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May 01 2017
Da più parti in Francia, e in tutta Europa, il sorriso davanti ai sondaggi che danno Emmanuel Macron vincitore al ballottaggio per le elezioni presidenziali del 7 maggio, ha un'ombra di preoccupazione.
Perché il timore che Le Pen possa rimontare è diffuso e si basa su considerazioni ragionevoli.
Non è, dunque, scaramanzia. In fondo potrebbe ripetersi quanto successo con Trump in novembre 2016 negli Stati Uniti.
Martedì 25 aprile anche il presidente Hollande aveva espresso il timore della Francia e dell'Europa liberale.
Hollande aveva rimproverato Macron che, a suo dire, si dimostra un po' appagato, come se sentisse la vittoria in tasca, e silenzioso davanti all'offensiva della leader dell'estrema destra nazionalista.
Le Pen sta attaccando in modo pesante, gira il paese, punta tutto sull'appello al popolo contro le élite, delle quali Macron è parte: come se lei non avesse un maniero di famiglia, non fosse cresciuta circondata da maggiordomi, non avesse fatto altro che politica, ereditando il Front National dal padre.
Certo, Macron cammina su un filo: volto (quasi) nuovo, estraneo ai partiti tradizionali (ne ha fondato uno tutto suo) ma è stato un banchiere (il simbolo più odiato per chi è ossessionato dalla contrapposizione popolo vs élite), e ministro con Hollande presidente: insomma, se Le Pen insiste alla Grillo su queste cose, qualche altro francese lo convince.
Ma ne deve convincere tanti. Le Pen deve infatti allargare la sua base elettorale che è inchiodata a poco più del 20%.
I principali bacini altrui al quale attingere sono:
- quello di repubblicani di François Fillon, poco più del 20% al primo turno;
- quello di Jean-Luc Mélenchon, al 19,5%.
Ora, Fillon ha immediatamente invitato i suoi elettori a votare per Macron il 7 maggio. Le stime di Harirs Interactive dicono che il 47% dei suoi elettori gli darà retta; mentre il 23% voterà per Le Pen; e un altro 30% si asterrà.
Mélenchon, rabbioso e livido per non essere arrivato al ballottaggio, per un'intera settimana dopo il primo turno non si è espresso sul secondo turno. Soltanto lunedì 30 ha detto che andrà a votare il 7 meggio e che certo non voterà per Le Pen. Secondo le stime di Harris, il 12% degli elettori di Mélenchon voterà Le Pen, il 52% Macron, il 36% si asterrà.
In pratica, per vincere Le Pen deve conquistare un altro 30% dell'elettorato.
Deve dunque sperare che si abbassi la partecipazione al ballottaggio (al primo turno è stata poco più del 77%), e conquistare quasi tutto l'elettorato di Fillon e una buona metà di quello di Mélenchon (o viceversa, o tre quarti di entrambi). Certo sarebbe un terremoto elettorale nel giro di due settimane (poche per avere buone probabilità di riuscita).
Contro l'ipotesi anche il fatto che il sistema elettorale francese è a collegio unico, non è possibile dunque giocare su alcuni territori chiave come ha fatto Trump, per spostare a proprio favore l'esito generale (ricordiamo che Trump è presidente pur avendo ottenuto tre milioni di voti in meno di Hillary Clinton). Ricordiamo anche che secondo una simulazione dell'Economist, se in Francia si fosse votato con il sistema americano a turno unico e a collegi elettorali regionali, Le Pen avrebbe ora sarebbe presidente.
Detto questo, la condizione politica della Francia, strattonata dalla globalizzazione e dal delirio "sovranista" è estremamente fluida: quindi l'eventualità che possa accadere quel terremoto al quale abbiamo accennato è altamente improbabile. Ma può accadere.
(Questo articolo è stato publbicato la prima volta il 26 aprile e ripubblicato con aggiornamenti il 1° maggio 2017)