"Zero": la mostra che racconta Renato
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"Zero": la mostra che racconta Renato

Dal 18 dicembre al 22 marzo La Pelanda di Roma ospita la prima retrospettiva dedicata al grande cantautore

Se c’è in Italia un culto laico che non accenna a diminuire,  ma anzi continua ad aumentare i suoi adepti, è quello dei sorcini, i fan di Renato Zero, artista che a sessantaquattro anni, dopo aver segnato quasi mezzo secolo di musica, di costume e perfino di linguaggio del nostro paese, è ancora oggi uno straordinario catalizzatore di energia e di emozioni.

Per questo c’è grande attesa per Zero, suggestiva mostra multisensoriale ospitata dal 18 dicembre al 22 marzo 2015(comprese le mattine del 24 e del 31 dicembre)a La Pelanda, Centro di Produzione Culturale, in collaborazione con il Macro - Museo d’Arte Contemporanea di Roma.
Ideata e curata da Simone Veneziano e prodotta da Tattica, Zero è la prima grande retrospettiva dedicata all’artista romano, che ha pubblicato il suo primo 45 giri nel lontano 1967, prodotto da Gianni Boncompagni.

Il disco ha venduto venti copie, certamente un inizio poco incoraggiante per uno che oggi ha superato quota 45 milioni di dischi. Renato era allora un ballerino filiforme, proveniente dai casermoni popolari del periferico quartiere della Montagnola che, a causa dei suoi travestimenti e delle scelte di vita controcorrente, aveva collezionato agli esordi una serie di insulti che avrebbero dissuaso chiunque, ma non lui.
Figlio di Domenico, poliziotto, e di Ada, infermiera, tre sorelle come in Cechov, Renato Fiacchini ha iniziato giovanissimo a frequentare le luci stroboscopiche del Piper, storico locale romano di via Tagliamento, dove hanno suonato i Pink Floyd, i Procol Harum, i Genesis, i Byrds e Sly and the Family Stone, fino a leggende del jazz come Duke Ellington e Lionel Hampton. 

Lì conosce Loredana Bertè, Mia Martini, Patty Pravo, Mita Medici e Stefania Rotolo, tutte amiche che faranno strada nel mondo dello spettacolo. Lavorando come ballerino nello show serale di Rita Pavone, guidato dal coreografo Don Lurio, Renato ha imparato i trucchi del mestiere e ha capito presto le dure leggi che regolano lo star system.

Zero firma il suo prima contratto discografico come cantautore con la RCA nel 1972 e nel 1973 esce il suo primo album No mamma, no!, un disco nel quale si intravede in nuce il suo multiforme talento, ma che non ottiene il giusto riconoscimento dal pubblico.
L’anno della svolta è il 1977, nel quale, grazie soprattutto alle radio libere, l’artista si mette in luce con Mi vendo, che contribuisce alle buone vendite dell'album Zerofobia, contenente altri brani divenuti famosi come Il cielo, Morire qui, Vivo e Manichini.
Un successo ancora maggiore arriverà con Zerolandia  trainato dal contagioso singolo Triangolo, che ironizza su rapporti di coppia non proprio tradizionali.

Il numero dei suoi fan sale in maniera vertiginosa e i suoi variopinti concerti sono sempre più affollati. Nasce così Zerolandia, il grande tendone itinerante che ospita ogni sera migliaia di sorcini.

Esplode così in tutta Italia la Zerofollia, che raggiunge il suo apice nel 1979, quando sia l’album EroZero che il singolo  Il carrozzone conquistano i vertici delle classifiche.

Intorno alla metà degli anni Ottanta la sua popolarità ha conosciuto un momento di flessione, per poi rilanciarsi alla grande al Festival di Sanremo del 1991 con l'intensa Spalle al muro.

Da allora Renato Zero non è più sceso dal trono riservato solo a pochi grandi della canzone italiana, perdendo nel corso degli anni quella patina di trasgressione che ne ha caratterizzato gli esordi,  ma non la capacità di emozionare e di arrivare dritto al cuore di migliaia di fan, la cui età varia dai venti ai settant’anni.

I principali momenti del suo articolato percorso umano e artistico potranno essere ripercorsi ora nella mostra Zero, che si snoda attraverso sei ambienti ad alta tecnologia che raccolgono documenti inediti,  foto e filmati rari, curiosi cimeli e i pittoreschi costumi degli anni Settanta.

La prima sala, con le immagini e il battito cardiaco di un feto, ci ricordano i difficili inizi della vita di Renato Fiacchini, quando a poche ore dalla nascita ha dovuto subire una trasfusione di sangue. Un episodio che spiega il nome Renato, cioè nato un’altra volta.

La seconda sala è introdotta da un corridoio multisensoriale, con foto, filmati, dischi, testi e aforismi, che simboleggia il percorso di liberazione intrapreso dal grande cantautore.

Curiosa la grande bussola tematica dell’artista, dove il Nord è rappresentato da Dio, il Sud dagli ultimi, l’Est da Roma e l’Ovest dalla sessualità.

Un’altra sala è formata da tre grandi schermi con gustose interviste e rare immagini di repertorio della Rai, mentre merita una visita più accorta il corridoio con cinque pannelli tematici, ricchi di foto e di curiosità: Quella Roma lì, Zero e Pasolini, Il Trucco e la Maschera, Vestiti e Travestimenti e il Circo.

Di grande impatto visivo la sala con un enorme maxischermo che ospita la personale visione di Renato sulla società e sulle sue ipocrisie, mentre dietro campeggia la citazione a caratteri cubitali “Sarò lieto di togliervi alcuni complessi e procurarvene altri”.

Di grande fascino la raccolta sala multisensoriale, alla quale si accede attraverso una tenda,  dove si è circondati da specchi, luci e profumi mentre si ascolta un messaggio di Zero inciso appositamente per la mostra.

Il percorso si conclude in una sala dove sono rappresentate sulle pareti le “galassie” delle canzoni dell’artista, mentre al centro spicca un muro con disegni,foto, aforismi e i testi originali di Felici e perdenti e Dubito.

Colpisce, in particolare, una frase che riassume tutto lo spirito di Renato Zero: “Ho visto, udito, viaggiato, amato più di quanto sperassi, testimone oculare di ogni mia scelta, di ogni mio abisso o paradiso incontrato. Ogni volta che riguardo la riva dopo tanto navigare provo la felicità di chi, al ritorno da un lunghissimo viaggio, apre le valigie davanti ai suoi cari che, ansiosi, aspettano il suo racconto e i suoi doni”.

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Gabriele Antonucci