Matteo Renzi, re nudo in un'Italia piena di confusione
Marco Ventura
L’incontro della Leopolda, la piazza del Sindacato e della sinistra del Pd, infine i movimenti sottotraccia nel centrodestra fra Lega e Forza Italia che si posizionano per quando si andrà a votare (ma quando?). Il fine settimana ci ha riservato un po’ di spunti dai quali però si trae l’impressione di una diffusa schizofrenia italiana. Cerchiamo di ricapitolare.
Matteo Renzi
Matteo Renzi, presidente del Consiglio e segretario del Pd, ha rottamato la sinistra interna, che però non ha ancora il coraggio di affrontare il mare aperto lontano da quello che è da sempre il suo vero pilastro ideologico: il Potere. L’ultima a intervenire, incarnazione di una sistematica ipocrisia che ha attraversato tutta la Prima Repubblica, è stata Rosy Bindi, che ha detto di sentirsi “in imbarazzo” per quanto sta avvenendo alla Leopolda (riunione di partito lontana dalla “sinistra” piazza sindacale).
Ma è reduce, la Bindi, da un lungo periodo di silenzio cominciato più o meno con la sua nomina, già con Renzi alla guida del Pd, a presidente della Commissione parlamentare Antimafia. Come dire: tutto fuorché staccarsi dalla poltrona. Renzi sta gradualmente portando avanti il programma che fu di Berlusconi e lo sta facendo con un misto di spavalderia e incoscienza. Cadono i tabù uno dopo l’altro: l’art. 18, il Sindacato, l’alta burocrazia, l’Europa, perfino (forse, chissà) la magistratura militante. Solo che si tratta di annunci, che esauriscono i loro effetti nell’atto/attimo stesso in cui vengono pronunciati. Come se dire equivalesse a fare.
Il Re è nudo?
Berlusconi e la sua Forza Italia annuiscono, fiancheggiano, supportano. Salvo protestare perché a ogni annuncio NON segue una legge, un decreto, una decisione, un fatto.
I sindacati scendono in piazza, annunciano scioperi generali, l’eterno dissidente Civati (mancato rottamatore al posto di Renzi) è ancora dentro il Pd renziano. D’Alema e Bersani non si sa da che parte (o, meglio, in che partito) stiano, salvo tutti ambire a fare i presidenti della Repubblica. Walter Veltroni dignitosamente si è dedicato a altri mestieri (scrivere). E Matteo ha campo libero, forte di un consenso che nasce dalla fiducia che gli italiani continuano a riservargli.
Renzi, infatti, è simpatico, strafottente, giovane, dinamico (anche troppo), imprevedibile. È un leader. L’unico oggi in grado di arginare, disgregare la deriva suicida dei 5 Stelle. E tuttavia resta il dubbio, tragico, che il Re sia nudo. Sotto il vestito, nulla. E che tutte le riforme annunciate si riducano a annunci di riforme.
I 3 motivi per cui piace Renzi
A destra, Matteo Salvini è l’unico che riesca a emergere pian piano come possibile leader di un nuovo centro-destra. Berlusconi mantiene la presa su Forza Italia e si consacra a un’evoluzione laico/libertaria che è nel suo carattere, ma che non ha mai prima intrapreso con tanta determinazione (quand’era capo del governo e doveva fare i conti con una Chiesa che non era quella “rivoluzionaria” del Papa di sinistra, Francesco).
Salvini è l’unico che abbia un programma diverso, anche sulla carta, da quello di Renzi. Se ne distanzia, infatti, sulle politiche dell’immigrazione e della cittadinanza, le politiche europee, perfino le politiche del lavoro. Ma ci vuole tempo perché riesca a raccogliere sotto la propria ala un popolo paragonabile a quello "berlusconiano".
La nuova Dc
Una cosa è certa. La piazza del Sindacato è un divertente colpo d’occhio, così rossa allegra e insieme arrabbiata. Ma non rappresenta la maggioranza degl’italiani. È una piazza minoritaria, a dispetto della sua visibilità. Molto meno forte di quella che si raccolse attorno alla Cgil nella battaglia (persa) contro il blocco della scala mobile voluto da un altro leader di sinistra che la sinistra non amava, Bettino Craxi. I tempi sono cambiati. La confusione regna sovrana. Il futuro è incerto. La nuova Dc di Renzi marcia su Roma. E potrebbe non essere il male peggiore.