Caso Cappato, perché non è stata accolta l'archiviazione su Dj Fabo
Prima di decidere, il gip chiede ulteriori indagini fissando un'udienza. Ecco quali erano le motivazioni della procura milanese (che ha riconosciuto il diritto "alla dignità umana"), le implicazioni e le contrapposte reazioni
Il gip di Milano Luigi Gargiulo per il momento non ha accolto l'archiviazione dell'indagine a carico di Marco Cappato, richiesta il 3 maggio scorso dalla Procura di Milano. Si riserva di effettuare ulteriori indagini. Il politico radicale era stato indagato per aiuto al suicidio per aver accompagnato in auto fino in Svizzera Dj Fabo.
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La ricostruzione della vicenda
Marco Cappato, esponente radicale e tesoriere dell'Associazione per la libertà di ricerca scientifica Luca Coscioni, aveva aiutato Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, a compiere la sua volontà, accompagnandolo in macchina nella clinica Dignitas, vicino a Zurigo. Qui il quarantenne milanese, da tre anni tetraplegico e cieco dopo un grave incidente d'auto, il 27 febbraio ha messo fine alle sue sofferenze togliendosi la vita sotto il controllo dei medici.
L'indomani, il 28 febbraio, Cappato si era autodenunciato ai carabinieri della compagnia Duomo di Milano. Dopo l'autodenuncia è partita l'inchiesta della Procura milanese.
Le motivazioni dei procuratori milanesi
I motivi per cui la Procura milanese ha chiesto l'archiviazione dell'indagine sono condensati in una quindicina di pagine. Si legge: "Le pratiche di suicidio assistito non costituiscono una violazione del diritto alla vita quando siano connesse a situazioni oggettivamente valutabili di malattia terminale o gravida di sofferenze o ritenuta intollerabile o indegna dal malato stesso". Per i pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini la giurisprudenza "anche di rango costituzionale e sovranazionale, ha inteso affiancare al diritto alla vita tout court il diritto alla dignità della vita inteso come sinonimo dell'umana dignità".
Cappato, quindi, che ha svolto una condotta di solo "trasporto", avrebbe aiutato Dj Fabo - che se avesse solo rifiutato le cure sarebbe morto soffocato dopo una lunga e atroce agonia - a esercitare il suo diritto "alla dignità umana". L'atto di aiuto al suicidio perde quindi le sue vesti anti-giuridiche perché eseguito proprio per favorire l'esercizio di un diritto, azzerando il reato dell'aiuto al suicidio, che punisce chiunque "agevola in qualsiasi modo l'esecuzione".
Per rafforzare il ragionamento i pm milanesi hanno citato alcune sentenze che hanno aperto i margini alle pratiche di fine vita: quella con cui nel 2002 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha negato a Diane Pretty l'impunità chiesta per il marito al fine di farsi assistere nel darsi la morte, quelle della Cassazione e del gup di Roma sui casi di Eluana Englaro e Piergiorgio Welby, laddove aveva sostenuto che "la condotta di colui che rifiuta una terapia salvavita costituisce esercizio di un diritto soggettivo riconosciutogli in ottemperanza al divieto di trattamenti sanitari coatti, sancito dalla Costituzione". È stata citata anche una serie di pronunce della Consulta.
La mossa del gip
La richiesta di archiviazione della Procura di Milano aspettava il vaglio del gip, che poteva optare tra tre diverse soluzioni: accogliere l'archiviazione, chiedere ulteriori indagini, disporre l'imputazione coatta per Cappato.
Alla fine ha prevalso la seconda strada. L'11 maggio il giudice ha fissato un'udienza per il 6 luglio per la discussione tra le parti e poi prenderà una decisione.
La reazione dell'avvocato di Cappato
"Non possiamo che accogliere positivamente questo ulteriore passaggio che denota ancor più quanto la tematica sia delicata". Così ha commentato la decisione del gip Filomena Gallo, avvocato e segretario dell'associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.
"Il gip ha ritenuto, allo stato, di non voler provvedere de plano alla archiviazione. Questo è l'unico dato certo. Ben potrebbe farlo all'esito dell'udienza, che attendiamo per ogni ulteriore commento".
Cosa aveva detto Marco Cappato
Cappato avava accolto con soddisfazione la notizia della richiesta di archiviazione dei procuratori milanesi, ribadendo che avrebbe continuato la sua azione. "Prendo positivamente l'atto della richiesta di archiviazione", aveva detto. "In attesa della decisione del gip, posso confermare che è in corso e continuerà l'azione di aiuto alle persone che vogliono ottenere, in Italia o all'estero, l'interruzione delle proprie sofferenze, eventualmente anche attraverso l'assistenza medica alla morte volontaria in Svizzera".
