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ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
Economia

Piccole imprese, ecco gli effetti della crisi

Secondo i dati forniti dalla Confesercenti, dal 2007 ad oggi, ben 660mila piccoli imprenditori hanno detto addio alla propria attività

Mentre si attende con ansia sempre più crescente una ripresa vera dell’economia del nostro Paese, fioccano i bilanci su quelli che sono stati gli effetti, a dir poco devastanti, della crisi economica di questi anni sul tessuto produttivo italiano. In questo senso, gli ultimi dati quanto mai significativi arrivano da una ricerca Eures-Cer per Confesercenti che ha fatto uno screening sulle conseguenze che hanno patito i piccoli imprenditori in questo lungo periodo di economia depressa. Ebbene, escludendo le libere professioni, dal 2007 ad oggi, imprenditori, lavoratori in proprio e collaboratori familiari sono passati da 4,3 milioni a 3,7, con una perdita superiore alle 600mila unità. Nello specifico, sono venuti a mancare 81mila imprenditori in senso stretto, 78mila lavoratori in proprio con dipendenti, 336mila senza dipendenti e 108mila coadiuvanti familiari. Un vero cahier de doleance, che su alcuni settori ha avuto ripercussioni, se possibile, ancora più pesanti.

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La debacle del commercio
Dai dati Confesercenti, emerge con chiarezza che la crisi ha colpito soprattutto le Pmi del commercio, che sono state letteralmente decimate. Tra il 2011 ed il 2016, ci sono state infatti ben 267mila chiusure, in media 122 al giorno. Fa eccezione il franchising, che trova affermazione nella grande distribuzione ma anche e soprattutto tra i piccoli commercianti. E che ha realizzato un fatturato complessivo che nel 2016 si è attestato a oltre 24 miliardi di euro, registrando una crescita del +0,5% sul 2015. Il settore conta ben 54mila punti vendita e  circa 200mila addetti.

Piccoli da sostenere
Eppure, ci sarebbero ottime ragioni per sperare che proprio queste piccole aziende del commercio riprendano vigore produttivo. Speranze che hanno a che fare con il destino stesso della nostra economia nazionale. Le piccole attività infatti, sono caratterizzate da un'intensità occupazionale maggiore di quella della Grande distribuzione (Gdo). Secondo le rilevazioni di Cer-Eures infatti le Pmi commerciali con un fatturato entro un milione di euro occupano in media 12,9 dipendenti, oltre il doppio dei 5,9 dipendenti per milione di euro di fatturato impiegato in media dalle grandi imprese del settore. Secondo alcune stime, l'incremento di un miliardo di euro di fatturato nel commercio tradizionale determinerebbe infatti 13mila nuovi posti di lavoro, mentre lo stesso aumento del volume delle vendite nella Gdo porterebbe a 3.500 nuovi occupati, con una differenza di 9.500 unità.

Cosa fare
La ricerca è ricca anche di spunti sulle politiche che bisognerebbe adottare per ridare ossigeno alle tante piccole imprese attive nel nostro Paese. Il primo punto riguarda certamente l’alleggerimento del carico fiscale che in alcuni casi, numeri alla mano, arriva a toccare quote del 65%, ritenute decisamente insopportabili. Bisognerebbe poi stimolare i consumi, con politiche che rimettano un po’ di liquidità nelle tasche dei cittadini. Infine ci vorrebbero apposite misure di promozione dell'innovazione. A questo proposito Confesercenti propone un'estensione del Programma Industria 4.0 che superi l’attuale restrizione degli incentivi agli acquisti di determinate tipologie di macchinari, prevedendo invece specifiche agevolazioni proprio per le imprese di dimensioni minori attive nel comparto del commercio.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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