Vite vecchia fa buon vino
Invecchiamento, affinamento, riposo in botte, elevage (termine francese per indicare l’affinamento indipendentemente dal materiale usato) in acciaio o in bottiglia. Questa terminologia tuttavia si riferisce al vino fatto e finito: o quasi. Solo in alcuni casi, relativamente all’età e …Leggi tutto
Invecchiamento, affinamento, riposo in botte, elevage (termine francese per indicare l’affinamento indipendentemente dal materiale usato) in acciaio o in bottiglia. Questa terminologia tuttavia si riferisce al vino fatto e finito: o quasi. Solo in alcuni casi, relativamente all’età e al trascorrere del tempo, si fa riferimento alla vite.
Anche le piante invecchiano e, al netto di fallanze (viti che vanno avvicendate con esemplari nuovi), evolvono con il trascorrere degli anni. Un miglioramento che invariabilmente si riversa anche nei grappoli e nel vino che da essi deriverà, a patto che le piante stesse abbiano fatto, con le proprie radici, un percorso discendente affondando nelle profondità della terra.
Una pianta che arriva in profondità, si arricchirà di tutta una serie di elementi che, se tradotti da una vinificazione rispettosa, renderanno il vino molto più complesso. In Alto Adige c’è addirittura una pianta che ha raggiunto la ragguardevole età di oltre 350 anni! Versoaln (nome del vitigno) oggi è presente soltanto presso Castel Katzenzugen, proprietà della famiglia Pobitzer. Il tronco raggiunge un diametro di 32 centimetri e, con il suo impianto fogliare, riesce quasi a coprire 300 metri quadrati di pergolato. Il vino che ne deriva è anch’esso da record. Annualmente dalla vendemmia della vigna Versoaln si ricavano tra le 75 e le 120 bottiglie.
Scendendo come età delle vigne, e per certi versi anche geograficamente, una recente (ri)scoperta è stata il Pinot Nero di Elisabetta Dalzocchio. La scelta della produttrice di Rovereto, ecco spiegata la ‘discesa’ geografica dall’Alto Adige al Trentino, è stata quella di abbandonare la chimica per lasciare che il vino portasse avanti il suo percorso in quasi totale autonomia. In cantina utilizza solo lieviti autoctoni per la fermentazione e botti da 228 litri per l’affinamento.
Lo stile, molto puro, tende a mettere in risalto non solo il tratto elegante del Pinot Nero (comunque presente) ma anche un profilo lievemente crudo, che forse rappresenta una tipicità naturale del suo Pinot Nero.
I MIEI CONSIGLI
Dalzocchio Pinot Nero 2008
(90/100 al vino, 94/100 in abbinamento)
Colore scarico da Pinot Nero. Intrigante il naso con note di rosa, frutti rossi e pesca. Sensazioni che ritroviamo anche in bocca seppur completate da note di cacao amaro. Il tannino graffia leggermente forse per la vinificazione con il raspo? Nell’attesa della risposta lo mettiamo in tavola con un risotto ai funghi.
Versoaln 2010
(87/100 al vino, 91/100 in abbiamento)
Una vinificazione semplice ci restituisce un vino snello, agile che ha ottime qualità di beva. Non è facile ricondurre questo vino a una delle varietà che oggi popolano l’Alto Adige. Volendo proprio trovargli una parentela potremmo avvicinarlo a un Müller Thurgau ma anche ad un Sylvaner. Vista la rarità, per chi può, meglio assaggiarlo con una semplice spigola, mi raccomando pescata, al forno.