Tassa Airbnb, come funziona
Via libera al giro di vite sugli affitti brevi, con gli intermediari immobiliari che diventeranno sostituti d’imposta
Con l’approvazione del Def diventa realtà la cosiddetta tassa Airbnb, che rappresenterà un cambiamento radicale nelle abitudini fiscali di chi è solito affittare camere o appartamenti per brevi periodi. Non a caso il nome di questa nuova imposta, che come vedremo però tecnicamente tale non è, deriva dalla celebre piattaforma online americana che facilita l’incontro tra domanda e offerta di chi intende affittare case e posti letto in vacanza. Vediamo allora come funzioneranno d’ora in poi le cose su questo fronte.
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Non è una nuova tassa
Cominciamo innanzitutto a sgombrare il campo da un equivoco, ovvero quello secondo cui la tassa Airbnb sia appunto una sorta di nuova imposta introdotta dal governo. Non è così. Già attualmente infatti chiunque affitta per brevi periodi, ossia per meno di 30 giorni, posti letto o appartamenti per vacanze, sarebbe tenuto a notificare questo reddito nella propria dichiarazione dei redditi e a pagare quindi l’Irpef relativa. Si tratta però di una voce che in larghissima parte è soggetta ad evasione fiscale, ed ecco perché il governo ha deciso di cambiare le regole per fare in modo che ciò non avvenga più.
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I nuovi sostituti d’imposta
La nuova disciplina sugli affitti brevi stabilisce innanzitutto che i gestori di portali web, come appunto Airbnb, ma anche le agenzie immobiliari, debbano comunicare all’Agenzia delle entrate i contratti di affitto brevi conclusi per il proprio tramite. Inoltre, e qui sta la novità più importante, questi stessi intermediari dovranno fungere da sostituti d’imposta applicando alla fonte una ritenuta d’imposta del 21% sui canoni pagati dall’inquilino. Per i proprietari ci sarebbe l’agevolazione di poter utilizzare il regime semplificato della cedolare secca, che come noto, con l’unica aliquota al 21% appunto, sostituisce non solo l’Irpef sull’immobile e le addizionali, ma anche le imposte di bollo e di registro. Tra gli obblighi in capo sempre agli intermediari immobiliari, compresi sempre quelli online come Airbnb, ci sarebbe infine anche quello del rilascio della Certificazione Unica, a conferma dei redditi percepiti dal proprietario e su cui è stata applicata la ritenuta.
Sanzioni
Non siamo certo di fronte a nuova tassa, ma sicuramente le nuove norme, come visto, imporranno agli intermediari immobiliari una serie di nuovi adempimenti che di certo renderanno meno semplice la propria attività. Avranno però una sorta di incentivo al contrario: la violazione delle nuove regole infatti comporterà delle sanzioni, per l’intermediario, che partono da 2.000 euro.
Il fenomeno Airbnb
Da tempo si parlava di un possibile intervento di tipo fiscale su Airbnb, e già nell’ultima manovra di bilancio approvata a dicembre, l’introduzione di nuove regole sfumò all’ultimo minuto. Un problema tra l’altro non solo italiano ovviamente, visto che anche in altre parti del mondo l’attività della piattaforma online con sede legale a San Francisco ha suscitato polemiche politiche serrate. Quello che resta, per il momento, sono gli effetti economici della presenza in Italia di Airbnb: la stessa società, ha reso noto infatti che nel 2015 ha portato 3,4 miliardi, ovvero lo 0,22% del Pil, all'economia del nostro Paese, supportando l'equivalente di 98.400 posti di lavoro. Un modo di viaggiare che è stato scelto da 3,6 milioni di ospiti in Italia e 1,34 milioni di residenti italiani all'estero; un modo di dare ospitalità scelto da 82.900 italiani che hanno guadagnato in media 2.300 euro a testa all'anno condividendo il proprio alloggio per circa 24 notti. Secondo Federalberghi, inoltre, il portale Airbnb ad agosto 2016 poneva in vendita in Italia 222.786 strutture, e pensare che erano solo 234 nel 2009.