News
May 11 2017
Non si placano, ma anzi raggiungono un nuovo picco, le tensioni tra la gli Stati Uniti e la Corea del Nord che attraversano anche la Cina.
LEGGI ANCHE: Il piano degli Usa per eliminare Kim Jong-un
L'ultima novità riguarda gli Usa, e in particolare la Cia che, dopo essere stata accusata dal dittatore nordcoreano Kim Jong-un di aver progettato un piano per eliminarlo, annuncia di aver formato una squadra speciale dedicata esclusivamente alla gestione della minaccia nucleare e al programma missilistico di Pyongyang.
Si tratta, hanno spiegato a Langley, della prima squadra concentrata sulla minaccia rappresentata da un singolo Paese, che raccoglie risorse anche da altre agenzie. "Creare un centro missione sulla Corea del Nord ci consente di integrare molto più efficacemente e dirigere gli sforzi della Cia contro la grave minaccia agli Usa rappresentata da Pyongyang" ha dichiarato il direttore Mike Pompeo.
Qualche giorno fa, a scatenare un nuovo scontro frontale era stato l'arresto di un cittadino americano a Pyongyang, che è andato ad aggiungersi all'ennesimo rifiuto del governo di Kim Jong-un di abbandonare il suo programma missilistico nucleare. A spiegare la conseguenza dei due fatti è stato il capo della diplomazia Usa, Rex Tillerson, che ha annunciato l'arrivo imminente di nuove sanzioni a carico del Paese governato da Kim Jong-un.
Media contro
Tillerson ha poi aggiunto che gli Stati Uniti stanno valutando la disponibilità della Cina a fare pressioni sulla Corea del Nord. Quest'ultima, peraltro, ha appena aperto il proprio fronte mediatico del conflitto, pubblicando sull'agenzia di stampa ufficiale, la Korean central news agency, un editoriale dai toni molto polemici nel confronti del governo cinese, minacciando "gravi conseguenze".
Com'era prevedibile, la risposta della Cina è arrivata puntuale, sulle pagine del Global Times: "Non importa davvero che Pyongyang manifesti le proprie critiche nei confronti di Pechino. Quello che davvero importa è quale sarà la prossima mossa di Pyongyang. Per ora non ha condotto il sesto test nucleare. E si è relativamente contenuta anche quando ha lanciato i missili balistici intercontinentali ad aprile. La traiettoria delle relazioni tra Cina e Corea del Nord rimane nelle mani della Cina", aggiunge ancora il quotidiano cinese. "Più editoriali la Kcna pubblicherà, meglio la società cinese sarà in grado di capire cosa pensa Pyongyang, e quanto difficile sia risolvere la questione nucleare".
Il tweet della discordia
"La Corea del Nord cerca guai. Se la Cina decide di aiutare sarebbe magnifico. Altrimenti, risolveremo il problema senza di loro!". È il tweet con il quale il presidente Usa Donald Trump
ha risposto all'ennesima provocazione di Pyongyang che, qualche ora prima, aveva minacciato "catastrofiche conseguenze" in risposta ad ogni ulteriore provocazione americana, definendo "oltraggiosa" la decisione Usa di dispiegare navi militari nella penisola coreana.
L'invio nell'area della portaerei americana a propulsione nucleare Uss Carl Vinson e della sua flotta di navi da guerra, dimostra come "le sconsiderate azioni statunitensi per invadere la Repubblica Popolare Democratica di Corea abbiano raggiunto una fase seria", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri di Pyongyang, secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa del regime, Kcna.
- LEGGI ANCHE: Corea del Nord, le 10 follie del dittatore
- LEGGI ANCHE: i 9 crimini peggiori di Kim Jong-un
Pyongyang "è pronta a reagire a ogni scenario di guerra desiderato dagli Usa", è stato il monito. Il portavoce del ministero degli Esteri della Corea del Nord ha citato, in particolare, il rifiuto di Washington di escludere un raid preventivo contro le basi missilistiche di Pyongyang per il suo programma nucleare.
