Palmira, la città della Siria prima e dopo la guerra
In mostra a Tivoli le opere d'arte di otto artisti denunciano le devastazioni del sito archeologico siriano
Palmira prima e dopo la guerra. Per chi ha avuto la fortuna di visistarla ancora intatta, non toccata dalla violenza delle battaglie e per coloro che ci ritorneranno dopo anni di devastazioni, quando, verrano deposte definitivamnte le armi "Etiam periere ruinae: Tivoli denuncia le devastazioni a Palmira" è la mostra d’arte che sarà inaugurata il 16 dicembre nelle Scuderie Estensi di piazza Garibaldi, il cui tema riguarda proprio quello che sta avvenendo questi giorni. Ossia, la ripresa dei combattimenti nella città siriana, simbolo della pace tra occidente e oriente.
In opposizione alla locuzione latina che dà il titolo alla mostra, Etiam periere ruinae (Sono perite perfino le rovine), dalla famosa esclamazione di Giulio Cesare di fronte alle rovine di Troia, gli artisti partecipanti affermano con le loro opere che non tutto è distruzione, perché la memoria e il valore artistico di Palmira sono sopravvissuti e la riconquista della città da parte dei siriani il 27 marzo di quest'anno è solo l'inizio della riconquista anche dell'identità culturale di un grande popolo.
Dedicata a Khaled Asaad, ex direttore e custode delle rovine romane di Palmira, e aperta per una settimana fino al 23 dicembre, la mostra denuncia e interpreta quanto è avvenuto negli ultimi anni a Palmira, racconta quindi la speranza nel futuro e sottolinea il legame tra le due città quando la Regina siriana Zenobia terminò i suoi giorni proprio a Tivoli.
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"La comunità tiburtina con questa mostra sulla magnifica e martoriata Palmira vuole significare la sua vicinanza allo straziato popolo siriano", ha dichiarato l’assessore alla cultura e al turismo Urbano Barberini.
Tivoli sempre attenta al recupero e alla valorizzazione delle sue radici e del suo patrimonio culturale non può essere sorda alle grida di dolore che provengono della città sorella Palmira. La mostra collettiva, curata dal critico d'arte Chiara Strozzieri, arricchisce il calendario di eventi che anche quest'anno hanno reso le Scuderie Estensi protagoniste del panorama culturale del nostro territorio, grazie a un inedito viaggio nel tempo in compagnia di otto artisti.
Coinvolti nell'evento sia volti storici nell'ambito artistico nazionale, sia interessanti novità. "Mi preme sottolineare - ha proseguito l'assessore Barberini - la valenza etica nel voler commemorare la città di Palmira, storicamente legata a quella di Tivoli, e nuovamente straziata dalla guerra. Con questa prestigiosa mostra si vuole tenere vivo il ricordo di uno dei siti archeologici patrimonio dell'Unesco, che nel 2015 è stato parzialmente distrutto dallo stato islamico, lasciandoci orfani di meravigliosi reperti archeologici, come un arco di trionfo e delle torri funerarie romane. Non possiamo non rivolgere un pensiero di gratitudine profonda all archeologo martire a cui dedichiamo la mostra. La decapitazione di Khaled Asaad è l'annientamento del nemico attraverso l’assassinio della memoria e di chi la difende al costo della vita. Questi atti di orrore vengono condannati da tutta la comunità tiburtina che, profondamente solidale al destino di Palmira, auspica, dopo la recente rioccupazione da parte dell'Isis, il ritorno alla pace e ad una Siria unita".
La collettiva, presentata dall'associazione culturale romana CulturArt Commission di cui è presidente Giovanni Prattichizzo, vede la partecipazione degli artisti Annaluce Aglietto, Giovanni di Carpegna Falconieri, Lucio Castagneri, Paolo Garau, Francesco Grizi, Massimiliano Kornmüller, Nino La Barbera, Andrea Tudini che, attraverso opere pittoriche e scultoree, commemorano il sito archeologico della città siriana, ricordando ogni evento saliente di questi ultimi anni. Dall'inizio della distruzione nel 2015 dai militanti del gruppo Stato islamico all'uccisione dell'archeologo Khaled Asaad.
È importante per gli artisti in mostra testimoniare la magnificenza del Santuario di Bel o del tempio di Baalshamin, dell'arco di trionfo o delle torri funerarie romane, tutte opere d'arte distrutte ma che rimarranno nella memoria insieme alla figura dell'archeologo assassinato brutalmente dagli jihadisti.