Aumento dell'iva, i possibili rincari
Dalla pasta al vino fino agli elettrodomestici, l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto costerà almeno 100 euro a ogni famiglia
Accettare un aumento dell’iva come ci chiede l’Europa per coprire il taglio al cuneo fiscale, cioè alle tasse sui salari. E’ lo scambio che si profila all’orizzonte dopo l’approvazione del Documento di Economia e Finanza (Def) e dopo l’intervista rilasciata nei giorni scorsi al Messaggero dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. “Più iva e meno tasse sul lavoro”, era il titolo che ha accompagnato l’intervista di Padoan e che ha già provocato non pochi malumori dentro l’ala del Pd che fa riferimento all’ex-premier Matteo Renzi.
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Sembra dunque destinata ad avverarsi la previsone fatta nei gorni scorsi, in occasione del varo dal Def, dal capo analista della Cgia (la confederazione degli artigiani) di Mestre, Paolo Zabeo. In una nota a commento del documento di economia e finanza, il rappresentante della Cgia ha scritto di ritenere assai improbabile che il governo riesca a trovare i soldi per impedire l’aumento automatico dell’iva previsto dalle clausole di salvaguardia, cioè in base agli impegni presi in passato dall’Italia con l’Europa. Visto che l’esecutivo e il ministro Padoan non vogliono tagliare più di tanto la spesa pubblica e non vogliono neppure rinunciare al taglio del cuneo fiscale, si rafforza dunque l’ipotesi di un aumento dell’Iva, seppur in misura minore rispetto ai 3 punti percentuali concordati con l’Europa.
Colpiti i più poveri
Ma è giusto o sbagliato barattare l’incremento dell’imposta sul valore aggiunto, cioè sui consumi, con la riduzione del carico fiscale sul lavoro? Per la Cgia assolutamente no, per una ragione molto semplice: “con un’eventuale riduzione del cuneo fiscale”, sostiene Zabeo “i vantaggi economici ricadrebbero soltanto sulle imprese e sui lavoratori dipendenti, mentre il rincaro dell’Iva lo pagherebbero tutti, in particolar modo i più deboli come i disoccupati, gli inattivi e i pensionati”. Secondo i calcoli della Cgia, un aumento dell’imposta sui consumi di un solo punto, dal 22 al 23% (per l’aliquota ordinaria), peserà in media per circa 100 euro all’anno sul bilancio di una famiglia di 3-4 persone.
Primi in Europa (o quasi)
Per una bottiglia di vino da 8 euro, per esempio, un aumento dell’iva dell’1% farebbe salire il prezzo di 8 centesimi mentre su un tv color da 800 euro il rincaro sarebbe di 8 euro. Presi singolarmente, i rincari sarebbero dunque esigui.
Messi tutti assieme, però, questi rialzi d’imposta finirebbero per pesare per diverse decine di euro all’anno sul bilancio delle famiglie meno ricche. In Europa, soltanto 4 nazioni (Grecia, Finlandia, Portogallo e Irlanda) hanno l’iva più alta dell’Italia (con un’aliquota ordinariadel 23-24%). Con un rincaro di ben tre punti dal 22 al 25% come previsto dalle clausole di salvaguardia, il nostro Paese balzerebbe al primo posto in assoluto.