Agnus Dei
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Agnus Dei, film di Anne Fontaine tra violenza e fede: 5 cose da sapere

Polonia, dicembre 1945. La seconda guerra mondiale ha lasciato ferite, i soprusi delle truppe sovietiche hanno sostituito quelli dei tedeschi. Con una regia raffinata, a volte un po' algida,Agnus Deici porta in un convento di suore stuprate, in tormentata lotta tra dubbio e fede. Un doloroso frammento di Storia che sa illuminarsi grazie alla presenza operosa della giovane dottoressa interpretata da Lou de Laâge. Dopo il biopic Coco avant Chanel, il conturbante Two Mothers e la commedia colta Gemma Bovery, la regista franco-lussemburghese Anne Fontaine si cimenta col dramma storico che scava nelle emozioni più profonde. E si trova anche qui a suo agio.

Dal 24 novembre al cinema distribituito in 60 copie da Good Films, ecco 5 cose da sapere su Agnus Dei:

Agnus Dei, immagini del film

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1) La storia vera di Madeleine Pauliac

Agnus Dei si basa su una storia vera. Medico ventisettenne di Parigi, Madeleine Pauliac nel 1945 operava presso l'Ospedale francese di Varsavia ridotto in rovine, a capo delle attività di rimpatrio all'interno della Croce Rossa Francese. Attorno a lei una Polonia "liberata" dai tedeschi, provvisoriamente controllata dall'Armata Rossa. In queste circostanze Madeleine scoprì l'orrore nei reparti di maternità, dove i russi avevano violentato le donne che avevano appena partorito e quelle che erano in travaglio; gli stupri erano all'ordine del giorno e ci furono addirittura stupri collettivi nei conventi. Madeleine si occupò di fornire aiuto medico a queste donne, aiutandole anche a guarire le loro coscienze. Morì accidentalmente nel febbraio del 1946 mentre era in missione vicino a Varsavia.

2) Il "noviziato" di Anne Fontaine

Questa storia è arrivata ad Anne Fontaine tramite i suoi produttori, i fratelli Altmayer, che avevano conosciuto le vicende di Madeleine Pauliac grazie al nipote Philippe Maynial.
In Agnus Dei (titolo originale Les Innocentes) cambiano alcuni dettagli e Madeleine Pauliac diventa Mathilde. Interpretata da Lou de Laâge, Mathilde risponde alla richiesta di aiuto di una suora e, recandosi al convento, si rende conto che non una religiosa ma quasi tutte sono state vittime della barbarie dei soldati sovietici e molte sono rimaste incinte. Anche se non sarebbe di sua competenza, decide di prestare il suo soccorso medico, di nascosto, proteggendo la riservatezza delle sorelle violate. "Mi sono avvicinata alla storia tramite i diari della dottoressa Pauliac per parlare di questa disobbedienza positiva, di questo giovane medico che attraversa i boschi innevati senza che i suoi superiori lo sappiano", ha spiegato Fontaine alla stampa milanese.
La regista si è recata in Polonia per ricerche storiche sulla vicenda, che si sono rilevate complicate. Poche persone erano al corrente dei fatti. Poi, pian piano, è riuscita ad arrivare a tante verità.
Per riportare con fedeltà l'ambiente monacale, ha vissuto due ritiri in conventi benedettini come novizia: "Credo di esser riuscita a interiorizzare la vita di queste suore senza rischiare di essere caricaturale".
Una curiosità: la scena finale coi bambini che scorrazzano tra le suore è storia vera, ma estrapolata dalla vita di un altro convento.

3) La fragilità della fede

Dio vuole questo? È la domanda che ricorre, strisciante, frequente, dolorosa, nel convento polacco sfregiato dagli uomini della guerra. 
"La fede sono 24 ore di dubbio e un minuto di speranza", dice suor Maria, interpretata da Agata Buzek, attrice polacca che dà intesità asciutta al suo personaggio.
In Agnus Dei scorrono dialoghi sulla fede e sulla sua precarietà, privi di retorica. "Ho indagato la fragilità della fede", dice Fontaine che, pur avendo avuto un'educazione cattolica, è non credente. "Nello sposare la vita religiosa, la rinuncia più grande per una suora non è al sesso ma alla maternità. E questo è estremamente toccante". 
Agnus Dei è stato proiettato in Vaticano, dove è stato definito "un film teraupetico per la Chiesa".

4) Il vero amore affidato a una presenza laica

Nel convento turbato dall'orrore, tra pancioni in abito monacale che stanno sempre lì a ricordare, in modo stridente, la castità deturpata, a portare vero amore e luce è una figura laica e molto moderna. È il sorriso soffuso di Mathilde a generare speranza. La sua professionalità generosa, la solidarietà sussurrata, senza giudizi.
La madre badessa (Agata Kulesza, già vista nel film polacco premio Oscar Ida) è invece un personaggio torbido e oscuro, da tragedia greca, è sovrastata da una cultura bigotta che preferisce ammantare la vergogna (come se la vergogna non fosse da ascrivere esclusivamente agli stupratori ma anche alle vittime). "Ho dannato me stessa per salvarvi", la sua frase ambigua rivolta alle consorelle.

5) Lou de Laâge, grazia e luce

In Italia abbiamo già visto la protagonista Lou de Laâge nell'opera prima di Piero Messina L'attesa, accanto a Juliette Binoche. Ora è alla sua prima volta in un ruolo da giovane adulta. "È di poca esperienza in verità, ha sempre fatto ruoli da ragazzina", racconta Fontaine. "Ha fatto prove non eccelse ma nonostante ciò trovo che abbia grazia, carisma, luce e determinazione, tutti elementi necessari per questo film".
La luce pacata e pura che irradia l'attrice ventiseienne è vincente, anche quando si sofferma un po' troppo in silenzi che vogliono parlare o quando le labbra carnose indugiano tra sorriso e cruccio. Di giocondesca espressività.  

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