Avrà fatto piacere a Matteo Renzi sapere che, tra i padri nobili del suo progetto di superamento del bicameralismo perfetto (scaricalo qui , ndr), c'è anche quel professor Stefano Rodotà che qualche tempo fa, con un pugno di intellettuali e artisti engagé come Dario Fo e Gustavo Zagrebelsky, gli sparava contro un vibrante appello antiautoritario e che nel 1985, quando era parlamentare indipendente del partito comunista, risultava secondo firmatario di un analogo progetto di riforma costituzionale a quello di Renzi che prevedeva però la ben più audace abolizione tout court del Senato della Repubblica, considerato un inutile doppione della Camera.
Ma farà ancora più piacere a Renzi sapere che tra gli stessi padri nobili cui può richiamarsi, per rispondere alle critiche da sinistra e alla mobilitazione degli intellettuali, non ci sono solo Licio Gelli e Silvio Berlusconi - come vanno ripetendo con un bel po' di approssimazione i seguaci della fu gauche radicale - ma anche Enrico Berlinguer, l'ex segretario del fu Partito comunista. Era l'anno 1981. Il Pci - appena uscito dal fallimentare tentativo di compromesso storico con la Dc - redasse un documento cui L'Unitàin prima pagina e a pagina 7 (scaricalo, ndr) diede grande risalto. Si chiamava pomposamente «Materiali e proposte per un programma di politica economico-sociale e di governo della economia» e fu redatto dal Partito di Berlinguer in collaborazione con un grande numero di economisti e costituzionalisti di area. Puntava al cuore delle riforme istituzionali di cui allora, in Italia, si cominciava a parlare.
Nell'apposito capitolo dedicato alla riforma dello Stato, era scritto nero su bianco che «il bicameralismo appare come un ostacolo e come un appesantimento dei lavori parlamentari. La soluzione più razionale è l'unicità dell'assemblea parlamentare. In questo quadro, può ritrovare una sua peculiare funzione consultiva un organismo come il CNEL adeguatamente riformato». E non solo. Il documento faceva espresso riferimento alla necessità di rafforzare i poteri del presidente del Consiglio e di ridurre - accorpandone le funzioni - il numero dei ministeri. Proposte di riforma del fu Pci al cui confronto quella di Renzi (Italicum e Senato della autonomie) è acqua sui ponti. O se preferite: acqua di rose. Ma allora nessuno si sollevò contro la svolta autoritaria. Anzi, qualcuno come Rodotà ne prese il testimone, fino all'ultima recente svolta.