Perché la Cina non sarà mai una potenza mondiale
Gli squilibri economici interni sono troppi e impediscono a Pechino di sostituirsi agli Stati Uniti come punto di riferimento globale
Non si contano i commenti di analisti convinti che la "retromarcia" degli Stati Uniti porterà al rafforzamento di un presunto asse sino-europeo che Pechino e Bruxelles sarebbero contentissime di sostenere. Si parla di maggiore collaborazione tra Europa e Cina sul piano della sicurezza, del terrorismo, dell'economia, e persino del riscaldamento globale. Chissà se fra qualche mese questo ipotetico blocco non finisca col sentirsi più affiatato anche sul piano dei diritti umani, verrebbe da dire.
Eppure, purtroppo, la realtà è molto diversa. E il tanto decantato idillio sino-europeo non solo non esiste, ma non è stato nemmeno preso in considerazione. O quanto meno non da Pechino.
America First e China First
Lo slogan China First non l'ha mai usato nessuno, ma è impossibile negare come il governo cinese, e non solo dopo l'avvendo di Xi Jinping, sia concentrato esclusivamente sugli interessi cinesi. Cooperazione e dialogo vengono presi in considerazione solo quando conviene alla Cina. A prescindere dal fatto che si parli di economia, politica o ambiente. Per Pechino il riscaldamento globale è un problema perché si ritrova a dover gestire una delle nazioni più inquinate del pianeta? Allora ben venga presentarsi come paladina della rinascita degli Accordi di Parigi. Xi Jinping sa che senza il commercio la Repubblica Popolare non può sopravvivere? Allora ecco che approfitta di Davos per presentarsi come difensore della globalizzazione.
Allo stesso tempo, però, nessun esponente della classe dirigente del Regno di Mezzo si sognerebbe mai di intavolare una discussione sulla gestione delle isole contesenel Mare cinese meridionale, sui sussidi alle acciaierie, sul controllo dei media e delle informazioni in entrata e in uscita dal paese. Consapevoli in partenza dell'impossibilità di raggiungere un compromesso accettabile per Pechino, tanto vale procedere per la propria strada. Quella della China First, appunto. Senza sbandierarlo troppo, per evitare di mettere troppo in evidenza che (anche) la Cina pensa solo a se' stessa.
Perché la Cina non è una potenza mondiale
Giusto o sbagliato che sia, se la Cina ragiona in questo modo sarebbe bene prenderne atto, ed assumere un atteggiamento più pragmatico. Attenzione però: il fatto che Pechino continui a dare la priorità ai propri interessi non significa che con la Cina non si possa tentare di dialogare. Quello che dobbiamo capire, però, è se, come tanti scrivono, la leadership erratica di Donald Trump finirà col lasciare alla Cina lo spazio necessario per affermarsi come principale superpotenza mondiale.
Le incognite nel futuro cinese
La Repubblica popolare continua a vivere una fase di transizione molto delicata. Da un lato, sta cercando, ove possibile, e certamente sfruttando l'ondata anti-Trump, di farsi percepire come potenza non solo avanzata, ma anche responsabile e affidabile. In grado, sulla carta, di sostituire gli Stati Uniti nella leadership mondiale. Questa lettura porta però con sé almeno due problemi. Il primo è legato alla sua effettiva realizzazione, che è tutt'altro che scontata. La Cina ha infatti moltissimi problemi da risolvere, dalla povertà alla disuguaglianza, che sta raggiungendo livelli inaccettabili (sulla base delle ultime statistiche, il 25 per cento della popolazione controllo appena l'1 per cento della ricchezza nazionale), dalla disoccupazione (in media al 4 per cento, con un picco del 10 per gli under 24) all'invecchiamento (nei prossimi dieci anni il numero di anziani raddoppierà), dal debito pubblico alla crisi di sovrapproduzione industriale, dall'efficienza energetica all'inquinamento.
La Cina non è certo l'unico paese in crisi, e il fatto che continui a mantenere un tasso di crescita che oscilla tra il 6,8 e il 7 per cento aiuta a continuare a considerarla un'economia solida e promettente. Tuttavia, se alle sfide interne si sommano quelle esterne (dalle dispute territoriali alla crisi nordcoreana, dalla difficoltà di gestire progetti impegnativi come quello della Nuova Via della Setaal terrorismo, senza dimenticare i numerosi focolai indipendentisti, un livello di corruzione che non ha precedenti, e una leadership disposta a tutto pur di mantenere un controllo assoluto sulla storia e sui media, a qualsiasi livello, l'ottimismo sulla capacità di Xi Jinping & co. di trovare una soluzione per tutto in tempi relativamente rapidi si riduce notevolmente.
Come interagire con Pechino
Quando si parla di Cina, le uniche certezze che abbiamo sono queste: il paese è importante, influente, e non può essere ne' trascurato ne' ignorato; i problemi interni sono tanti e complessi, e continueranno sia nel medio che nel lungo periodo a influenzare le scelte e le politiche della classe dirigente; Pechino è aperta al dialogo quando sa che quest'ultimo può condurre all'implementazione di iniziative che si allineano perfettamente alle sue priorità. Allo stesso tempo, la Cina sta investendo massicciamente in Europa (gli investimenti negli ultimi 12 mesi sono aumentati del 77 per cento raggiungendo quota 35 miliardi di dollari) ma non si è ancora lasciata sfuggire alcun dettaglio sulla strategia che sta dietro questi suoi movimenti, e vuole a tutti i costi vedere conclusa la Nuova Via della Seta, senza India e senza Stati Uniti. La storia insegna che fidarsi della Cina può essere pericoloso. Allo stesso tempo, Donald Trump costringe un po' tutti a cercare altri partner. L'unica alternativa che ci resta, quindi, è quella di continuare a dialogare con Pechino, nella speranza che il consolidamento di una serie di iniziative condivise possano lasciare al Vecchio Continente un margine sufficiente a correggere il tiro laddove Pechino deciderà di andare avanti per la sua strada. Rimanendo fedele alla linea China First.