Economia
April 03 2017
Gli svenimenti di anziani dopo ore di fila fuori e dentro gli uffici di Equitalia mostrati da qualche inchiesta televisiva rappresentano solo l’aspetto più appariscente del disastro in corso con l’operazione “rottamazione delle cartelle”, i cui termini di adesione sono stati prorogati al 21 aprile dal governo. A monte di quelle scene drammatiche c’è una tale sequenza di mancanza di organizzazione che sembra partorita dall’immaginazione di un regista di film dell’orrore. Ripercorriamola a ritroso.
COSA DICE L'AVVISO
A ottobre 2016 il governo emana il decreto fiscale (convertito in legge a fine novembre) in cui è contenuta la definizione agevolata, alias rottamazione, delle cartelle fiscali per le pendenze con Equitalia. Già a dicembre arrivano 250 mila domande di cittadini decisi a chiudere i conti con la società di riscossione e il flusso cresce notevolmente fra gennaio e febbraio perché dall’inizio dell’anno Equitalia scrive a tutti coloro che hanno debiti della stessa natura ma ancora non lo sanno. La legge prevede infatti che si mandi un avviso a tutti i destinatari di cartelle di pagamento emesse nel 2016 e non ancora notificate. Sono più di 4,6 milioni di avvisi, che vanno chiaramente a ingrossare l’esercito dei cittadini che vogliono mettere una pietra sulle loro pendenze con Equitalia.
Che cosa c’è scritto in questi 4,6 milioni di avvisi, tutti uguali? Fondamentalmente due cose: la prima è che esiste una pendenza del 2016 non ancora comunicata, la seconda è il relativo importo. Punto. Nessun elemento per valutare se la rottamazione (che consiste in una diminuzione dell’importo in cambio dell'accorciamento dei tempi di pagamento) sia conveniente e soprattutto, ciò che è assai più grave, neppure uno straccio di informazione che aiuti a capire di che cosa si tratti. L’unico modo per vederci più chiaro è andare a cercare nel proprio cassetto fiscale, dove le pendenze compaiono anche prima della notifica. Ma non è certo una mossa alla portata di tutti.
NESSUN DETTAGLIO
I vertici di Equitalia possono replicare di essersi attenuti scrupolosamente alla legge, che chiede all’ente della riscossione solo di informare il debitore con posta ordinaria “dei carichi affidati nell’anno 2016 per i quali, alla data del 31 dicembre 2016, gli risulta non ancora notificata la cartella di pagamento”. Dunque né il governo che ha scritto il decreto né il Parlamento che l’ha convertito in legge hanno prescritto di informare dettagliatamente i cittadini. Ma Equitalia non avrebbe potuto inserire nei suoi avvisi quelle spiegazioni, anche se non espressamente richieste nel decreto?
È bene sapere che gli accertamenti dell’Agenzia delle entrate danno origine in media, nell’intero arco del loro percorso, a un 20% di sgravi. Vuol dire che due cartelle su dieci non si incassano perché non sono dovute. A chi non è mai capitato di essere oggetto di una richiesta di pagamento non valida, perché frutto di un errore di persona, notificata a un indirizzo sbagliato o semplicemente caduta in prescrizione?
Inoltre, sia detto per inciso, senza questa operazione il gettito della riscossione registrerebbe nel 2017 un netto calo (che quasi certamente si vedrà dal 2018) perché durante lo scorso anno, ad onta delle trionfali interviste sui presunti successi nella lotta all’evasione rilasciate nei mesi scorsi dal direttore dell’Agenzia delle entrate Rossella Orlandi, l’accertamento sulla cui base si effettua la riscossione è in realtà diminuito: da 66 miliardi e rotti nel 2015 a 54-55 nel 2016. Circa 11 miliardi e mezzo in meno di evasione accertata, che non potranno non produrre effetti anche sulla riscossione.
Per tornare alla rottamazione, non dare informazioni significa anche indurre il contribuente a pagare senza sapere se la cartella è dovuta oppure no. Il tutto ben sapendo che la molla di questa operazione è il frenetico bisogno di cassa dello Stato, alle prese con l’aumento incoercibile del debito pubblico e la richiesta di una manovra aggiuntiva da parte della Commissione europea.
