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Italia

Il turismo «nuovo e buono» delle Dolomiti guarda ai nativi digitali

Ama Stay ha pensato ad una nuova tipologia di clienti, quelli che amano la montagna anche per lavorarci (a distanza)

Si va in montagna per sciare, con il freddo, gli scarponi e la neve. Anche. In estate si va sulle Dolomiti per esplorarle a piedi, o in mountain bike, tra pascoli solitari, rifugi, cime da raggiungere. La novità è che oggi in montagna si va per lavorare. Lo sanno bene in casa AMA STAY, siamo a San Vigilio di Marebbe nel cuore del Parco Naturale di Fanes-Senes-Braies, protetto dall’UNESCO. Parliamo di un nuovo turismo che la montagna sta sviluppando. Si chiama business mountain hub c’è una community da fidelizzare, tra un itinerario di trekking e un evento pensato per fare rete. Li chiamano nomadi digitali, o ancora meglio high performer. In comune hanno la passione per la montagna. È questo il turismo del futuro: sostenibile, attento al territorio e alla cultura locale. Altro che overtourism! Oggi i territori si tutelano orientando l’offerta verso un pubblico consapevole. Sarà probabilmente questa la chiave di volta, essere in grado di modellare l’offerta turistica, facendo in modo che al centro ci sia un “turismo buono” che coinvolge in primis le persone che quel territorio lo vivono tutto l’anno.

Il nome di questo progetto di ospitalità altoatesina, che ha aperto le porte a dicembre 2022, dice tanto della direzione in cui vuole andare: Amare e restare, per una vacanza, per riempire di senso il tempo libero ma soprattutto per lavoro. Questo perché i modelli lavorativi di oggi non sono mai stati così tanto flessibili. È cambiato il modo di intendere l’orario e il luogo di lavoro. È da remoto che si produce. Oggi lavori dal bar della spiaggia ma anche da un coworking sulle Dolomiti. La chiamano gig economy, è composta principalmente da autonomi, freelance, professionisti, ma anche da dipendenti. Oggi si produce ma si è molto attenti all’importanza dell’equilibrio della propria vita. Mi concentro se allo stesso tempo riesco, un attimo dopo, a staccare la spina e rilassarmi. Nasce da qui la possibilità di un soggiorno flessibile, la formula della workation, la proposta di esperienze capaci di riportare in qualche modo anche la passione nel lavoro.

Markus Promberger

L’idea Ama Stay, germogliata nel 2010 e finanziata dalla società delle Funivie di San Vigilio, è stata sviluppata dall’imprenditore trentacinquenne Markus Promberger: “Noi qui ci diamo del tu, fa parte della nostra cultura e del nostro approccio alla vita. Non criticateci come hanno fatto in tanti all’inizio, ci rivolgiamo a degli ospiti giovani e internazionali, con un’età media che si aggira intorno ai 38 anni.

Il nostro gruppo di lavoro oscilla tra le 40 e le 60 unità, in base alla stagionalità. Se avessimo lo stesso approccio delle generazioni che ci hanno preceduto potremmo anche essere 10 persone in meno ma abbiamo deciso di garantire le 40 ore di lavoro ai nostri ragazzi. In tanti alberghi si lavora 60 ore a settimana e dopo un mese e mezzo anche se la paga è più alta non puoi più vedere l’ospite perché il meglio di te è finito, andato. Ecco, noi cerchiamo di evitare questi cortocircuiti. Amo l’armonia, se riduciamo la quantità di ore di lavoro riusciremo a dare il meglio di noi, e poi, i ragazzi che arrivano qui per una stagione devono avere il tempo di vivere le nostre montagne. Altrimenti cosa si porteranno nel loro bagaglio una volta che l’esperienza qui sarà finita?”.

Dove ha iniziato? Come è arrivato ad Ama Stay?

