Le armi che Washington sta dando a Israele
In cosa consiste l'aiuto di Washington a Tel Aviv
Nel momento in cui Hamas ha colpito, in territorio israeliano erano presenti militari americani per una esercitazione prevista da mesi e conclusasi da poche ore. I reparti sono quindi stati prelevati dai grandi velivoli da trasporto C-17 e rimpatriati, ma quelli che dovevano essere voli di conclusione delle operazioni sono divenuti una routine. Soltanto poche ore dopo l'attacco di Hamas a Israele, gli Stati Uniti hanno iniziato a spostare navi e aerei da guerra nella regione per essere pronti a fornire a Israele “tutto ciò di cui ha bisogno” per affrontare questa crisi. Oltre a rischierare la portaerei Ford e ad annunciarne l'affiancamento temporaneo con la Eisenhower, decine di aerei da trasporto si stanno dirigendo verso le basi militari statunitensi in Medio Oriente e le forze operative speciali stanno assistendo l’esercito israeliano nella pianificazione e nelle operazioni d'intelligence, mentre risulta già arrivato il primo carico di munizioni aggiuntive promesso al governo di Netanyahu.
Con il pericolo di una estensione del conflitto, la missione principale delle navi e degli aerei da guerra americani è stabilire una presenza di forza che dissuada Hezbollah, l’Iran o altri dal trarre vantaggio dalla situazione, tuttavia le forze inviate dagli Stati Uniti fanno molto di più.
A Israele servono più missili per alimentare lo scudo Iron Dome, così come servono analisti specializzati in questioni mediorientali, tant'è che il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, ha annunciato che una piccola cellula per le operazioni speciali sta già assistendo Israele per l'intelligence e la pianificazione delle operazioni, fornendo consigli e consulenze alle forze israeliane soprattutto per il recupero degli ostaggi. Tuttavia, a queste forze non è stato assegnato il compito di salvare gli ostaggi, cosa che le costringerebbe a combattere sul campo nel conflitto esponendo gli Usa a uno scontro diretto con Hamas, e questo sarebbe gettare benzina sul fuoco.
Gli Stati Uniti stanno anche convincendo le loro aziende della Difesa ad accelerare la consegna degli ordini di armi da parte di Israele che erano già in programma, in particolare le munizioni per il sistema Iron Dome, che tuttavia hanno parti comuni con altri modelli di missili per contrastare minacce aeree, e questo preoccupa innanzi tutto l'Ucraina ma ancor di più Taiwan.
“Stiamo aumentando ulteriormente l’assistenza militare, comprese munizioni e intercettori”, ha detto lo scorso martedì sera il presidente Joe Biden “ci assicureremo che Israele non rimanga senza queste risorse critiche per difendere le sue città e i suoi cittadini”. Secondo Raytheon, proprio l'azienda che produce il maggior numero di missili per lo scudo, Israele ha in funzione dieci sistemi di questo tipo e a partire dall’attacco di sabato Hamas ha lanciato più di 5.000 razzi, la maggior parte dei quali sono stati neutralizzati dal sistema, che quindi ha dovuto utilizzare una quantità enorme di “effettori”, che però servono anche agli Usa, che ora avrebbero soltanto due sistemi di scorta oltre quelli in uso per la protezione delle loro basi. E' facile prevedere che le munizioni per Iron Dome che gli Stati Uniti forniranno a Israele saranno in numero superiore a quelle che Gerusalemme ha ordinato e faranno parte dei pacchetti di assistenza militare che comprenderanno anche i kit per le bombe Jdam (Joint Direct Attack Munition), essenzialmente composti da “ali” e sistemi di navigazione che trasformano bombe tradizionali in “intelligenti” e consentono alle truppe di guidarle verso un bersaglio anziché semplicemente sganciarle. Tecnici e ingegneri specialisti in queste operazioni sono già presenti a bordo della portaerei Gerard Ford, dunque il loro apporto e la possibilità di addestrare tecnici israeliani al sicuro è da considerarsi probabile. La presenza della portaerei Ford significa anche avere a disposizione ottime funzioni di “Early Warning” ovvero allarme precoce, fornendo avvisi tempestivi sui lanci di missili, effettuando una capillare sorveglianza e gestione dello spazio aereo. Questo senza utilizzare gli aerei da combattimento F-18, ma tenendoli in allerta così come si manterrà prontezza d'uso dell'ospedale di bordo in caso di necessità, un'unità medica dotata di sala operatoria, terapia intensiva e con oltre 40 tra medici e infermieri. Man mano che i giorni passano diventa anche più chiara l'intenzione del Pentagono di movimentare i gruppi di attacco presenti in Medio Oriente e dotati di A-10 (anticarro), F-15 ed F-16 (caccia e bombardamento), come ha confermato qualche giorno fa il segretario dell'Usaf Frank Kendall durante un evento del Consiglio Atlantico, ovvero che il numero di velivoli a disposizione stava raddoppiando per permettere un avvicendamento senza rinunciare alla completa capacità operativa. Oltre ai velivoli ci sono poi i droni armati RQ-9 Reaper e le forze schierate in Siria, dove la scorsa settimana uno F-16 americano ha abbattuto un drone turco considerato una minaccia per le forze di terra che operano nella regione. Lo scacchiere operativo mediorientale è quindi completo, non c'è reazione a favore o sostegno di Hamas da parte araba che non preveda come contromossa un'opzione militare americana per neutralizzarla.
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