Zucchero in viaggio tra nostalgia e futuro: la recensione di D.O.C.
Un gran bel disco che è sostanza e non apparenza. Perché a Zucchero, del cool, non gliene importa niente...
"In questo tempo per niente sereno la mia redenzione passa dal blues" ha dichiarato Zucchero presentando D.O.C, il nuovo album in studio, prodotto da Don Was, che arriva tre anni dopo Black Cat.
Un gran bel disco, un album vivo e vitale. Ne aveva 40 di canzoni Zucchero tra cui scegliere e alla fine ha optato per le 11 che compongono la tracklist del disco, un caleidoscopio fatto di soul, gospel, blues, pop ed elettronica.
D.O.C parla di libertà (Freedom con Rag'N'Bone Man), di nostalgia, delle incertezze di questo tempo, di viaggi e di bei tempi andati. E lo fa con lo stile di un artista che è capace di reinventarsi senza rinnegarsi.
Colpisce nel segno con il suo up tempo spumeggianteSpirito nel buio, anche se la vera ricchezza del disco sta soprattutto nelle ballad, a cominciare da Cose che già sai (con Frida Sundemo).
Vittime del cool è la fotografia nitida in chiave blues soul dei tempi moderni, della società dell'apparire ("vorrei che ci fosse almeno qualcuno che sembri com'è... ormai che tristemente nessuno è quello che è...").
Ci sono malinconia e tanta bellezza nelle strofe di Sarebbe questo il mondo una delle perle di D.O.C., un pezzo sinenstetico che aziona i sensi: la vista, l'olfatto, il tatto. Un gran bel film di quattro minuti. Intensamente ispirata, poi, e dalle atmosfere country, Tempo al tempo scritta con Francesco De Gregori.