Egitto: le falle della nuova legge contro il terrorismo
Dopo le sconcertanti condanne contro gli attivisti della primavera araba: Al Sisi tratta da terroristi anche i semplici oppositori
Di Marta Pranzetti per Lookout news
Lunedì 23 febbraio un tribunale del Cairo ha inflitto ad Alaa Abdel Fattah e ad altri 24 attivisti egiziani una sconcertante condanna a 5 anni di reclusione. Sconcertante perché Alaa è stato uno degli attivisti egiziani della prima ora, tra i più celebri fautori della Rivoluzione che il 25 gennaio 2011 portò alla deposizione dell’ex Rais Hosny Mubarak. Alaa è stato accusato di aver violato la contestata legge anti-proteste in vigore in Egitto, mentre Mubarak nel novembre del 2014 è stato prosciolto insieme al suo entourage.
Sul piano internazionale negli ultimi giorni l’Egitto ha ottenuto dal mondo pacche di approvazione per come sta affrontando la questione libica. Tutto ciò però avviene mentre sul fronte interno passa l’ennesima normativa estremamente restrittiva che il presidente Abdel Fattah Al Sisi ha approvato martedì 24 febbraio per decreto. Una necessità dettata dalle contingenze, ha affermato il presidente, come il resto delle campagne finora messe in atto. Vale per la legge anti-proteste, così come per lo stato di emergenza decretato nel Sinai nell’ottobre del 2014.
La nuova legge sulle “entità terroristiche” estende la definizione di “terrorismo” arrivando a includere qualsiasi azione che, con qualsiasi mezzo, possa minacciare l’ordine pubblico. La legge consente adesso ai procuratori di accusare un imputato di terrorismo tramite la sola approvazione della sentenza da parte di una commissione di giudici, senza la necessità di alcun processo.
Con il decreto presidenziale dell’ottobre 2014, Al Sisi aveva dettato la linea dura del governo contro il terrorismo stabilendo che sarebbero stati deferiti a tribunali militari tutti gli accusati di crimini contro lo Stato e contro le sue istituzioni strategiche (reti e centrali energetiche, giacimenti di idrocarburi, ponti, infrastrutture stradali e ferroviarie). Ma, adesso come allora, i provvedimenti che il presidente ritiene necessari per contrastare l’escalation terroristica in Egitto fanno discutere.
Parte della società civile aveva definito incostituzionale il decreto di ottobre. L’articolo 204 della Costituzione egiziana, d’altronde, stabilisce che i civili non possono essere processati da tribunali militari se non per quei reati che costituiscono un attacco diretto al personale o alle strutture militari, mentre con quel decreto è stato ampliato il campo delle attività criminali in modo da farvi rientrare ogni attacco perpetrato contro le strutture dello Stato. Ugualmente la nuova legge, entrata in vigore mercoledì 25 febbraio, definisce all’articolo 1 come “gruppo terroristico” qualsiasi entità che mira “con ogni mezzo, a destabilizzare l’ordine pubblico e a nuocere o terrorizzare la comunità mettendone a rischio la sicurezza o l’unità nazionale”.
L’Istituto del Cairo per gli Studi sui Diritti Umani (CIHRS) aveva fatto appello affinché il presidente riconsiderasse l’approvazione della legge, già vagliata a dicembre dall’esecutivo. Il CIHRS sostiene che il governo sta sfruttando la guerra contro il terrorismo per reprimere ogni forma di opposizione. Lo dimostrerebbe la sentenza del febbraio 2014 che mise fuori legge la Fratellanza Musulmana dichiarandola organizzazione terroristica: da allora centinaia di studenti, giornalisti e attivisti sono stati arrestati con l’accusa di connivenza con il movimento.
Sulla base dell’ultimo decreto, la stessa sorte potrebbe toccare ad altre organizzazioni e ad altri movimenti di opposizione che saranno così etichettati come “entità terroristiche”. Non a caso nei 10 articoli della nuova legge figura nella definizione di entità terroristica anche “qualsiasi gruppo che impedisca alle istituzioni della pubblica istruzione di eseguire i propri doveri”. Il riferimento, più che evidente, è alle ripetute proteste degli islamisti che hanno finora avuto luogo in diversi campus universitari dell’Egitto.