Come farebbe la Grecia a uscire dall'euro
Atene ha un piano per un ritorno alla dracma. Una strada molto simile a quella seguita dai due paesi della ex-Cecoslovacchia quando abbandonarono la corona
Un piano segreto per riportare in Grecia una nuova moneta parallela all'euro. A idearlo, secondo indiscrezioni di stampa non confermate, sarebbe stato il ministro dell'economia ellenico, Yanis Varoufakis, qualora vincessero i no nel referendum indetto per il 5 luglio. Domenica prossima, infatti, i cittadini greci saranno chiamati a esprimersi sul piano di aiuti e di riforme proposto dall'Europa ma rifiutato dal governo di Atene del premier Alexis Tsipras.
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Visto che il referendum si sta trasformando in un derby tra i favorevoli e i contrari all'euro, la vittoria dei no potrebbe appunto coincidere con il Grexit, l'uscita della Grecia dall'Unione Monetaria europea. Per ora, si tratta solo di ipotesi che tuttavia non sono affatto campate in aria, visto l'irrigidimento nei rapporti tra il governo di Atene e il resto dei paesi di Eurolandia. Proprio per questo, Varoufakis avrebbe ideato un piano per un ritorno alla dracma, stabilendo inizialmente un rapporto di cambio alla pari con l'euro. Ma come potrebbe avvenire, nel concreto, un' operazione del genere?
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Nei trattati istitutivi dell'euro, non è contemplata minimamente l'ipotesi che un paese possa abbandonare la moneta unica.
A ben guardare, però, nella storia ci sono dei precedenti, che hanno portato allo scioglimento di un'unione monetaria. È ciò che avvenne, per esempio, tra la Repubblica Ceca e la Slovacchia del 1993.
Dopo essersi già separati politicamente, in modo assolutamente pacifico, questi due paesi decisero di mantenere una valuta comune:la corona della vecchia Cecoslovacchia. Ben presto, però, ci si rese conto che l'unione monetaria non reggeva, poiché l'economia della Repubblica Ceca cresceva a ritmi molto più sostenuti rispetto alla Slovacchia (un po' come la Germania di oggi con il resto d'Europa). Di conseguenza, le autorità finanziarie di Praga e Bratislava decisero di adottare due monete diverse, al posto della vecchia corona.
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Il passaggio alle nuove valute fu un'operazione-lampo, preparata in gran segreto, come è raccontato chiaramente in un'analisi scritta nel 1999 da due economisti: Jan Fidrmuc e Julius Horvat. La decisione di creare due monete, secondo questi studiosi, fu adottata dai vertici della banca centrale di Praga nel gennaio del 1993 e, dopo trattative segrete con le autorità slovacche, fu annunciata pubblicamente il 2 febbraio successivo, per essere poi ratificata velocemente dai parlamenti di entrambe le repubbliche. In pochissimi giorni, dal 4 al 7 febbraio dello stesso anno, la vecchia corona cecoslovacca fu convertita nelle nuove valute.
Tuttavia, la precedente moneta nazionale continuò a circolare per qualche mese nelle tasche dei cittadini, come avvenne anche in Italia nel 2002 ai tempi del changeover, cioè il passaggio dalla lira all'euro .
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Entro l'agosto del 1993, però, la vecchia corona cecoslovacca fu quasi completamente rimpiazzata. L'operazione era architettata nei dettagli, per evitare una fuga di capitali dalla Slovacchia, la cui moneta era destinata a svalutarsi rispetto a quella della più solida Repubblica Ceca (un po' come avverrebbe per la nuova dracma nei confronti dell'euro).
E così, il 3 febbraio del 1993, cioè subito dopo l'annuncio dello scioglimento dell'unione monetaria, i pagamenti tra la Repubblica Ceca e la Slovacchia furono bloccati transitoriamente, mentre i controlli alle frontiere vennero intensificati per evitare illeciti passaggi di denaro. Inoltre, entrarono in vigore dei limiti severi ai prelievi e ai pagamenti in contante che, nella fase di transizione, non potevano superare il tetto massimo di 4mila corone, con delle eccezioni per le transazioni commerciali tra aziende.
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Visto che tutta questa complessa operazione avvenne senza grandi scossoni, la Grecia e i Paesi dell'Eurozona potrebbero seguirne le orme, nel caso in cui venisse deciso il ritorno alla dracma.
C'è però un particolare tutt'altro che trascurabile: il fortunato abbandono della corona cecoslovacca fu possibile perché i governi di Praga e Bratislava cooperarono in piena sintonia, senza le tensioni che ci sono invece oggi tra Atene e Bruxelles.