"Per rispondere alle provocazioni prenderemo le contromisure più dure - ha avvertito il portavoce coreano - in modo tale da poterci difendere con una potente forza d'armi".
La Corea del Nord aveva definito un'azione tale da giustificare l'uso della bomba atomica il raid americano contro la Siria, ordinato dal presidente Donald Trump in risposta alla strage di civili con le armi chimiche.
--------------------------
L'EVOLUZIONE DELLO SCONTRO
5 APRILE 2017 - Il lancio di un nuovo missile
La Corea del Nord scaglia una nuova provocazione, proprio a poche ore dal vertice in Florida tra Donald Trump e il presidente cinese Xi Jinping, con la minaccia nucleare coreana in cima all'agenda dell'incontro.
Pyongyang ha infatti lanciato un nuovo missile balistico a medio raggio dalla sua costa orientale che ha percorso circa 60 km. Lanciato dalla base militare di Sinpo, sulla costa orientale del Paese, alle 6,42 ora di Seul, è caduto nel Mar del Giappone. Secondo le prime valutazioni del centro militare Usa e della Corea del Sud, potrebbe trattarsi del nuovo tipo a medio raggio KN-15.
- LEGGI ANCHE: Corea del Nord, le 10 follie del dittatore
- LEGGI ANCHE: i 9 crimini peggiori di Kim Jong-un
La reazione statunitense
Enigmatica la reazione del segretario di Stato statunitense Rex Tillerson: "Gli Stati Uniti hanno parlato abbastanza sulla Corea del Nord. Non abbiamo ulteriori commenti", ha fatto sapere con un comunicato dai toni sibillini.
Proprio in vista dell'incontro con Xi Jinping, Trump aveva usato parole molto dure, sostenendo di essere pronto ad agire da solo se Pechino non farà pressione sulla Corea del Nord per fermare il suo programma nucleare: "Se la Cina non ha intenzione di risolvere il problema, lo faremo noi", aveva detto il presidente.
Xi Jinping, che nel summit in Florida, nel resort di Mar-a-Lago, sperava di ammorbidire Trump sulla questione degli accordi commerciali tra le due potenze; dovrà quindi prima rassicurare il presidente americano sul suo impegno per metter fine alle minacce che arrivano da Pyongyang.
- LEGGI ANCHE: La Corea del Nord e i rapporti con la Cina, la spiegazione
22 MARZO 2017 - La precedente provocazione
Questa è solo l'ennesima provocazione nordcoreana. L'ultimo lancio missilistico risale a due settimane fa. Il 22 marzo scorso la Corea del Nord aveva effettuato un nuovo test missilistico, da una località vicino a Wonsan, nella parte orientale del Paese, ma il test fallì. Secondo la Marina di Stati Uniti e Corea del Sud, si era concluso con l'esplosione di un razzo a pochi secondi dal lancio. E con grande nervosismo da parte del dittatore nordcoreano Kim Yong-un.
Il test seguiva di pochi giorni l'ispezione del leader nord-coreano a un sito militare per assistere alla prova di un motore per razzi che potrebbe essere utilizzato per i missili balistici intercontinentali. Questo proprio mentre il segretario di Stato statunitense, Rex Tillerson, si trovava in Cina, terza tappa del suo viaggio asiatico, durante il quale aveva usato toni molto duri nei confronti della Corea del Nord. Una serie di minacce a distanza indice di una tensione crescente.
La posizione americana
Sta finendo "la pazienza strategica" nei confronti della Corea del Nord e del suo programma nucleare, aveva dichiarato allora Tillerson, che nelle scorse settimane aveva anche visitato l'area demilitarizzata tra le due Coree. Tillerson aveva aggiunto che la "denuclearizzazione è l'unica strada per la Corea del Nord per ottenere sicurezza e stabilità economica".
