Autoriciclaggio, che cosa prevede il nuovo reato
Luci e ombre su un provvedimento destinato a fare discutere. Sul banco degli imputati: il cavillo del "godimento personale"
Ne bis in idem. È il principio di stampo romano per cui un soggetto non può essere giudicato più di una volta per la medesima condotta. Ed è il principio per cui non è punito per riciclaggio di denaro, beni o altro chi commette i reati alla base di quel riciclaggio. In soldoni: chi incassa una mazzetta magari bella grossa e con una serie di passaggi più o meno fantasiosi la investe in attività lecite di fatto “ripulendola” può essere incriminato per la sola mazzetta. Tutto il resto costituisce una sorta di post factum ossia un proseguimento naturale dell’illecito principale. Come dire: se intaschi una mazzetta qualcosa ci dovrai pur fare. Giusto? Non più.
Con l’ormai imminente introduzione del nuovo reato di autoriciclaggio (salvo intoppi last minute il via libera alla Camera potrebbe arrivare entro la prima settimana di dicembre), chi ripulisce mazzette & co “in proprio” verrà perseguito anche per quell’attività. Bingo!
Ma c’è un “ma”: se la mazzetta di cui sopra verrà usata – badate bene!- per “godimento personale” ossia per l’acquisto di beni di lusso, immobili, giri del mondo in mongolfiera (si fa per dire) o per qualsiasi altra diavoleria destinata al mero piacere del tizio con la mazzetta in tasca l’autoriciclaggio non gli verrà imputato. Ed è qui che casca l’asino!
Al di là della spaccatura tra garantisti a oltranza e colpevolisti a prescindere con i primi che non vogliono nemmeno sentire parlare di autoriciclaggio e i secondi impegnati a stroncarne la portata perché troppo “morbida”, il punto vero è un altro: come si farà a stabilire la linea di confine del “mero godimento”?
In altre parole: il corrotto di turno (e i suoi avvocati) le tenterà tutte pur di dimostrare che la famosa mazzetta non è stata investita in attività d’impresa bensì nell’acquisto di un pied-à-terre magari per l’amante (pardon, per la moglie!). E la magistratura inquirente impazzirà nel tentativo di dimostrare il contrario. Con il risultato non secondario che le già ingolfatissime procure verranno ingolfate ancora di più. Ma tant’è.
Da lì l’idea che con l’introduzione del reato di autoriciclaggio il legislatore più che punire il “lavaggio” in sé punti ad arginare l’inquinamento del sistema economico lecito da flussi di denaro illecito. È così? Boh! È una supposizione. L’altra è che a forza di compromessi la montagna abbia partorito un topolino... A voi il verdetto!
Scendendo nel dettaglio: se la norma passa così com’è gli “autoriciclatori” rischiano da 2 a 8 anni di reclusione se il reato all’origine del crimine (la mazzetta, per intenderci!) è punibile con almeno 5 anni di gattabuia. Altrimenti gli anni da scontare vengono dimezzati da 1 a 4. Più multe in entrambi i casi.
Ultimo appunto: l’autoriciclaggio è stato esteso anche alla legge 213 che regola la responsabilità amministrativa delle società. Questo significa che d’ora in poi le imprese avranno la responsabilità di accertare il reato eventualmente commesso dai loro dipendenti. Auguri!
P.s. L’autoriciclaggio è compreso nella proposta di legge sul rientro dei capitali. La stessa che prevede la voluntary disclosure ossia l’autodenuncia di avere portato capitali all’estero in cambio di sconti sulla sanzione. Per il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan si tratta di uno “strumento fondamentale per migliorare il contrasto all’evasione fiscale”. E c’è chi ipotizza che l’intero impianto possa portare nelle casse dello Stato fino a 5 miliardi di euro, tanto quanto l’ultimo indulto di tremontiana memoria. Davvero? I dubbi sono leciti.