Lifestyle
March 26 2015
I francesi sembrano non sbagliare un colpo. Dopo la prova da maestro di François Ozon con Una nuova amica, mentre esce in sala French Connection, poliziesco sulla mafia marsigliese anni '70 quanto basta vintage e accattivante, ecco che arriva scalmanata ed esuberante La famiglia Bélier, in patria sorpresa del botteghino 2014.
Dal 26 marzo al cinema, è una commedia calda e abbastanza ruffiana, e c'è da giurare che farà ridere e commuovere. La famiglia Bélier del titolo, infatti, è una famiglia molto particolare. I suoi quattro componenti allevano mucche e vendono formaggi nella campagna della Normandia ma soprattutto... sono tutti sordi, tranne la giovane Paula. La madre Gigi, intepretata dalla vulcanica attrice francese Karin Viard, è civettuola, per nulla pudica e alquanto invadente. Il padre Rodolphe (il belga François Damiens) è burbero e rude ma sensibile. Il figlio minore Quentin (Luca Gelberg) è il classico pre-adolescente: menefreghista e in una tempesta di ormoni. Tutti e tre sono sordi, rumorosi e sopra le righe. La figlia maggiore Paula (Louane Emera) è l'unica udente ed è la loro interprete col resto del mondo.
Paula vive questo ruolo con senso di responsabilità, come un'adulta, ma quando esce di casa coi suoi compagni di scuola è pienamente adolescente, come la sua età detta. Proprio a scuola il cinico professore di corale (Éric Elmosnino) trova in lei un talento canoro insospettabile, che rischierà di portarla lontana dalla sua famiglia.
Ordendo un racconto di formazione dove il passaggio all'età adulta ha implicazioni più forti del solito, il regista Éric Lartigau sceglie più la leggerezza che la profondità, pur non dimenticando la sensibilità. Calca la mano sulla parte comica, con audace e imprudente umorismo, ai limite dell'eccesso. Alle canzoni del cantante pop Michel Sardou e alla voce di Louane Emera è affidato un substrato di emozioni e non detti palpitante.
Ecco 5 cose da sapere su La famiglia Bélier.
1) Da una storia vera
L'idea di raccontare di un'udente all'interno di una famiglia di sordi nasce dall'esperienza realmente vissuta da Véronique Poulain, assistente dell'attore e comico francese Guy Bedos, figlia di genitori sordi che nel 2014 ha raccontato il suo rapporto con i suoi, con umorismo, nel libro autobiografico Les Mots qu'on ne me dit pas (Le parole che non mi dicono). Victoria Bedos, figlia di Guy, ne ha tratto una sceneggiatura insieme a Stanislas Carré de Malberg. Il regista Lartigau l'ha resa più sua insieme a Thomas Bidegain, sceneggiatore che ha collaborato a diversi script di Jacques Audiard (Il profeta, Un sapore di ruggine e ossa).
2) Il concetto di diversità è ribaltato
Il canto è la strada che il destino ha scelto per la giovane protagonista della famiglia Bélier. Ma il canto non può che essere un mondo completamente ignoto agli altri Bélier, sordi. Per madre e padre Bélier la scelta di Paula sembra un tradimento e quasi un'aggressione. È una dote non condivisibile con loro.
In una confessione che sembra tenera e invece diventa ironica i genitori confessano a Paula che sua madre ha pianto quando ha saputo che lei, appena nata, era udente. Il pianto però non era di gioia. Gigi ha infatti un'avversione per gli udenti; l'aveva sollevata la speranza che un giorno la figlia magari potesse perdere l'udito. Scena esilarante. "Essere sordomuti non è un handicap, è un'identità", aveva prima ribadito Rodolphe. Per la famiglia Bélier la normalità è essere sordi.
"Quello che mi divertiva in questa storia era spingere gli spettatori a chiedersi dove si possa situare la normalità", ha detto il regista.
3) Paula, cantante di The Voice
Lartigau ha incontrato un'ottantina di ragazze prima di trovare l'attrice adolescente giusta per interpretare Paula. "Sfortunatamente quella che mi piaceva di più aveva la voce peggiore!", ha raccontato. Ma poi un suo amico gli consigliò di guardare due giovani cantanti nel talent show The Voice e lì ha scoperto Louane Emera, dalla recitazione incredibilmente spontanea e dalla voce emozionante. "La cosa che mi è piaciuta in lei è stata la sua fragilità contenuta, come se fosse sul punto di crollare alla fine della prima strofa. Con lei hai sempre la sensazione che tutto si regga su un filo sottile, eppure lei c'è, è presente, è al tempo stesso ancorata e solida", ha detto il regista. "Adoro tanto la sua grazia quanto la sua goffaggine che è quella tipica dell'adolescenza. È molto matura e possiede il senso dell'istante".
4) Luca Gelberg, veramente sordo
Della famiglia Bélier l'unico non udente anche nella vita reale è Luca Gelberg, il ragazzino che interpreta il fratello di Paula. Sordo profondo, non aveva alcuna esperienza con la macchina da presa. "Ha vissuto quest'avventura con grande vitalità e curiosità di scoperta. È un ragazzo gioioso e brillante. Sta sempre al gioco e sullo schermo ha una naturalezza che è molto affascinante", racconta Lartigau.
Anche Bruno Gomila, l'interprete del signor Rossigneux, è veramente sordo e bilingue, cioè si esprime sia oralmente che col linguaggio dei segni.
5) La sfida (non del tutto vinta) del linguaggio dei segni
Gli altri tre componenti della famiglia Bélier si sono dovuti avventurare nell'apprendimento della lingua dei segni. Emera e Viard hanno avuto come docente il professore sordo di origini moldave Alexeï Coïca e l'interprete Jennifer Tederri.
Damiens in Belgio ha avuto una professoressa sorda, Fabienne Leunis. Le lezioni si sono protratte per quattro o cinque mesi, al ritmo intensivo di quattro ore al giorno.
Per i tre attori è stata davvero una sfida. "È tutt'altro che facile interpretare un ruolo comico con l'aggravante della tensione della lingua dei segni: non sei disinvolto come di consueto e devi restare sempre estremamente concentrato", ha ammesso Viard.
Sembra però che i loro sforzi non abbiano portato a un risultato ineccepibile, per chi il linguaggio dei segni lo conosce davvero. All'anteprima di Tolosa, il 31 ottobre 2014, il pubblico sordo ha dovuto leggere i sottotitoli perché non capiva la lingua dei segni sullo schermo.
Inoltre, secondo la giornalista sorda del Guardian Rebecca Atkinson La famiglia Bélier è un "ennesimo insulto cinematografico alla comunità dei sordi"; a Lartigau rimprovera di non aver usato attori sordi per i ruoli principali e si chiede quando sarà scritta una storia su una persona sorda che non implichi il clichè della "perdita" della musica.