“I miei genitori per 25 anni hanno gestito un albergo alpino, dandomi l’esempio. Per costruire qualcosa dovevo metterci il cuore e non contare le ore. Vedere mamma alle due di mattina rispondere alle mail e papà girare intorno con il gatto delle nevi per preparare le piste… ecco, questa è stata la mia scuola. La parola Ama esprime questo approccio… i fiori che vedete sui tavoli sono raccolti freschi da mia madre, dai prati che ci circondano, la manutenzione di tutto è seguita ancora da mio padre. Troverete tanto legno nella struttura, soprattutto quercia, il più resistente: sa di casa”.

Avete un approccio diverso. E probabilmente anche un metodo di lavoro, diverso.

“La nostra idea è portare un valore aggiunto al paese senza fare concorrenza ad altre strutture, questo vuol dire andare a cercare un nuovo ospite e farlo arrivare laddove per 15 anni c’è stata una piscina comunale aperta al pubblico. Non sapevano cosa farci, poi siamo arrivati noi con le nostre idee e un progetto da posizionare sul mercato. Non serviva un altro family hotel o l’ennesimo wellness hotel. Non volevamo un 5 stelle, ma volevamo rimanere aperti tutto l’anno, dare lavoro tutto l’anno e questo lo puoi fare solo se riesci a portare un pubblico nuovo. Le aziende, chi lavora. Al momento siamo aperti 10 mesi all’anno, puntiamo a raggiungere i 12 mesi entro la prossima primavera. Un terzo del nostro fatturato arriva dalle aziende che ci scelgono per i loro meeting. Il nostro comparto F&B è aperto a tutti, anche a coloro che non risiedono in struttura, è una sfida perché a livello logistico non è sempre facile organizzarsi, soprattutto in alta stagione ma è un servizio che abbiamo deciso di dare al nostro paese, troppi bar e ristoranti hanno chiuso definitivamente la loro attività perché non ne valeva più la pena”.

Parliamo dell’ospitalità del futuro.

Funzionerà se si legherà alla gente del luogo, serve connettersi, servono strutture ricettive aperte verso l’esterno, non chiuse come fossero un ecosistema impossibile quasi da espugnare. Non è necessario monopolizzare le 24 ore di un ospite per essere sicuri di portare a casa l’intero fatturato. La pensiamo diversamente. Sono dettagli. Come gli spazi coworking, pensati per la città, che hanno preso il posto di due suite. Gli architetti non erano convinti, mi chiedevano chi mai avrebbe usato quegli spazi ma, come detto, volevamo posizionarci in modo diverso sul mercato. Il tempo mi ha dato ragione, non riesco ad avere idea di quanta gente utilizzi quegli spasi. Durante la stagione invernale ogni volta che provavo ad entrare, erano sempre occupati”.

Come si destagionalizza la montagna?

“Dando magari, a chi lavora, un posto nella natura per ritrovarsi. Il meteo deve essere dalla tua ovviamente. Siamo a 1200 m, dipende dalla velocità con cui si scioglie la neve e dalla quantità di esperienze che si riescono a garantire a chi dovesse sceglierci come destinazione. Parliamo di fare cultura intorno alle nostre montagne, ci vieni per scoprire e imparare nuove cose e magari scoprirai anche cose nuove su te stesso”.

Da dove arrivano i vostri ospiti?

Il 40% dei nostri ospiti sono italiani, il 20/25% sono tedeschi, austriaci e svizzeri, il resto è internazionale. Ci sono paesi in crescita come Belgio, Olanda e Danimarca ma anche l’est Europa registra numeri in crescita, parliamo di Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia. Puntiamo a mercati che intendono la vacanza come tempo libero da impiegare al meglio più che programmare dettagliatamente. L’ospite internazionale è abituato ad avere solo la colazione, la mezza pensione non la richiede mai, l’italiano la richiede più di tutti e non proponendola come formula, per scelta aziendale, siamo tagliati fuori da quel pezzo di mercato. Va bene così, non vogliamo fare concorrenza a chi fuori dalla nostra struttura propone una cucina della tradizione. Vogliamo fare altro, mantenendo sempre al centro dell’esperienza le nostre Dolomiti”.

Vi starete chiedendo cosa fare, quindi, una volta spento il computer.

