Economia
January 21 2016
Banche italiane in crisi e tensioni a livello europeo tra Bruxelles (Commissione UE), Roma e Francoforte (BCE). Tra condizionali, confusione e speculazione, il panico sul settore finanziario italiano è ormai dominante. Cosa c’è di vero, per ora, è quello che ci dicono i numeri.
I crediti deteriorati
Il problema è uno solo: le banche italiane hanno 350 miliardi di euro di crediti deteriorati, ovvero di qualità scarsa. Di questi, circa 200 sono sofferenze, ovvero crediti che le banche hanno nelle loro casse e che non riusciranno mai a incassare perché non c’è più alcun debitore in grado di rimborsarli. Altri sono “incagliati” ovvero temporaneamente non rimborsabili. Domani, chissà.
E c’è anche di vero che questo problema, che ha assunto dimensioni “incresciose” negli ultimi otto anni, non è mai stato affrontato a dovere (anche) dalla politica. Oggi che la BCE vigila su tutto il sistema, viene fuori con forza. E (forse) maggior serietà.
Tanto che il Single supervisory mechanism, ovvero lo strumento di vigilanza della BCE, sta inviando ad alcune banche europee un documento da compilare con l’analisi dei crediti deteriorati ma soprattutto delle coperture previste per mettere eventualmente una toppa alle perdite.
Alla fine anche la Consob lo ha dovuto ammettere: la lente della BCE ha messo sotto Banco Popolare e Bpm, candidati alle prime nozze tra popolari, Bper, Mps, Carige e Unicredit. Dunque questi istituti saranno messi sotto esame per due mesi.
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Il disastro in Borsa
Nessun problema, se le nostre banche fossero certe di poter restare in piedi. O meglio, nessun problema se il mercato avesse fiducia nel sistema creditizio italiano. Ma, evidentemente, così non è e il panic selling (le vendite di massa dettate dalla paura) degli ultimi mesi lo dimostra. A questo si aggiunge la speculazione. Forte. Da parte di chi sui crediti in sofferenza guadagna attraverso strumenti di finanza strutturata incomprensibili ai più. E ha dunque tutto l'interesse a seminare il panico.
È così che a Piazza Affari, sul mercato borsistico italiano, tutti gli investitori stanno fuggendo dal settore e i titoli stanno attraversando un periodo di lacrime e sangue. E non certo da oggi. Sono sei mesi che sono protagonisti di fortissimi ribassi. A luglio l’indice Ftse Mib aveva raggiunto nuovamente i 24 mila punti del 2008 (prima del crack Lehman Brothers). Peccato che da allora abbia perso il 21% con le azioni del settore finanziario giù addirittura del 60% come MPS, del 53% come Carige, o del 36% come Unicredit e del 24,5% come Intesa SanPaolo.
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Si potrebbe pensare che il futuro delle popolari si sia tinto più di rosa vista la riforma che, proprio per consolidarne la situazione patrimoniale, le vuole trasformarsi in spa. E invece no: -40% per il Banco Popolare, -37,7% per Ubi banca, -37,3% per Bper, -21% per Popolare di Milano. Meno perdite per Mediobanca che ha perso “solo” il 20%.
La bad bank
Per tamponare la situazione, intanto, il governo sta cercando di far nascere una Bad Bank, ovvero un a banca pubblica in cui versare tutti i crediti deteriorati in sofferenza e alleggerire le banche che potrebbero così ricominciare a fare credito (si spera) e a ridare fiato a famiglie e imprese.
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Ma anche su questo la politica non riesce a trovare un accordo. Dall'Europa si fanno pressioni perchè sia tutta pubblica, il ministro dell'Eonomia Pier Carlo Padoan la vorrebbe mista. Probabilmente ora, con il fiato sul collo della BCE e il tornado che sta devastando i mercati (e bruciando miliardi di capitali) prenderanno una decisione.