birra che prenderà appunto il nome dal paese – Pils, appunto – e che sarà destinato ad essere uno di più famosi al mondo. E così Wilhelm Bader si presentò a Siena come specialista del metodo Pilsner, portando con sé il know how della classica birra ceca fermentata a basse temperature sfruttando il freddo del sottosuolo, ritrovando, nel birrificio le condizioni ottimali per produrre il suo "birrone stile Monaco o Vienna". Ciò fu possibile grazie all'accesso diretto ai "bottini", l'acquedotto medievale senese che scorre nel sottosuolo della città e dove recentemente è stata ritrovata una bottiglia di Birra Bader.
A distanza di un secolo il senese Marco Cheli ha deciso di rilevare il brand e far rinascere lo storico birrificio, dando vita a un “beerstrò”, un bistrò ad alta vocazione brassicola proprio in una delle città capitali mondiali del vino puntando ancora sulle birre a bassa fermentazione e aprendo al contempo un locale che gli permetta di raccontare la storia della birra senese. Nel fondo che ospitava una vecchia farmacia nasce così il Birra Bader Beerstrò, locale dall'atmosfera bohemiene – tra stampe antiche e cimeli di fine Ottocento, dalle bottiglie ai sifoni originali – dove è possibile assaggiare le cinque classiche a marchio Bader, le quattro tipiche bavaresi (Pilsner, Weizen, Schwarzbier e Dunkel) e una Ipa a bassa fermentazione che strizza l’occhio a un target giovanile. Ad accompagnare le birre sono panini gourmet al posto degli hamburger e classici piatti della cucina sia toscana che bavarese, dallo stinco ai wurstel.
Marco Cheli
Altra storia interessante è quella della birra artigianale “La mi’ amica”, l’ultima nata del birrificio artigianale toscano La mi’ Birra, gestita dalle tre sorelle Lami (Claudia, Giulia e Francesca), brevettata con il processo “JAXplus” grazie al quale è ricca di particolari fibre in grado di ridurre il glucosio nel sangue dopo i pasti fino al 40%.
Lo dimostra una ricerca dell’Università di Pavia, che ha evidenziato un indice glicemico ridotto di circa il 40% rispetto a quello della stessa birra prodotta in maniera tradizionale. In particolare, grazie al breveto JAX+ in collaborazione con una start up milanese, “La mi’ Amica” contiene il doppio di fibre solubili – gli arabinoxilani, che contribuiscono a limitare l’innalzamento repentino di glucosio nel sangue dopo i pasti, il cosiddetto “picco glicemico responsabile dell’accumulo di grasso – utili all’organismo rispetto alla stessa birra prodotta con il processo tradizionale. E non è tutto: la birra prevede il riutilizzo delle trebbie, dalle quali sono estratti e resi biodisponibili proprio gli arabinoxilani. Si parla quindi di recupero, sfruttamento dei sottoprodotti ed economia circolare.
Dietro questo prodotto – così come dietro ogni bottiglia de La Mi’ Birra – c’è un tocco femminile: la giovane realtà empolese, il cui nome esprime sia l’origine toscana sia il cognome delle titolari, vede protagoniste le sorelle Claudia, Giulia e Francesca Lami, nate e cresciute nella campagna toscana. Ognuna collabora con le altre per realizzare prodotti genuini, rispettosi della salute e dell’ambiente. Ad aver dato inizio al birrificio è Claudia: laureata in Scienze e Tecnologie alimentari, si occupa della realizzazione delle ricette unendo alta qualità, tradizione brassicola e innovazione. Giulia è la parte creativa e cura comunicazione, animazioni e video. Infine Francesca, cosmetologa, sviluppa cosmetici biofunzionali a partire dai composti organici recuperati dalla lavorazione della birra.
Il birrificio continua a sperimentare, sia sul fronte della selezione delle viarie materie prime (lieviti, luppoli, malti, ma anche l’acqua di sorgente ai piedi dei monti Lagorai) sia sul miglioramento delle tecnologie di birrificazione, per rendere sempre più sostenibile il processo produttivo e valorizzare le risorse in un’ottica di economia circolare. Il risultato sono birre che conquistano per l’equilibrio, la digeribilità unica e il sapore puro.
Davanti ad una birra è passata la storia dell’umanità e come diceva William Shakespeare: «Una pinta di birra è un pasto da re».