La Corea del Nord è una "seria minaccia": il lancio di missili da parte di Pyongyang è una "chiara violazione" di varie risoluzioni dell'Onu, aveva aggiunto poi il presidente americano Donald Trump nel corso di due colloqui separati con il premier giapponese Shinzo Abe e il presidente reggente della Corea del Sud Hwang Kyo-Ahn.
- LEGGI ANCHE: Fino a dove arrivano i missili coreani
"Trump ha messo in evidenza l'impegno incrollabile degli Stati Uniti con il Giappone e la Corea del Sud di fronte alla seria minaccia posta dalla Corea del Nord", aveva dichiarato la Casa Bianca. Aggiungendo: "Il presidente Trump si è detto d'accordo con il premier Abe e il presidente reggente della Corea del Sud Hwang sul continuare la stretta collaborazione bilaterale e trilaterale per dimostrare alla Corea del Nord che ci sono conseguenze serie per le sue azioni provocatorie e di minaccia"
Un precedente missile, lanciato a febbraio, aveva percorso 600 chilometri.
12 MARZO - I primi attacchi
La traiettoria dei precedenti quattro missili balistici nordcoreani, partiti domenica 12 marzo alle 7 del mattino dalla regione occidentale di Tongchang-ri, vicina al confine con la Cina, era stata di ben 1000 chilometri prima che i razzi cadessero nell’oceano, in un’area definita "di competenza economica del Giappone".
Seguendo il percorso di tre degli ordigni lanciati da Pyongyang la Difesa di Tokyio aveva ipotizzato - senza peraltro fornire ulteriori dettagli - che si fosse trattato di missili intercontinentali, potenzialmente in grado di colpire obiettivi a larghissima gittata.
Se la notizia fosse confermata si tratterebbe di un balzo in avanti del sistema missilistico della Corea del Nord, quasi l'avveramento di quanto dichiarato dal dittatore Kim III durante il suo ormai celebre discorso di capodanno: "I preparativi per il lancio del primo missile balistico intercontinentale capace di colpire le città degli Stati Uniti sono all’ultimo stadio".
LE RAGIONI DEL LANCIO
Le ripetute provocazioni nordcoreane, secondo gli analisti, sono in realtà una risposta alle esercitazioni militari congiunte delle scorse settimane tra il corposo contingente militare americano (forte di 28.500 uomini nella penisola a Sud del 38° parallelo) e gli alleati della Corea del Sud. Il tutto va inquadrato in un momento di grave crisi internazionale, con Pechino - storico alleato di Pyongyang - sempre più insofferente verso i comportamenti irrazionali e imprevedibili di Kim, per il quale la corsa alle armi missilistiche e nucleari sembra diventata ormai una questione di vita e di morte, il suggello del sogno di "volare come potenza militare dell’Oriente che non potrà essere toccata nemmeno dal più forte dei nemici".
L’assassinio a Kuala Lumpur del fratellastro in autoesilio del regime - che ha assunto i contorni di una spy story internazionale dove sarebbero indirettamente coinvolti anche i servizi segreti della Cina e, forse, degli Stati Uniti - è un altro sanguinoso capitolo del braccio di ferro in corso ormai da due lustri tra il paranoico regime nordcoreano e la comunità internazionale, per risolvere il quale a poco è servito finora la strategia di "pazienza strategica" messa in campo da Obama e prima di lui da George Bush.
È ancora prematuro capire che cosa farà Donald Trump, che ha finora alternato dichiarazioni muscolari a una finora generica "disponibilità" a incontrare Kim a Pyongyang. È certo comunque che il fattore tempo - per impedire che il regime nordcoreano possa (dopo i test) effettivamente dotarsi di armi nucleari o missili in grado di colpire gli Stati Uniti - è diventato ormai uno degli elementi chiave di questa nuova crisi internazionale.