Trump in Israele: l'incontro con Netanyahu e Abu Mazen
Tel Aviv, Gerusalemme e Betlemme le tappe del presidente Usa nel nome della stabilità e della pace nella regione
Ringrazio il presidente Trump che con la sua visita ha dato speranze e ottimismo per raggiungere una pace giusta, affinché i bambini di Palestina e Israele beneficino di un futuro stabile e prospero". Lo ha detto nella conferenza stampa a Betlemme il presidente Abu Mazen secondo cui i palestinesi "si impegnano a lavorare con Trump per elaborare un accordo di pace duraturo con gli israeliani".
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Donald Trump è determinato: ci sono nuove speranze di pace in Medio Oriente. Non appena sbarcato in Israele dall'Air Force One, il presidente Usa ha recapitato subito il suo messaggio al premier Benyamin Netanyahu. Che gli ha risposto che quella pace, Israele "la vuole".
Così come Trump ha ribadito - musica per le orecchie di Israele dopo il gelo con Barack Obama - che gli Usa, insieme allo Stato ebraico, "non permetteranno mai all'Iran di avere un'arma nucleare".
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Accolto tra Tel Aviv e Gerusalemme con tutti gli onori dovuti ad un presidente Usa con il quale Israele sente di avere un legame particolare, Trump ha voluto sottolineare il "legame indissolubile" con lo Stato ebraico.
Visita storica
Non ha fatto menzione per ora al trasloco dell'ambasciata Usa a Gerusalemme, così come promesso in campagna elettorale. Ma la sua visita al Muro del Pianto - la prima, "storica" di un presidente Usa in carica in una parte della città sulla quale la comunità internazionale non riconosce la sovranità israeliana - ha fatto vibrare la leadership di Israele.
Netanyahu lo ha pubblicamente ringraziato: il popolo ebraico, ha detto, "ha profondamente apprezzato il gesto". "Nel mio viaggio in questi giorni - ha sottolineato Trump dopo la prima tappa a Riad - ho trovato nuove ragioni di speranza.
Abbiamo un'opportunità rara di portare stabilità e pace nella regione". E quelle speranze di pace - per stessa ammissione sia di Trump sia di Netanyahu - sembrano risiedere nella visita in Arabia Saudita. "Lì - ha spiegato Trump - c'è una buona predisposizione verso gli israeliani. Ho visto una così differente attitudine verso Israele da parte di Paesi che non avevano tale sentimento fino a poco tempo fa. Questo è positivo e ne siamo contenti. Avete una grande opportunità. La gente ne ha abbastanza di spargimenti di sangue".
Tutti contro I'Iran
Una spiegazione che non è sfuggita a Netanyahu: "Per la prima volta nella mia vita - ha replicato - vedo una reale speranza per il cambiamento del mondo arabo verso Israele". Lo snodo, in base a queste dichiarazioni, è appunto l'Iran, tanto che il premier israeliano ha dato atto di questa nuova comprensione su un tema per il quale si spese direttamente al Congresso americano, dove si recò per denunciare il pericolo dell'accordo sul nucleare che Obama si stava apprestando a firmare.
"Apprezziamo - ha sottolineato Netanyahu - il cambiamento della politica americana nei confronti dell'Iran, la coraggiosa azione Usa contro le armi chimiche in Siria e la riaffermazione del ruolo di leadership degli Usa in Medio Oriente. Vogliamo lavorare insieme in particolare contro le aggressioni in queste regioni e per limitare le ambizioni militari dell'Iran di diventare uno Stato nucleare".
Il fronte comune contro Teheran non è solo con Israele ma con tutta la parte sunnita del mondo arabo e questa saldatura raggiunta a Riad - che il presidente iraniano Hassan Rohani oggi ha duramente bacchettato come "uno show senza valore politico", tanto più che Teheran "non ha mai cercato l'arma nucleare" - avrà, a giudizio dei due leader, anche un ricaduta positiva sulla possibile pace tra israeliani e palestinesi.
Se per ora non ci sono ricadute dirette su un possibile riavvio dei negoziati, Trump tuttavia ha mostrato un cauto ottimismo, senza che Netanyahu lo frenasse. Quanto questo si concretizzerà, lo si potrà capire dall'incontro che oggi Trump avrà con il presidente palestinese Abu Mazen a Betlemme. E forse lo si potrà registrare già nel discorso-chiave che il presidente Usa terrà subito dopo al Museo di Israele prima di ripartire da Tel Aviv diretto in Italia per vedere il Papa in Vaticano.
Nei significati che Trump ha voluto diffondere in questa prima parte del viaggio in Israele, la visita al Muro del Pianto ha avuto un valore particolare insieme a quella al Santo Sepolcro.
In una Città Vecchia blindata, Trump è andato a piedi nel secondo, luogo santo del cristianesimo, e poi ha raggiunto il primo, simbolo dell'ebraismo. Solo di fronte al Muro, in raccoglimento e con il rituale copricapo in testa degli ebrei, ha sostato per qualche secondo in raccoglimento con la mano poggiata alle pietre millenarie. Poi, secondo la tradizione, ha tolto dalla tasca un bigliettino e lo ha infilato in uno degli interstizi del Muro. Dall'altra parte, nella sezione riservata alle donne, sua figlia Ivanka - convertita all'ebraismo - ha pregato a poca distanza dal marito Jared Kushner. Melania, presenza discreta ma costante, anche lei ha poggiato le mani sul Muro.