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Francia, cosa ci dice la vittoria di Macron

La vittoria di Emmanuel Macron alle elezioni presidenziali francesi andrà analizzata a fondo, a più livelli, sia per capire cosa è davvero successo nei flussi elettorali, sia per prevedere il futuro della sua azione di governo.

Per ora però, gli aspetti da sottolineare sono questi cinque:

"Nuovi" ma competenti

→ In primo luogo, per arginare il connubio tossico fra il sovranismo di estrema destra e l’antipolitica può essere decisivo puntare su candidati “nuovi”. Meglio i giovani, che possano però unire competenza, esperienza (Macron ha lavorato alla banca Rothschild, è stato ministro dell’Economia per due anni e ha studiato alla Institut d’études politiques de Paris, la famosa SciencesPo) al coraggio, alla bravura comunicativa e alla fortuna di riuscire a sottrarsi all’identificazione con la politica tradizionale. Forse, questo, il principale difetto di Hillary Clinton nella campagna presidenziale Usa del 2016, che l’ha resa più vulnerabile a tutti gli attacchi di Trump e dei suoi.

→ Parla Emmanuel Macron: “Così rivoluzionerò la Francia”

Sistema elettorale stabile e doppio turno

→ Secondo: come abbiamo già osservato a caldo dopo il ballottaggio, un sistema elettorale stabile, chiaro nel suo funzionamento e articolato sul doppio turno offre più garanzie davanti a possibili colpi di mano di minoranze che, approfittando delle divisioni degli avversari e della confusione del sistema politico tradizionale e nella società si approprino del potere esecutivo governando da “minoranza”, contro il resto del paese, nonostante programmi e pratiche chiaramente in contrasto con la democrazia liberale.

→ Per conoscere il programma economico di Macron

Discorso politico razionale, illuminista

→ Terzo: il discorso politico nel XXI secolo può essere insieme ottimista, razionale, esplicito, competente, complesso, illuminista, schierato contro il presunto sentire “popolare” (ex presunta maggioranza silenziosa diventata ora urlante) e vincere. Il livore e la rabbia mostrati da Le Pen nelle ultime settimane, che hanno avuto la massima espressione nel dibattito in tv di mercoledì 3 maggio, dove ha svelato a tutta la Francia il vero senso del “sovranismo”: chiusura, retorica anti-immigrazione, sciagurata ostilità pregiudiziale all’Europa, incompetenza: lo scivolone sull’Euro è stato quasi ridicolo.

Barriera contro gli illiberali

→ Quarto: in Francia ha ancora un valore forte il confine fra forze politiche e elettorato che crede nei valori repubblicani della democrazia liberale e non si fida delle forze che storicamente li hanno rifiutati. Il risultato deludente di Le Pen è anche un segno esplicito della barriera contro l’estrema destra che strizza l’occhio all’autoritarismo, ha praticato abitualmente l’antisemitismo e gioca pesante con la xenofobia, con il complottismo sulle congiure del globalismo, si fa fa finanziare da Putin.

Hacker presi in contropiede

→ Quinto: la campagna elettorale di Macron e del suo giovane team ha dimostrato come si lavora su più livelli per affermare il proprio discorso politico (cfr. punto → terzo) ma anche per contrastare l’informazione falsa, fuorviante, diffamatoria, fake usando in modo accorto e massiccio i social media, lavorando contro (e persino giocando d’anticipo) le attività di hackeraggio e i leaks amplificati sulla rete da gruppi di estrema destra sostenuti da “tecnici” finanziati dai russi (faccenda spiegata molto bene da Jacopo Iacoboni sulla Stampa dell’8 maggio 2017).

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