Cappato ad aprile, insieme a Mina Welby, moglie di Piergiorgio, ha accompagnato in una clinica svizzera anche Davide Trentini, cinquantatrenne toscano malato di sclerosi che il 13 aprile si è tolto la vita con l'aiuto medico. Cappato e la signora Welby si sono quindi prontamente autodenunciati: la procura di Massa Carrara li ha iscritti nel registro degli indagati per il reato di istigazione o aiuto al suicidio.
Bene richiesta mia archiviazione x #djfabo In attesa del GIP confermo che continuerò a aiutare a chi vuole ottenere interruzione sofferenze.
Marco Cappato (@marcocappato) 2 maggio 2017
"Se le indagini nei confronti di Marco Cappato portassero a un'archiviazione con le motivazioni che abbiamo potuto leggere dalle notizie stampa, allora potremmo dire che l'azione di disobbedienza civile di Cappato rappresenta un precedente fondamentale" ed "è possibile una svolta epocale", era stato il commento del legale Filomena Gallo di fronte all'iniziale richiesta di archiviazione.
"La Procura entra nel merito del concetto di vita dignitosa e di principi costituzionali e internazionali che sono anche fonte principale. Ciò significa che Cappato, con la sua azione, ha aperto le porte non tanto e non solo alla possibilità di aiutare le persone affette da malattie irreversibili a interrompere le proprie sofferenze insopportabili in Svizzera, ma a farlo in Italia. È questo l'obiettivo per il quale ci battiamo da sempre".
I pareri favorevoli all'archiviazione
La richiesta di archiviazione per Marco Cappato è "una decisione che va accolta positivamente e con l'auspicio che questo diventi l'orientamento prevalente": è stato il commento all'Ansa del giudice della Corte d'appello di Milano Amedeo Santosuosso, esperto di diritti fondamentali e medicina. Da una parte i pm milanesi hanno ritenuto marginale il ruolo svolto da Cappato, che accompagnando dj Fabo ha compiuto un atto che poteva essere compiuto anche da altri, dall'altro hanno valutato il suo gesto un aiuto a esercitare il diritto alla dignità umana: "Sono personalmente d'accordo e mi auguro che tutte le procure condividano tale idea. Ciò significherebbe, infatti, che i principi costituzionali sull'autodeterminazione prevalgono sui principi del Codice penale, aspetto con il quale concordo e spero che questa idea possa prendere piede". E concludeva: "Se questo tipo di orientamento dovesse affermarsi, allora le preoccupazioni sul fatto che manca una legge sul tema sarebbero risolte".
Anche il senatore del Partito DemocraticoSergio Lo Giudice, membro delle Commissioni giustizia e diritti umani di Palazzo Madama, aveva salutato con gioia la notizia, sollecitando però l'azione parlamentare sul testamento biologico: "Una decisione che, se accolta dal giudice per le indagini preliminari, potrebbe rappresentare un precedente importante per le famiglie delle tante persone costrette a recarsi in Svizzera per ottenere la loro 'morte opportuna', ma che non può tranquillizzare un Parlamento che deve con tutta fretta iniziare l'ultima lettura del testamento biologico al Senato e avviare un dibattito laico e serio sull'eutanasia".
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I commenti negativi
Raffaele Calabrò, parlamentare di Alternativa popolare e relatore di minoranza sulla legge sulle Dat (dichiarazione anticipata di trattamento, detta anche testamento biologico), aveva definito "aberrante" il fatto che i pm milanesi liquidino il suicidio assistito come "agevolazione dell'esercizio del diritto alla dignità".
Di simile avviso il deputato Gian Luigi Gigli del gruppo parlamentare Democrazia Solidale - Centro Democratico, presidente del Movimento per la Vita Italiano: "Per il pm che ha chiesto di archiviare le incriminazioni a carico di Marco Cappato, le pratiche di suicidio assistito non violano il diritto alla vita quando il malato (o anche chi legalmente lo rappresenta?) ritenga la sua vita indegna di essere vissuta. Di indegna qui c'è solo la pretesa del magistrato di allargare le maglie della legge sul fine vita".
E ancora: "Cappato, trasformatosi ormai in imprenditore tanatologico, esulta e annuncia nuovi viaggi della morte in Svizzera. Tuttavia oltre alla pelle dei pazienti, farebbe bene a non vendere la pelle dell'orso prima della pronuncia del Gip. Il fatto che il pm abbia chiesto l'archiviazione del fascicolo aperto con l'accusa di aiuto al suicidio di Dj Fabo non significa, per il momento, che non vi siano responsabilità penalmente perseguibili. Peraltro, la partita sul biotestamento, ora all'esame del Senato, non è ancora chiusa e alla luce delle aperture di certi magistrati alcune anime belle del Senato farebbero bene a considerare con più attenzione le ricadute di una legge che costituirà il grimaldello per la legalizzazione dell'eutanasia".