COME AVERE INFORMAZIONI
La mancanza di informazioni all’interno dell’avviso potrebbe esser considerata secondaria se ci fossero altri modi ragionevoli di procurarsele. Equitalia si comporta come se fosse così, ma questo aggiunge solo la beffa al danno. “Per maggiori informazioni” c’è scritto negli avvisi “consulti il nostro portale oppure chiami il nostro contact center al numero 060101”. Se avete dieci minuti da buttare provate a fare questa telefonata, giusto per capire che non risponde nessuno. Ma attenzione, la farete a spese vostre, perché prima di rottamare le cartelle, un anno fa circa, Equitalia ha rottamato alla chetichella il vecchio numero verde, sostituendolo con un numero nero. Dunque, per cercar di capire se la richiesta di soldi avanzata dalla società di riscossione è giusta o fasulla bisogna pure pagare la telefonata. Che poi, servisse almeno a qualcosa. Chi ci ha provato ha capito subito che non era aria e si è rassegnato a mettersi in fila allo sportello.
Qui si sono avute le sorprese più amare, perché alcuni uffici sono stati travolti dall’afflusso di contribuenti. Dopo aver mandato 4 milioni e 600 mila avvisi e aver pubblicizzato in lungo e in largo la rottamazione, i vertici di Equitalia si sono lasciati sorprendere dal fatto che in tanti (oggi siamo oltre le 600 mila richieste, la metà circa effettuate on line e altrettante allo sportello) si siano presentati nei loro uffici. Con risultati drammatici. Da settimane la società di riscossione dirotta in modo massiccio il personale nelle sedi più importanti, ma non basta.
LA CORSA A OSTACOLI DI CHI VUOLE PAGARE
Le scene peggiori si sono viste a Roma, nell’ufficio di Casal dei Pazzi, ma la situazione è critica anche a Napoli, a Milano e in altre grandi città. È a dir poco arrabbiato il presidente e fondatore dell’associazione Contribuenti.it, Vittorio Carlomagno, i cui collaboratori hanno fatto esperienza diretta di quel che accade in varie parti d'Italia. “In questa vicenda” dice “rischiano di andare in fumo anni di iniziative per migliorare il clima fra il fisco e i contribuenti. Siamo tornati ai tempi di Vincenzo Visco ministro delle Finanze”. Anche a chi ha già deciso di pagare (qui si rasenta davvero l’autolesionismo da parte dell’amministrazione) tocca la sua corsa a ostacoli, a meno di avere un indirizzo di posta certificata per poter fare tutto on line.
Si parla di code autogestite dai cittadini che cominciano di notte all’esterno degli uffici e proseguono all’interno per tutta la mattinata. “E quando arriva il tuo turno” prosegue Carlomagno “non sei neppure sicuro di farcela, perché la presenza di tanta gente induce i funzionari a dedicare solo 3-4 minuti ai cittadini e se sbagli modulo non hanno tempo di aiutarti a rifarlo. Ti dicono solo di tornare con quello giusto”.
Che cosa si può fare ora? Al netto di eventuali nuove proroghe, oggi impossibili da prevedere, quel che serve è anzitutto organizzare gli uffici in modo da poter accogliere degnamente i cittadini. La richiesta va indirizzata all’attuale presidente di Equitalia, Ernesto Maria Ruffini, da mesi in odor di promozione. A partire da giugno, secondo voci sempre più insistenti, gli toccherà l’onore di governare la nuova Agenzia delle entrate (destinata ad assorbire, almeno formalmente, la stessa Equitalia) al posto della uscente Rossella Orlandi. La sua corsa potrebbe inciampare nelle code e nel caos di queste settimane? Solo in teoria. In pratica è quasi certo che accadrà il contrario. Se il gettito dell’operazione sarà appena discreto, la rottamazione delle cartelle gli darà la spinta decisiva per tagliare il traguardo.