Sulle Dolomiti, ad un passo proprio dalle rive del Rio di San Vigilio ci si ritrova al Tennis Club Mareo (2 campi in terra battura e 2 in erba sintetica). È qui in Alta Pusteria che Jannik Sinner è cresciuto e ha iniziato a giocare a tennis. Al cospetto niente meno che delle Dolomiti.

È sempre qui che in estate Plan De Corones si trasforma in un gigantesco bike park, con 18 trail, 2 skills park e 5 impianti di risalita. E poi? Poi c’è l‘aromaterapia. Le camminate nel bosco al mattino presto, quando l’umidità della notte inizia ad evaporare, libera nell’aria i principali componenti degli oli essenziali, capaci di agire sul nostro organismo a livello fisiologico, energetico e psicoemotivo. Ecco perché camminare su queste cime fa così bene! In montagna si pratica anche la meditazione dicevamo, attraverso esercizi di respirazione, recitando mantra, praticando la visualizzazione. Tutte pratiche che sviluppano consapevolezza e calmano la mente, come lo Yoga-Yurta vissuto in un’autentica yurta mongola, con il team di YOGAMIGA, associazione dedicata alla preservazione della salute olistica.

Se ami gli animali puoi visitare il Parco dei gufi, ai bordi del Parco Naturale Fanes-Senes-Braies, con i suoi 80 rapaci di 30 specie diverse, tra gufi, civette, allocchi, alcune delle quali prossime all’estinzione. O andare a cavallo al Sitting Bull Ranch di Longiarù. Come anche farsi guidare da un esperto di astronomia (Stargazing) e osservare le stelle del Parco Naturale.

Per chi invece ama l’adrenalina c’è la zipline più lunga d’Europa che parte dal sentiero Dal Piz de Plaies (il cavo sospeso a 100 metri di altezza si tuffa per 3 km di lunghezza e più di 400 metri di dislivello, raggiungendo una velocità massima di 80 km/h); l’opzione del volo in parapendio con i piloti di Kronfly Tandem; il Rafting Club Activ dove è possibile fare rafting, canyoning e kayak o il centro di arrampicata a Brunico, Heliks.

Marco De Benedictis, chef Ama Stay

Cosa di mangia sulle Dolomiti? Precisamente in Alta Badia.

Dipende. La proposta gastronomica di AMA Stay, curata dall’Executive chef pugliese Marco De Benedictis, deve aprirsi al mondo, perché è al mondo intero che parla, dai fuochi di una cucina a vista dove nulla è nascosto all’occhio di un attento osservatore. Ottime materie prime ma anche influenze della sua terra, perché le radici è bene non sradicarle mai del tutto.

Fuori da Ama Stay ad attenderci nella stragrande maggioranza dei casi, saranno veri e proprio menu dei contadini landini, che oggi vestono i panni delle specialità più rinomate e richieste. E allora fate spazio ai Canederli (Knödel), tipici gnocchi di pane conditi con speck, cotti in brodo o in acqua e sale; allo Strudel, al Gulasch (stufato di carne di manzo o di vitello tipicamente ungherese), a tantissime varietà di pane, una su tutte lo Schüttelbrot, il "pane scosso" fatto di farina di segale, acqua, lievito, sale e spezie, scosso con le mani, fino ad ottenere la classica forma rotonda e piatta, poi cotta in forno. E poi Zuppe di ogni tipo, preparate con gli ortaggi di stagione come il crescione, i finferli, la cipolla, ma anche l'ortica; i Cajencí (mezzelune ripiene di spinaci, o bietola, e ricotta), i Tutres, frittelle ripiene di crauti o spinaci, ma anche tutti i prodotti ottenuti dalla lavorazione della carne, formaggi spesso aromatizzati con le erbe messe a disposizione dalla natura e poi lui, uno degli alimenti più rappresentativi della regione: lo speck.

La montagna diventa così un luogo per tutti, in cui rigenerarsi 365 giorni all’anno grazie alla rinnovata idea di ospitalità landina e all’enogastronomia altoatesina.

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Nadia Afragola