Bailout: il salvataggio. Della Grecia o dell'Europa?
Letteralmente significa "rimuovere l'acqua con un secchio di modeste dimensioni da una barca che affonda". Mai una parola fu più indovinata...
Vi dice qualcosa "whatever it takes"? Perché sentire dire da Yanis "Rock" Varoufakis, capo delle Finanze elleniche, il fatidico "tutto quello che è necessario" passato ai posteri quale marchio di fabbrica del patron della Bce Mario Draghi, quanto meno mi ha fatto sorridere. Che sia stato un “omaggio” a chi effettivamente detiene i cordoni della borsa dell’euro-zona, un lapsus o chissà. Yanis aveva appena bollato come “assurdo” e “inaccettabile” il proseguimento dell’attuale bailout da 240 miliardi di euro offertogli dall’Ue. Salvo promettere a strettissimo giro che avrebbe fatto “qualsiasi cosa” per raggiungere comunque un accordo con Bruxelles. Bene!
Ma andiamo in ordine. Cos’è 'sto bailout che campeggia ovunque in questi giorni, titoli in prima pagina compresi? Letteralmente significa "salvataggio", nulla di eccezionale, basta masticare un po’ d’inglese per saperlo. Anche se a volere essere pignoli pare significhi "l’atto di rimuovere l’acqua con un secchio di modeste dimensioni da una barca che affonda". Perbacco!
In effetti detta così rende molto meglio l’idea. Tanto più che la barca pare stia affondando davvero. Nonostante il “secchiello” da 240 miliardi (non proprio modesto!), che per altro si è aggiunto a quello da 110 miliardi concesso della famigerata Troika con il primo bailout greco messo a segno nel 2009.
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Giusto il 18 febbraio, Caritas Europa ha diffuso il suo ultimo "Crisis Monitoring Report" sui costi sociali dell’austerity. In Grecia, ma non solo. A finire sotto la lente dei suoi analisti anche Cipro, Irlanda, Portogallo, Romania, Spagna e, udite, udite!, Italia. Ossia: i Paesi Ue che sono stati i più colpiti dalla crisi e/o che hanno ricevuto aiuti finanziari dalla comunità internazionale.
Come se la passano? Male, malissimo. Perché in tutti, ma proprio in tutti, la crisi ha allargato a dismisura la forbice sociale. Ad Atene però si è arrivati alla “crisi umanitaria”. Lo dice la Caritas. E non a caso l’espressione è la stessa che il premier di estrema sinistra Alexis Tsipras è solito ripetere come un mantra.
Ma che c’entra l’austerity con il bailout? C’entra. Perché i soldi arrivano a patto di pensanti, pesantissimi, tagli su tutti i fronti della spesa pubblica. La teoria vuole che questo sia l’unico modo per risanare un Paese. La pratica dimostra che succede esattamente il contrario.
Quindi? Volendo rimanere all’attualità stretta tutti scommettono su un accordo-ponte tra Grecia e Ue già nelle prossime ore. Sul piatto c’è l’estensione per altri sei mesi del prestito Ue ad Atene ossia quanto basta a Tsipras & Co per tirare il fiato e tornare al tavolo delle trattative con proposte di risanamento concrete pro-futuro. Oggi l’Eurogruppo, l’ennesimo, che dovrebbe sbloccare l’impasse. Se il banco dovesse saltare a marzo Atene non sarà più in grado di pagare gli stipendi degli statali e le pensioni. Altroché bailout!
P.s. Cinquecento milioni di euro. A tanto ammonta il prelievo medio giornaliero dagli sportelli delle banche greche. In attesa di capire che cosa succede i cittadini ellenici svuotano i bancomat e presumibilmente tornano a nascondere i soldi sotto il materasso. Scene già viste, si direbbe. E che fanno riflettere. Parecchio.